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Ora della Terra, alle 20:30 luci spente per ricordarci i danni fatti al nostro Pianeta (e a noi)

Spegniamo le luci per 60 minuti, dalle 20:30 alle 21:30 è l’Ora della Terra, l’evento globale del WWF che ci invita a fermarci in onore del Pianeta che ci ospita. Quest’anno come non mai è davvero il caso di riflettere sulle nostre azioni e capire, una volta per tutte, che non è la Terra ad avere bisogno di noi, ma noi ad avere bisogno di lei.
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A cura di Zeina Ayache
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Si chiama “Ora della Terra”, Earth Hour, l’evento globale del WWF che ci invita oggi a spegnere le luci per 60 minuti, dalle 20:30 alle 21:30, si ripete ogni anno, ma mai come in questo 2020 dobbiamo davvero fermarci un attimo e riflettere, al buio.

Parliamo di ‘Ora della Terra’, di sostegno al Pianeta come se fosse qualcosa che non ci riguarda: eppure è casa nostra.

Quando pensiamo alla Terra troppo spesso la identifichiamo come un’entità fuori da noi, come se dovessimo aiutare uno sconosciuto per strada (cosa che non ci farebbe male allo spirito), lo abbiamo fatto per decenni, mentre tutto intorno a noi si stava sgretolando: ma solo per causa nostra.

Abbiamo sfruttato i terreni, i fiumi, i mari, le montagne, gli animali, tutto ciò che superficialmente consideriamo altro da noi: ma siamo noi.

Non si tratta di aiutare la Terra, la Terra va avanti senza l’essere umano, come c’è stato un prima senza l’uomo, ci sarà anche un dopo, ma oggi? Oggi che il coronavirus è diventano il nostro incubo. È dell’oggi che dobbiamo preoccuparci, visto che ieri ormai è passato, come è passato invano ogni messaggio chiaro che il nostro Pianeta ci ha mandato, come un amico tradito che cerca di dirci con sincerità che stiamo sbagliando, che lo stiamo facendo soffrire e che il nostro comportamento non potrà che portare alla fine del nostro rapporto: il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici negati, sono la prova della nostra incapacità di comprendere che l’uno fa parte del tutto.

Abbiamo soffocato la Terra per anni, e oggi siamo noi a morire soffocati: ironia del destino.

Oggi stiamo vivendo una crisi sanitaria globale, una pandemia senza precedenti, il Covid-19 ci ha messi di fronte ad una verità: il nostro nemico può essere invisibile agli occhi, ma non per questo è meno pericoloso.

È invisibile ai nostri occhi il mare di plastica in cui nuotano i pesci, è invisibile la plastica che ci mangiamo attraverso questi animali, è invisibile la sofferenza degli animali negli allevamenti, è invisibile l’inquinamento provocato da queste fabbriche, è invisibile la deforestazione a chilometri da noi, è invisibile la strada che i virus percorrono per entrare nel nostro corpo: ma è ormai visibile che il tempo a nostra disposizione è poco.

Pensavamo di essere immuni ai nostri errori, in qualche modo avremmo risolto il riscaldamento globale, i ghiacciai avrebbero portato ad un innalzamento dei mari che avrebbe distrutto città ed ecosistemi lontani da noi, migliaia di specie animali sarebbero scomparse in silenzio, la siccità avrebbe fatto morire di sete piante e persone distanti dalla nostra quotidianità: una distanza che ci faceva sentire al sicuro.

Oggi però questa distanza è parte del nostro quotidiano: siamo distanti tra noi esseri umani, chiusi in casa, alcuni da soli, altri costretti a vedere sempre le stesse facce, ci unisce internet, un’altra entità invisibile, ma reale.

Cosa deve accadere ancora per farci capire che non è la Terra ad aver bisogno di noi?

In questi giorni di lockdown abbiamo visto i livelli di inquinamento abbassarsi drasticamente, le piante hanno ricominciato a respirare e crescere, gli animali sono arrivati a prendersi uno spazio un tempo abusato da noi: i pesci nei canali a Venezia, i delfini nei porti, le lepri a spasso nei parchi cittadini, sono solo alcuni esempi di come la natura, intesa come qualcosa che non siamo noi, procede indisturbata, mentre noi dalle nostre abitazioni non possiamo uscire: come un animale in uno zoo che ha cibo, acqua, la compagnia di esemplari della sua specie (quando è fortunato) e che aspetta di assaporare di nuovo la libertà.

Adesso ci suona famigliare la sua sofferenza?

Torneremo a visitare gli zoo dopo tutto questo? Torneremo a buttare le bottiglie di plastica in mare? Butteremo ancora le cicche delle sigarette nei sentieri in montagna? Consumeremo le solite enormi quantità di carne?

Pensiamoci tra le 20:30 e le 21:30, al buio, un buio che è una metafora del nostro futuro se tutto ciò che stiamo vivendo non verrà accolto come l’occasione per essere i protagonisti del cambiamento.

 
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Giornalista. Mi sono sempre chiesta chi ci fosse dietro alle notizie veicolate ogni giorno dai giornali, dalla TV e dal Web. Poi mi sono informata e sono diventata una di loro. Credo fortemente nella divulgazione e per questo faccio il possibile per raccontare attraverso le esperienze e le emozioni ciò che accade sul nostro Pianeta.
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