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Basilicata, sversamento di petrolio a Viggiano: arrestato dirigente Eni, indagate 13 persone

Il caso degli sversamenti venne a galla nel 2017 dopo il ritrovamento di petrolio in un depuratore. Le indagini accertarono che il petrolio aveva raggiunto la rete fognaria e poi la rete idrografica circostante, a due chilometri dalla diga del Pertusillo, che fornisce acqua alla Puglia. Arrestato il responsabile del Centro oli di Viggiano all’epoca di fatti.
A cura di Antonio Palma
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Un dirigente Eni arrestato e altre tredici persone indagate a vario titolo con l'accusa di disastro ambientale, abuso d’ufficio e falso ideologico. Sono i risultati dell'indagine condotta dai Carabinieri del NOE di Potenza e coordinata dalla locale Procura della Repubblica per fare luce sugli sversamenti di petrolio avvenuti al centro Eni di Viggiano tra il 2016 e il 2017   che finirono per contaminare il “reticolo idrografico” della Val d’Agri. Per ordine dei pm, in manette è finito Enrico Trovato, all’epoca dei fatti responsabile del Centro oli di Viggiano. Nei suoi confronti il gip di Potenza Ida Iura ha emesso una ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Tra gli indagati dell'inchiesta alcuni dirigenti della compagnia petrolifera ma anche pubblici ufficiali componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata il cui compito era proprio quello di controllare l’attività estrattiva dell’Eni a cominciare dai rischi ambientali.

Secondo i pm vi era una “precisa strategia condivisa dai vertici di Milano” per “nascondere i gravi problemi e le conseguenze”, attraverso una condotta di “sconcertante malafede e spregiudicatezza”. L'ordinanza è arrivata a conclusione di una lunga e complessa indagine condotta sia attraverso indagini tradizionali sia con accertamenti tecnici e consulenze tecniche che hanno prodotto una consistente documentazione.  Il caso  venne a galla all'inizio del 2017, dopo il ritrovamento di petrolio in un depuratore. Le indagini accertarono che il petrolio aveva raggiunto la rete fognaria e poi la rete idrografica circostante, a due chilometri dalla diga del Pertusillo, che fornisce acqua alla Puglia e, per l'irrigazione, ad oltre 35 mila ettari di terreno. Le perdite non erano "mai state comunicate agli organismi competenti" e, secondo i pm, sia i dirigenti Eni che gli organi di vigilanza sapevano ma avrebbero adottato un atteggiamento di “sostanziale inerzia”. L'Eni infine realizzò un doppio fondo nel serbatoio, ammettendo la perdita di circa 400 tonnellate di petrolio ma, secondo il Procuratore, i serbatoi danneggiati erano di più , "con perdite dal 2009, quindi molto superiori a quelle stimate". Se non si fosse casualmente scoperta la perdita "grazie a un sistema fognario malfunzionante, la velocità di corrosione e della fuoriuscita avrebbero portato a conseguenze molto più gravi" ha aggiunto il procuratore.

Eni: "Massima collaborazione con i pm"

"Massima collaborazione con gli organi inquirenti e fiducia nell'operato della magistratura" assicurano dall'Eni in una nota, aggiungendo: "Eni prende atto dei provvedimenti adottati dall'autorità giudiziaria nell'ambito dell'indagine sullo sversamento da un serbatoio del Centro Olio di Viggiano condotta dalla Procura di Potenza e che coinvolge alcuni dipendenti Eni". La società, "ritiene di essere intervenuta tempestivamente e di aver posto in essere tutti i migliori interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza con l'obiettivo di contenere, perimetrare e rimuovere la contaminazione".

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