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Suicida per dei video privati, il pm: chi li ha diffusi non è responsabile della sua morte

Cade l’accusa di istigazione al suicidio per Mirko Campus, di 26 anni, e Roberto Perantoni, di 31, i due che hanno diffuso le immagini private che ritraevano Michela Deriu, morta suicida, in momenti intimi. Per la Procura non sarebbero responsabili della morte della 22enne di Porto Torres. Contro di loro resta in piedi solo l’accusa di diffamazione.
A cura di Angela Marino
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Colpo di scena nella vicenda giudiziaria legata al suicidio di Michela Deriu. Cade l'accusa di istigazione al suicidio per Mirko Campus, di 26 anni, e Roberto Perantoni, di 31, per i quali resta in piedi solo l'accusa di diffamazione per aver divulgato foto e video che ritraevano Michela Deriu durante un rapporto sessuale.

Secondo la pm Laura Bassani i due giovani di Porto Torres non possono essere ritenuti responsabili del suicidio di Michela, 22 anni, morta il 4 novembre 2017 a la Maddalena, a casa di un'amica. Secondo la pm contro i due non reggerebbe l'accusa di aver causato la morte della giovane quale conseguenza di un altro reato, ovvero la divulgazione di foto e video privati di Michela. È quanto emerge dall'udienza di ieri davanti alla gup Caterina Interlandi che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio."Posso solo dire che non ci aspettavamo queste richieste – commenta l'avvocato di parte civile, Arianna Denule – per il resto, faremo le nostre valutazioni in vista dell'udienza di febbraio. Nella prossima udienza parleranno i difensori degli indagati, quindi il gup deciderà sul rinvio a giudizio".

Michela Deriu, barista, 22 anni, è stata trovata senza vita dall'amica che la ospitava, alle tre di notte, strangolata da un cappio. In borsa aveva il biglietto del ritorno del traghetto e dell'autobus che avrebbero dovuto portarla da una sorella. Accanto un biglietto che diceva: "Gli scheletri sono riaffiorati".  Agli atti dell'inchiesta sono finiti non solo i due video in cui la ragazza viene filmata in momenti intimi, ma anche alcuni biglietti e lettere scritti da Michela, in cui si evince lo stato psicologico di forte disagio della ragazza dovuto al trauma della diffusione incontrollata di quelle immagini. Ad aggravare lo stato di angoscia della 22enne erano state, inoltre, anche pressanti richieste di denaro da alcuni creditori.

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