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Petrolchimico Siracusa, un altro passo verso il tracollo: la Regione stacca la spina al depuratore dei veleni

L’autorizzazione dell’impianto di trattamento dei reflui di raffinerie e industria chimica è stata sospesa. Fanpage.it svela il provvedimento, e lo spiega.
A cura di Luisa Santangelo
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La Regione Siciliana ha sospeso l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) al depuratore di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, gestito dalla società IAS (Industria acqua siracusana). Si tratta dell'impianto di depurazione che accoglie i reflui industriali dei colossi dell'industria petrolchimica siciliana e che, da giugno 2022, è sotto sequestro da parte della magistratura poiché considerato inquinante al punto di avere causato un disastro ambientale. Le accuse della procura siracusana sono gravissime: parlano, tra le altre cose, di emissioni di benzene, sostanza cancerogena, per circa 13 tonnellate l'anno. E di una struttura non in grado di depurare i reflui di raffinerie e aziende di trattamento chimico.

Con la sospensione dell'AIA al depuratore si aggiunge un altro tassello alla precarietà dell'intero polo petrolchimico siracusano. In un territorio di quaranta chilometri quadrati, sulla costa Est della Sicilia, si producono circa il 20 per cento dei derivati del petrolio d'Italia. Gli enormi impianti che si trovano al suo interno, tra i quali la raffineria Isab Lukoil, occupano – indotto incluso – diecimila persone, e sono "stabilimenti di interesse strategico nazionale". Tutti aperti in virtù di autorizzazioni ambientali che, se mancassero, li costringerebbero a chiudere. E il rischio si fa ogni giorno più concreto.

I provvedimenti del Ministero dell'Ambiente

Nei giorni scorsi, come rivelato in anteprima da Fanpage.it, il Ministero dell'Ambiente ha avviato le procedure di "riesame dell'AIA" dei colossi del petrolchimico: la sudafricana Sasol, Isab Lukoil, l'algerina Sonatrach, Versalis (volto chimico di Eni). Il motivo del provvedimento del ministero è strettamente legato al depuratore IAS: ciascuno di questi impianti, che tratta e produce derivati della raffinazione del petrolio, opera sulla base di un'Autorizzazione integrata ambientale di livello nazionale. Nelle AIA dei giganti del polo petrolchimico siracusano, però, al capitolo sul trattamento dei reflui si fa riferimento a IAS. Si dice, cioè, che la depurazione avverrà tramite l'impianto di Priolo Gargallo.

Alla luce dell'inchiesta della magistratura e dell'intervento dell'amministratore giudiziario, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica ha deciso di rianalizzare le autorizzazioni già concesse e di dare 30 giorni di tempo alle aziende per definire "eventuali interventi e modalità operative individuate per la gestione dei reflui, alternative al conferimento degli stessi al sopra citato impianto di trattamento acque".

La Regione sospende l'AIA

Dopo che il MASE è intervenuto sulle aziende dell'energia, ora la Regione Siciliana fa valere la sua autorità direttamente sul depuratore. Che, dopo essere stato per anni privo di Autorizzazione integrata ambientale, aveva ottenuto l'AIA regionale a luglio 2022, a sigilli della magistratura già apposti. Adesso il dipartimento Ambiente siciliano comunica la sospensione e l'avvio delle procedure di revoca dell'autorizzazione che aveva concesso. Perché nel documento di luglio si facevano un elenco di prescrizioni, 58 in tutto, che la società IAS spa, le cui quote di maggioranza fanno capo alla Regione stessa, avrebbe dovuto rispettare.

L'AIA per IAS, si legge nel provvedimento, "si basa sulle informazioni offerte dal Gestore in sede di presentazione dell’istanza, ed è stata rilasciata sulla base di uno specifico progetto di sviluppo e di ambientalizzazione dell’Impianto, in assenza del quale è assai probabile che la relativa autorizzazione non sarebbe stata rilasciata". Cioè, si dice: IAS aveva garantito che avrebbe fatto una serie di interventi, tra i quali quelli per la mitigazione delle emissioni tossiche e per il trattamento dei fanghi inquinanti. Se non lo avesse garantito, l'AIA non sarebbe stata rilasciata.

Alle prescrizioni, dice ancora il dipartimento Ambiente di Palermo, non si è ottemperato. E sono imprescindibili, poiché sono "opere indispensabili a garantire quelle tutele ambientali per cui è finalizzata l’Autorizzazione Integrata Ambientale". Prosegue la Regione: IAS, quando ha fatto domanda per l'autorizzazione, aveva dichiarato di applicare le BAT, le migliori tecnologie possibili, indispensabili per l'ottenimento dei permessi necessari a operare. Il 21 novembre, l'istituzione siciliana aveva dato a IAS 15 giorni per fare il suo dovere e dimostrare che l'impianto fosse sicuro per il territorio.

Cosa impossibile, almeno secondo l'amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Siracusa e arrivato a Priolo all'inizio di ottobre. Il mandato dell'amministratore, per come stabilito dal giudice per le indagini preliminari, è del resto di interrompere l'inquinamento, anche attraverso il distacco dei cosiddetti "grandi utenti industriali". Cioè Isab Igcc Lukoil, Sasol, Sonatrach e Versalis. Poiché, nelle tesi dell'accusa, il depuratore non è in grado di trattare i reflui dell'industria petrolchimica. Fatto con cui concorda anche il consulente tecnico nominato dall'amministratore che, in una relazione pubblicata in esclusiva da Fanpage, sottolineava l'esistenza di "incomprensibili carenze progettuali".

Cosa succede adesso e quali sono i rischi

La sospensione dell'AIA vale 30 giorni. Nelle prossime due settimane, però, IAS spa avrà la possibilità di opporsi e depositare le proprie difese. Qualora non arrivassero, o non fossero ritenute sufficientemente valide, la sospensione si trasformerebbe in revoca. Le attività del depuratore, a questo punto, dovrebbero interrompersi.

Ma non è così semplice. Perché gli impianti del petrolchimico per operare hanno bisogno di un depuratore. E per fermarsi hanno bisogno che migliaia di chilometri di tubi e il loro contenuto siano sicuri. La palla, quindi, adesso è di nuovo di IAS e, di conseguenza, dell'amministratore giudiziario della società. Bisognerà capire di quanto tempo ci sarà bisogno per procedere con l'interruzione totale delle attività dell'impianto. O con il distacco dei grandi utenti industriali, come già richiesto mesi fa dalla magistratura.

Così, adesso, i giganti petrolchimici di motivi per trovare soluzioni alternative ne hanno due: la richiesta del Ministero dell'Ambiente nell'avvio delle procedure di riesame delle loro AIA; la sospensione delle autorizzazioni al depuratore. In questo scenario, se tutte le scadenze venissero rispettate, l'ora X del petrolchimico di Siracusa scatterebbe tra la fine di dicembre 2022 e metà gennaio 2023. Ma i colpi di scena, in una storia complessa già arrivata all'attenzione del governo nazionale, sono sempre dietro l'angolo.

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