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Scuola in tenda, negozi chiusi e cittadini sfollati: “Tredozio dopo il terremoto rischia di morire”

Bambini a scuola nelle tende, uffici comunali in un ristorante, otto negozi chiusi su dieci in totale e oltre 150 persone ancora fuori di casa: dopo il sisma del 18 settembre scorso, il piccolo borgo romagnolo è ancora in ginocchio. “Bisogna fare presto, il paese rischia di morire”
A cura di Beppe Facchini
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“Tutti ci danno sostegno, ma al momento, concretamente, non ci ha ancora dato una mano nessuno”. Lo ripete con un sorriso in coda, visibilmente amaro, Simona Vietina la sindaca di Tredozio, piccolo borgo a valle dell'Appennino Tosco-Emiliano, in provincia di Forlì-Cesena. Dopo i danni provocati dall'alluvione dello scorso maggio, con numerose strade ancora interrotte, da un mese deve fare i conti anche con le conseguenze del terremoto che a metà settembre, ha avuto come epicentro proprio il comune romagnolo e quello fiorentino di Marradi.

Poco prima dell'alba del 18 settembre la terra ha tremato raggiungendo i 4.9 di magnitudo: per fortuna non ci sono state vittime, ma le ferite lasciate sui muri di gran parte degli edifici in paese sono ancora oggi evidenti. A Tredozio ci sono transenne dappertutto, oltre a detriti ancora abbandonati per strada. Soprattutto, però, ci sono gran parte dei palazzi inagibili e 79 nuclei familiari ancora oggi sfollati.

In tutto abbiamo 1.100 abitanti e 159 sono fuori casa", spiega la sindaca. "Una prima ricognizione ha valutato circa 29 milioni di euro di danni: bisogna dare risposta ai cittadini. Abbiamo anche dovuto chiudere otto attività commerciali su dieci in totale, se non troviamo subito una soluzione non riapriranno più e il paese non potrà altro che morire”.

Ci sentiamo un po' abbandonati, perché a un mese dal terremoto non abbiamo ancora alcuna certezza” prosegue Vietina, per la quale un primo passo importante per fare qualcosa è richiedere lo stato di emergenza nazionale. E tocca alla Regione farlo. “Solo così possiamo assistere la popolazione”. Intanto, il centro turistico Le Volte, di proprietà del Comune ma in gestione a dei privati, è diventato il nuovo centro del paese: i bambini vanno a scuola nelle tende della Protezione civile allestite nella palestra (“Dieci classi, dall'asilo alle medie” ricorda Vietina), mentre gli uffici comunali si sono trasferiti nella sala ristorante e gran parte degli sfollati sono stati accolti nel camping e nell'ostello della struttura.

“Nell'ostello ci sono camerate con letti a castello, bagni in comune e senza cucina” spiega ancora la prima cittadina, raccontando di una situazione non molto diversa anche per chi è momentaneamente nelle casette del camping. “Qualcun altro è riuscito a trovare uno dei pochissimi appartamenti agibili in affitto e altri ancora sono presso dei parenti” continua. Tutte queste, insiste però Vietina, “sono soluzione che in un primo momento possono reggere, ma quando arriverà l'inverno, e qui si raggiungono anche i meno dieci gradi, come faranno questi cittadini? Abbiamo bisogno di dare risposte immediate -sottolinea- e senza certezza di finanziamenti statali importanti, noi queste risposte non le possiamo dare”.

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A rendere ulteriormente complicata la situazione nel piccolo borgo di Tredozio, uno dei più colpiti anche durante l'ondata di maltempo di inizio estate (“Siamo rimasti isolati per dieci giorni, coi beni di prima necessità che arrivavano in elicottero” ricorda la sindaca), è l'assenza forzata dal suo posto di lavoro di uno dei quattro dipendenti del Comune, ma con un ruolo chiave in questo momento.

Nei giorni appena successivi al terremoto, infatti, Vietina era in macchina insieme a due collaboratori, fra cui l'unico ingegnere di cui dispone l'ufficio tecnico dell'ente. “Stavamo andando a visitare una ditta produttrice di moduli abitativi, eravamo fermi in autostrada e un camion ci ha tamponati. Abbiamo fatto un volo di duecento metri, ma fortunatamente ne siamo usciti vivi tutti e tre. L'ingegnere però ha riportato gravi danni, ha subito diverse operazioni e tutt'ora è in ospedale. Al momento, quindi, non abbiamo alcun tecnico in Comune, proprio ora che è fondamentale avercelo, perché abbiamo bisogno di ricostruire, individuare luoghi, preventivi”.

Simona Vietina, che vista l'inagibilità del Municipio e la carenza di spazi disponibili ha reso la sua abitazione privata l'ufficio del sindaco, insiste quindi sulla questione: “Non sappiamo come fare, anche coi finanziamenti, senza tecnici siamo comunque in difficoltà. Ce ne vorrebbe uno, anche dalla Regione, che si occupi solo di Tredozio”. Fra ricostruzione post alluvione e quella post terremoto, il lavoro da fare non manca, così come il tempo da perdere. “Altrimenti noi non ce la possiamo fare -conclude-. Abbiamo bisogno di aiuto, di un aiuto importante. Dobbiamo intervenire celermente”.

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