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Paura da Coronavirus, la psicologa: “Non ci sentiamo ascoltati, crescono ansia e solitudine”

Elisabetta Rita Pasqualetto, psicologa clinica e psicoterapeuta, docente all’Università Pontificia Auxilium e cultore della materia all’Università Kore di Enna.a Fanpage.it: “La paura la possiamo sconfiggere tutti insieme, compiamo tante piccole azioni responsabili e collaboriamo con le Istituzioni”.
A cura di Francesco Bunetto
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"E se chiudono tutto un'altra volta?", "Mi sta venendo l'ansia di un altro lockdown","Ho paura, se ci rinchiudono di nuovo impazzirei". Sempre più spesso, negli ultimi giorni, sentiamo pronunciare queste parole in particolar modo con l’arrivo della seconda ondata di coronavirus. A questo si aggiunge la paura del contagio e il timore di uno stop generale, ovvero un secondo lockdown con cause che andranno ulteriormente a pesare non solo in termini economici ma anche sullo stato di salute mentale delle persone che si aggiunge allo stress, attacchi di panico e paure. È ovvio avere paura davanti a un rischio epidemico nuovo: ansia per sé stessi e per i propri familiari, ricerca di rassicurazioni, controllo continuo delle informazioni sono frequenti in questi giorni. Per questo fanpage.it ha parlato con la dottoressa Elisabetta Rita Pasqualetto, psicologa clinica, psicoterapeuta, docente all'Università Pontificia Auxilium e cultore della materia all'Università Kore di Enna.

Dottoressa esiste una paura da Coronavirus?

"Parliamo di qualcosa di invisibile, che sembra provenire da continenti lontani. La classica influenza a mala pena ci sfiora. Un virus che viene da lontano invece non possiamo conoscerlo. Subentra il panico. E anziché riuscire a concretizzare le buone pratiche ecco che ci possiamo scoprire, con disarmante semplicità, ad aver paura della paura stessa. Si sta parlando molto di ansia da limbo, a differenza di un'ansia generalizzata, perché siamo sospesi. Si parla di solitudine, si parla di depressione. Questo ci rabbrividisce quando lo sentiamo ma di pari passo non si sta facendo niente. Né le Asp territoriali né la Regione sta facendo niente per aiutare l'aspetto psicologico della salute dei cittadini. In Italia il numero dei suicidi all'anno raggiunge i 4 mila circa. In questa particolare fase ci sono dei dati interessanti dell'Osservatorio Suicidi Covid-19 istituito dalla Fondazione BRF, che ha segnalato ben 62 suicidi correlati al Covid-19 solo dall'inizio di marzo fino a giugno, altri 37 suicidi per cause ignote. Un altro studio condotto dalle Università di Oxford e di Padova ha approfondito gli effetti psicologici del virus sui giovani. Sostanzialmente il suicidio è la conseguenza di uno stadio mentale alterato, però fino allo scorso anno i suicidi erano diminuiti".

Le istituzioni hanno sottovalutato il problema psicologico delle persone?

"C'è uno Stato che ci dovrebbe aiutare e sostenere ma di fatto siamo soli soli con la nostra angoscia, solo con il nostro lutto solo con la nostra economia l'unica cosa che si sente dire è "Responsabilità vostra,  dobbiamo aiutarci, dobbiamo essere uniti". Va bene, ma poi? Io mi piango la mia sofferenza, io mi piango la mia solitudine? Tutti noi ci aspettiamo che, da un momento all'altro, c'è una nuova ordinanza, c'è una nuovo regolamento o dal ministero o dalla Regione o dai nostri sindaci. Quest'ansia da limbo non ci sta permettendo di vivere in pieno quella che è la nostra situazione. È vero che l'unione fa la forza  tant'è che lo slogan che è stato utilizzato nella prima fase era "Andrà tutto bene". Ma se uno ci pensa, è qualcosa che dà speranza, ma oggi non serve la speranza, ci servono fatti e la gente ha bisogno di essere tranquillizzata con delle norme, delle regole, dei comportamenti adeguati. Secondo me utilizzare invece "Facciamo tutto bene", questo ci porta a una consapevolezza del "qui ed ora": quello che io devo fare, in questo momento cosa serve, di cosa ho bisogno, mi permette di essere lucida. Per quanto riguarda la depressione, purtroppo, nessuno si sta occupando degli aspetti psicologici. Tutti questi lutti, dove le persone non sono andate al funerale dei propri cari, come se la stanno gestendo? Le ferite del lutto… eppure non se ne parla. È vero che dobbiamo curare la malattia ma l'aspetto psicologico è abbandonato, i disturbi psichiatrici sono abbandonati, l'equipe di psicologi non ce ne sono e nemmeno vengono pensati".

Come affrontare psicologicamente questa pandemia?

"La sofferenza bisogna utilizzarla come risorsa. La sofferenza va attraversata e se riusciamo ad attraversarla sicuramente diventa una risorsa, solo che questo da soli non è possibile. "Facciamo tutto bene" è il consiglio che io posso dare a tutti, a ognuno di noi, per poter affrontare meglio questa seconda fase del lockdown, che ancora oggi non ci sta permettendo di comprenderla e quindi siamo veramente sospesi come in un limbo.  È indispensabile affrontare con molta attenzione, rigore e prudenza la presenza del virus, senza sottovalutare ma al contempo senza catastrofizzare e cedere al panico. Il panico ci porta a fare scelte frettolose, preoccuparsi delle cose sbagliate e ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci. Ci porta a reazioni di pancia invece che di testa, ma quando siamo davanti ad un rischio si deve proteggere la nostra lucidità di pensiero. Ridurre la sovraesposizione alle informazioni incontrollate. La paura la possiamo sconfiggere tutti insieme, compiamo tante piccole azioni responsabili e collaboriamo con le Istituzioni. L'aspetto importante, da un punto di vista psicologico, è quello di chiedere aiuto e non vergognarsi dalla difficoltà emotiva, non vergognarsi di dire ho le paure, non vergognarsi di chiedere aiuto però fatelo andando dagli esperti perché se no si rischia che la sofferenza prende veramente il sopravvento e allora si che poi aumentano sempre di più i disturbi psicologici come la depressione soprattutto e gli stati di ansia".

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