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Cile, si risveglia il vulcano Puyehue: 3500 persone evacuate

Dopo 50 anni, è tornato ad eruttare il vulcano cileno Puyehue-Cordo Caulle. Le ceneri sono arrivate anche nella città argentina di San Carlos de Bariloche il cui scalo aeroportuale risulta temporaneamente chiuso.
A cura di Alfonso Biondi
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Risveglio del vulcano cileno

Da ieri, dopo un sonno durato 50 anni, è tornato in attività il vulcano Puyehue-Cordo Caulle, nel sud del Cile. L'inizio dell'attività eruttiva è stato anticipato da una ventina di scosse sismiche. Dal vulcano s'è alzato un'altissima colonna di fumo- si parla di circa 10 km- le cui polveri hanno anche attraversato le Ande, raggiungendo la città argentina di San Carlos de Bariloche. La nube di cenere ha costretto le autorità aeroportuali argentine a chiudere momentaneamente lo scalo di Bariloche, nella Patagonia nord-occidentale. Secondo le autorità di Bariloche "le ceneri continueranno a cadere ancora per altre 24 ore". Nel frattempo i pompieri hanno decretato "l'allarme rosso" nella zona, dove nel pomeriggio di ieri in molte aree c'era un buio quasi totale.

L'attività eruttiva ha costretto le autorità cilene a disporre l'evacuazione di circa 3.500 persone dalle località alle pendici del vulcano. Nello specifico, si tratta di una decina di villaggi delle regioni di Los Lagos e di Los Rios, a circa 900 chilometri a sud di Santiago. Per il Ministro degli interni Rodrigo Hinzpeter si tratta solamente di "una misura dettata dalla prudenza" dato che, a suo dire, "non ci sono rischi imminenti".

Il sottosegretario al Lavoro Rodrigo Ubilla ha poi riferito che molte persone hanno preferito non lasciare la propria casa per non abbandonare i propri animali. Al momento, però, la situazione sembra essere sotto controllo e, secondo quanto riferito da alcune fonti cilene, non ci sarebbe registrato nessun ferito.

L'eruzione di Puyehue-Cordo Caulle arriva una quindicina di giorni dopo quella del suo collega islandese Grimsvotn. Grimsvotn, vulcano più grande d'Islanda, decise di risvegliarsi dopo 7 anni e la sua intensa attività creò parecchi disagi al traffico aereo della zona, causando in particolare la chiusura dell'aeroporto internazionale di Keflavik, il maggiore del Paese, e la No fly zone imposta su un raggio di 120 miglia nautiche (circa 220 chilometri).

https://www.youtube.com/watch?v=HvrhKQSkpgY
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