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Cgil: “Misure ridicole su blocco pensioni. Se il governo non modifica scenderemo in piazza”

La trattativa governo – sindacati sulle pensioni e in particolare sull’innalzamento dell’età pensionabile è in stallo. Le proposte avanzate dall’esecutivo riguardano solo poche migliaia di persone e sono state considerate insufficienti dai sindacati. La Cgil annuncia che se non ci saranno aperture concrete, avvierà delle mobilitazioni in piazza.
A cura di Charlotte Matteini
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Mancano solo poche settimane all'emanazione del decreto che innalzerà l'età pensionabile di 5 mesi, portandola a 67 anni, per effetto dell'aumento dell'aspettativa di vita. Da molti mesi i sindacati e alcuni esponenti della minoranza dem chiedono al governo di rivedere il meccanismo e di bloccare l'aumento previsto dal primo gennaio 2019, ma durante il tavolo tecnico tenutosi a Palazzo Chigi lunedì pomeriggio sembra non essere emerso alcun accordo tra le parti. Il governo ha sostanzialmente proposto di esentare 15 categorie dall’innalzamento dell’età pensionabile: oltre alle 11 previste dall’Ape anche i marittimi, gli operai agricoli, i pescatori e una parte dei siderurgici.

Il piano prevede sostanzialmente che saranno esentati coloro che hanno raggiunto i 30 anni di contributi e sono stati occupati in queste mansioni per almeno sette degli ultimi dieci anni, per un ammontare complessivo di 300 milioni di euro. Il programma è stato rigettato dai segretari dei maggiori sindacati nazionali, i quali hanno considerano le misure proposte insufficienti e non rispondenti a quanto da tempo richiesto. Per capire meglio per quale motivo il programma del governo è ritenuto insufficiente, Fanpage.it ha raggiunto il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.

Segretario, che cosa chiedeva la Cgil e perché le misure proposte sono state considerati insufficienti?

Dunque, il confronto si sta sviluppando nell'ambito della cosiddetta fase due. Lo scorso hanno abbiamo siglato un verbale con il governo dove di prevedevano due diverse fasi: nella prima è stata ampliata la quattordicesima per i pensionati ed è stato introdotto l'ape social e è stato ottenuto il cumulo gratuito dei contributi versati, mentre ora, in questa fase due, avremmo dovuto trovare un accordo su altre questioni già poste lo scorso anno, ovvero il blocco del meccanismo dell'età pensionabile, soluzioni per le pensioni contributive delle giovani generazioni, il riconoscimento del lavoro di cura in gran parte svolto dalle donne ma non solo, un intervento sulla previdenza integrativa e una parificazione per i lavoratori pubblici e privati, un intervento volto a garantire una migliore rivalutazione delle pensioni posto il fatto che il meccanismo attuale è distorcente e infine agire sulla flessibilità in uscita per i lavoratori soggetti solamente a sistema contributivo, ovvero andare a lavorare su due precisi coefficienti per permettere ai lavoratori di andare in pensione prima e togliere le attuali soglie di sbarramento che impediscono a molti lavoratori di andare in pensione perché l'assegno è troppo basso, importante soprattutto per i giovani. Noi abbiamo presentato le nostre proposte lo scorso 20 settembre, ma a tutte queste richieste, che ribadisco erano state poste già lo scorso anno e inserite nel verbale siglato con l'esecutivo, il governo ha risposto solo parzialmente. 

Cosa comprende, nel dettaglio, il piano dell'esercutivo Gentiloni?

Beh, per esempio per quanto riguarda la pensione contributiva per i giovani non è stata data alcuna risposta. Nonostante qualche mese fa sia stata mediaticamente pubblicizzata una proposta di governo che mirava a garantire un assegno minimo per i giovani da 600 euro – proposta che a noi non piaceva perché chiedevamo di garantire una cifra più alta – questa proposta attualmente non esiste più, è stata ritirata. Anche per quanto riguarda invece il meccanismo di flessibilità in uscita e la rimozione degli attuali paletti che di fatto penalizzano i giovani lavoratori, soprattutto i precari, non abbiamo avuto risposte.

Per quanto riguarda il lavoro di cura, invece?

Stessa situazione per il lavoro di cura e le donne. Noi avevamo chiesto un anno di sconto pensionistico per ogni figlio e un anno ogni cinque anni di assistenza gratuita a familiari disabili In sostanza, al posto di riconoscere a tutte le donne che si trovano nelle condizioni di aver dedicato parte della loro vita al lavoro di cura non retribuito verso i figli o verso congiunti disabili o non autosufficienti, il governo ha proposto una misura ridicola, ovvero l'allargamento della platea delle persone che possono richiedere l'ape social, una platea non solo limitata numericamente ma anche nel tempo visto che è limitata al 2018 in via sperimentale. Le donne che hanno dei figli, dunque, potrebbero accedere a uno sconto contributivo pari a 6 mesi per ogni figlio e questa misura il governo stima possa coinvolgere circa 3600 donne in tutta Italia, praticamente nessuna in un Paese dove ci sono milioni di donne che hanno passato la propria vita a conciliare il lavoro familiare con quello professionale o che hanno assistito persone disabili o non autosufficienti.

Il tema caldo è quello dell'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni. Cosa chiedevano i sindacati?

Noi avevamo avanzato una serie di proposte per prima di tutto per bloccare il meccanismo e poi istituire una commissione che avesse lo scopo di studiare una modifica di questo meccanismo valida per tutti i lavoratori – e dunque, partendo dalla misura dei diversi gradi di usura e di pensantezza dei vari lavori e delle diverse aspettative di vita che hanno i lavoratori a seconda dell'attività svolta arrivare a determinare una diversificazione delle condizioni di uscita. Per fare un esempio, un laureato ha una speranza di vita di 2,5 anni superiore rispetto a chi invece ha la licenza elementare e fa un lavoro manuale, però chiaramente non si può determinare il coefficiente tenendo conto solo del titolo di studio perché sarebbe iniquo e perché comunque esistono professioni intellettuali che sono comunque usuranti anche se non manuali. 

Stando a quanto diffuso nei giorni scorsi, il governo però non ha preso in considerazione queste proposte

Anche in questo caso le risposte sono state insufficienti rispetto a quanto abbiamo richiesto. Il meccanismo che lega l'aumento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita è doppiamente penalizzante. Se cresce l'aspettativa di vita, il lavoratore non solo va in pensione più tardi ma ha anche un assegno inferiore. Una parte della sua pensione viene rivalutata con un coefficiente più basso di quello precedente. Quindi aumentare l'età pensionabile di 5 mesi fa sì che non solo si vada in pensione a 67 anni, ma che la pensione che si percepirà a 67 anni sarà più bassa di quella erogata prima andando a 66 anni e 7 mesi. In più, il meccanismo prevede solamente che se l'aspettativa di vita aumenta, aumenta anche l'età pensionabile ma non prevede il processo inverso, ovvero la diminuzione dell'età pensionabile nel caso in cui l'aspettativa di vita cali. Il governo ha acconsentito alla costituzione di questa apposita commissione, ma comunque intanto a dicembre il meccanismo scatterà ugualmente. Le proposte del governo sono andate in un'unica direzione: l'aumento della platea dei cosiddetti lavori gravosi, prevedendo dunque di esentare dall'aumento dell'età pensionabile solo per determinate categorie individuate anche nell'ape social più ulteriori 4. In più, chi rientra in queste 15 categorie dovrà avere non 20 ma 30 anni di contributi versati, dunque 10 in più rispetto a quelli previsti per la pensione di vecchiaia, e abbia lavorato in queste attività almeno 7 anni su dieci. 

Quante persone rientrerebbero in questa esenzione?

Dunque, conti alla mano, a essere proprio generosi, noi stimiamo che le persone che potrebbero essere coinvolte da questa misura sarebbero circa il 2,5% dell'intera quantità di lavoratori che ogni anno vanno in pensione, che ammonta tra i lavoratori dipendenti a circa 200.000 persone. In tutto dunque, sempre a essere molto generosi, parliamo di 5.000 persone, ma probabilmente saranno molte meno. In sostanza, stando ai numeri, la proposta è irrilevante. Per quanto riguarda la modifica del meccanismo dell'aspettativa di vita, il governo ha fatto un'unica apertura e proposto di non calcolare più lo scostamento sull'anno precedente, ma rispetto alla media del biennio rispetto al biennio precedente. Questo stempererebbe un po' il problema ma comunque non lo risolve. Se parliamo invece degli stanziamenti, è stata pubblicizzata una notizia errata. Anche noi sindacati al tavolo ci siamo interrogati sulla cifra e abbiamo chiesto chiarimenti e in sostanza, ha spiegato Palazzo Chigi, i trecento milioni previsti non riguardano la spesa annuale e nemmeno triennale, ma la spesa che si andrà a consolidare nel decennio. Hanno definito un impianto della legge di bilancio blindato, sottovalutando fino a oggi questa trattativa, e le risorse messe in campo sono scarse. 

L'incontro con il governo è stato aggiornato a sabato. Il governo apporterà dei cambiamenti alla proposta?

Non credo proprio. Insomma, non ci hanno dato alcuna risposta sui giovani, nessuna risposta sulle donne, nessuna risposta concreta sulla flessibilità in uscita, paletti insormontabili per i lavorati gravosi, l'unica cosa è il piccolo segnale sul ricalcolo del meccanismo e per questo noi consideriamo assolutamente insufficienti queste proposte. Se sabato non emergeranno delle novità, ma non credo francamente avverrà, i sindacati rimarranno della propria opinione e dunque prenderanno le relative decisioni.

Uno sciopero?

Beh, adesso non abbiamo ancora avviato una discussione di merito, però sicuramente pensiamo a delle iniziative di protesta e mobilitazione. Lo sciopero generale in questo contesto forse non è lo strumento più adatto, ma sicuramente comunque porteremo le persone in piazza.

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