Neonato morto in culla termica a Bari, chiesto processo per prete e tecnico: “Tappetino in cortocircuito”

La Procura di Bari ha chiesto il processo sia per il prete che per il tecnico della culla termica della chiesa San Giovanni Battista di Bari dove il 2 gennaio scorso venne rinvenuto il corpicino senza vita di un neonato che era stato abbandonato in vita all'interno della struttura con la speranza che fosse salvato. Dopo la chiusura dell'inchiesta nel maggio scorso, la richiesta di rinvio a giudizio era attesa. Sia don Antonio Ruccia sia Vincenzo Nanocchio, il tecnico che installò la culla nel 2014 e che l’aveva riparata, devono rispondere entrambi del reato di omicidio colposo.
Secondo le indagini della squadra mobile di Bari, la struttura messa in piedi nel locale che affaccia all'esterno della chiesta, non era idonea per poter ospitare dei neonati abbandonati ed era priva dei requisiti di sicurezza necessari. La culla avrebbe dovuto segnalare la presenza di un neonato sul telefono del parroco che però non ricevette nessun avviso mentre l'impianto di condizionamento non avrebbe fornito sufficienti calore al piccolo di circa dieci giorni che è morto per ipotermia.
Il tappetino della culla in cortocircuito
Secondo le perizie della Procura, il tappetino che avrebbe dovuto segnalare la presenza del piccolo non era adeguato ed era in cortocircuito e quindi non ha rilevato il peso del bimbo e di conseguenza né inviato la chiamata al cellulare del parroco né attivato il sistema di riscaldamento della culla che avrebbe dovuto tenere al caldo il bimbo mentre qualcuno accorreva a prenderlo.
Secondo l'accusa, il tappetino della culla termica era uno quelli tipici degli antifurti che si attiva "quando viene calpestato dai piedi che concentrano il peso di una persona", e quindi non sarebbe stato idoneo a rilevare il peso del neonato di appena 2,8 chili. Inoltre non avrebbe dato "l'impulso alla scheda elettronica e al combinatore telefonico", perché in corto circuito.
L'inadeguatezza del condizionatore
Tra le altre contestazioni ai due indagati, anche l'inadeguatezza del condizionatore, che pare fosse programmato per spegnersi dopo circa 9 minuti in assenza di movimenti e che avrebbe erogato aria fredda a causa di una perdita di gas del compressore. In generale i pm baresi contestano la non inidoneità dell'intera struttura della culla termica che non aveva alcun sistema di ridondanza o ausiliario che entrasse in funzione in caso di guasto al sistema principale. Assente anche un qualsiasi tasto da schiacciare per far partire l'allarme una volta messo il neonato.
Per la Procura il poster affisso all'esterno della culla indicava il "collegamento diretto tra l'allarme generato della culla e il locale Policlinico" e che la culla fosse "termica", per questo avrebbe determinato "un affidamento ingannevole circa il certo funzionamento del sistema collegato alla culla" e "la prospettiva di sopravvivenza certa dell'infante".