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Uccisero il padre che picchiava la madre, Alessio e Simone condannati a 21 e 14 anni

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima aveva raggiunto l’abitazione dei due figli per chiedere di ritirare le accuse nei suoi confronti.
A cura di Antonio Palma
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Uccisero il padre violento al culmine dell’ennesima furibonda lite in casa dopo che il genitore aveva chiesto loro di ritrattare i racconti e le accuse nei suoi confronti. Per questo i due fratelli Alessio e Simone Scalamandré sono stati condannati nelle scorse ore rispettivamente a 21 e 14 anni di carcere per il reato di omicidio volontario in concorso, aggravato dal vincolo di parentela. La morte dell’uomo, Pasquale Scalamandré, risale al 10 agosto del 2020 quando al culmine di una discussione in casa nell'appartamento dove vivevano i due ragazzi, nel quartiere di San Biagio, a Genova, i due fratelli hanno aggredito il genitore uccidendolo.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima aveva raggiunto l’abitazione dei due figli per chiedere al maggiore di ritirare le accuse nei suoi confronti in vista del processo a suo carico nel quale era imputato per maltrattamenti nei confronti della ex moglie e madre dei ragazzi. A causa delle violenze dell'uomo, ex autista dell'Amt in pensione, la consorte infatti lo aveva denunciato lasciando l’abitazione e trovando rifugio in una struttura protetta in attesa delle indagini e poi del processo. Il procedimento penale, dopo qualche mese dalla denuncia, era in fase di avvio quando l’uomo è stato aggredito e ucciso.

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Per i due ragazzi inizialmente il pm aveva chiesto 22 e 21 anni ma l’avvocato difensore aveva sollevato la questione della legittimità costituzionale dell'articolo di legge previsto dal cosiddetto Codice Rosso, che impedisce che le attenuanti superino le aggravanti in caso di vincolo di parentela. La Corte d'assise di Genova però non ha ritenuto di inviare gli atti alla Corte costituzionale ma nel calcolo della condanna del più piccolo dei due fratelli, Simone, ha applicato l'articolo 114 del codice penale che fa riferimento al "contributo minimo" dell'imputato nella commissione di un reato in concorso e che ha permesso di abbattere sensibilmente la pena. I legali dei due fratelli attendono ora la motivazione della sentenza per fare ricordo.

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