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Dialetti d'Italia

Balòss e fareniello: dal milanese al napoletano, come cambia il significato di queste parole?

Il dialetto napoletano e quello milanese hanno due diversi modi d’intendere la malvagità: irriverente, scanzonata ma pur sempre irritante e, molte volte, insopportabile. “Balòss” e “fareniello”: ecco il significato di queste due parole.
A cura di Federica D'Alfonso
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Ritratto di Giacomo Casanova.
Ritratto di Giacomo Casanova.
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Il grande fascino delle parlate dialettali è quello di saper inventare, per qualunque circostanza, un termine adatto. La lingua italiana ha perduto moltissime delle vivaci e colorite sfumature di significato che invece i dialetti conservano ancora: moltissime sono le figure, i personaggi e le storie nascoste dietro una semplice parola. Come nel caso del “fareniello” napoletano e del “balòss” milanese. Entrambi furfanti ma con una certa dose di simpatia e, in alcuni casi, con origini e storie molto particolari. Ecco quali.

L’origine “teatrale” del fareniello

Molti vocabolari riconducono il significato di questo termine al “furfante”. In realtà il fareniello è una figura molto più complessa della semplice mascalzonata: questa parola, come molte altre del dialetto napoletano, ha una lunga storia fatta di ironia che, in questo caso, inizia a teatro. Il fareniello ha, infatti, il suo corrispettivo letterario più illustre nel Don Giovanni: per esigenze di copione gli attori che interpretavano questo ruolo dovevano essere giovani, belli e aitanti. Quando queste qualità venivano a mancare, sia per dote naturale che per il trascorrere del tempo, gli attori si cospargevano il viso di uno spesso strato di farina. La cipria era fin troppo costosa, dunque la maggior parte degli uomini di teatro ricorrevano a questo trucco semplice, economico ma, purtroppo, di scarso effetto.

Il risultato molte volte era al limite del grottesco nel tentativo di apparire giovani e belli quando in realtà non lo si era affatto: ecco perché oggi, oltre ad indicare il farfallone cascamorto in pieno stile Casanova, questa parola ha assunto il significato complesso di “ipocrita”, nel senso di “persona che tenta di apparire come non è”. Quando questo Don Giovanni da strapazzo è un po’ tonto, e manca di scaltrezza, non c’è altro modo di definirlo che quello del “chiachiello”: ancor più spregiativo del primo, questo termine designa l’insopportabile, antipatico e imbecille cugino del fareniello.

Il furfante milanese: il balòss

E se a Napoli il furfante per eccellenza è il fareniello, nemmeno i lombardi si fanno mancare questo fastidioso personaggio: a Milano e dintorni, ma anche in molte zone del Piemonte, a detenere il primato di canaglia è invece il “balòss”. Termine di origine incerta, forse derivato per qualche curiosa motivazione storica, addirittura dal celtico: “Balòr” era infatti una divinità estremamente ingannatrice, stessa qualità riconosciuta al farabutto milanese.

Il balòss è, al contrario del fareniello che molto spesso eccede di vanità ma non di cattiveria, una persona che usa la sua fine intelligenza al fine di ingannare gli altri in modo giocoso. In questo il termine sembra simile, e forse collegato, al francese “rusé”, l’astuto. Ma attenzione: non per forza l’astuzia arriva a caratterizzare il balòss. In questo caso, quando l’innocenza e la stupidità regnano sovrane, il milanese usa un altro termine: il “ciula”.

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