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Morto il partigiano Enea Gibertoni, “Il 25 aprile a lui dedicato”

Considerato uno degli ultimi testimoni diretti dalle Resistenza al nazifascismo nella Bassa modenese, Enea Gibertoni è morto all’età di 92 anni nella sua casa di Soliera. L’amministrazione locale ha deciso di dedicare proprio a lui tutti gli eventi per la ricorrenza dell’imminente festa della liberazione il 25 aprile.
A cura di Antonio Palma
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Lutto nel Modenese dove nelle scorse ore è morto Enea Gibertoni, partigiano emiliano e testimone della Resistenza. Gibertoni si è spento durante la notte all'età di 92 anni nella sua casa di Soliera, nella Bassa modenese. Considerato uno degli ultimi testimoni diretti dalle Resistenza al nazifascismo in zona, si era sempre speso per il ricordo degli altri partigiani caduti e per questo l'amministrazione locale ha deciso di dedicare proprio a lui tutti gli eventi per la ricorrenza dell'imminente festa della liberazione il 25 aprile. "Avresti dovuto essere il protagonista del prossimo 25 aprile leggendo una testimonianza della tua esperienza da partigiano. Lo leggeremo noi per te, tenendo alta la bandiera come hai sempre fatto, perché la memoria di quei sacrifici che ci hanno dato la libertà non si esaurisca mai. Ciao Enea e grazie di tutto" ha scritto su Facebook il primo cittadino di Soliera Roberto Solomita.

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Per il prossimo 25 aprile dunque saranno il Sindaco e un rappresentante dell'ANPI, dopo la deposizione dei fiori al monumento dei partigiani caduti, a leggere alcune note biografiche che proprio Enea Gibertoni aveva scritto in memoria Ornello Pederzoli (nome di battaglia Carbone), partigiano morto a soli 20 anni nel 1945 quando Gibertoni era solo un giovanissimo partigiano. “Ho cercato di ricordare Carbone, al meglio che potevo, compatibilmente coi limiti derivanti dai tanti anni trascorsi e dalla mia età. E dico ancora: viva la libertà che noi partigiani abbiamo conquistato!” aveva dichiarato Enea appena pochi giorni fa in vista dell'appuntamento a cui non era mai mancato.

Nato il 4 settembre del 1928 come ultimo di quattro fratelli, tre maschi e una femmina, aveva abitato fino all’età di sei anni a Bomporto. Nel 1934, rimasto orfano di madre, con il padre si era trasferito a Limidi, in un piccolo podere di proprietà della chiesa. “Una sera”, raccontò Enea, “venne a casa nostra il parroco insieme a un gerarca fascista; chiamò mio padre e gli disse di lasciare immediatamente il podere, perché doveva venirci ad abitare quella persona. Con grande sconforto trovammo un’altra sistemazione”. “Nel 1940”, prosegue la narrazione autobiografica di Enea, “Mussolini decise di entrare in guerra al fianco di Hitler e i miei fratelli furono chiamati alle armi: Tonino, il maggiore, fu inviato a combattere in Tunisia; Silvestro, il secondogenito, fu inviato nei pressi di Roma. Entrambi furono catturati. Potete immaginare il tormento di mio padre. Ogni volta che rincasava, rivolgeva lo sguardo al quadro con il ritratto del Duce, che doveva essere presente in ogni casa, e lo malediva. La stessa cosa, certamente, non poteva fare in pubblico; farlo avrebbe significato, perlomeno, restare senza lavoro. Pur essendo poco più di un ragazzo, di fronte a queste situazioni drammatiche avevo cominciato a nutrire una forte avversione verso i fascisti; così, appena avuta l’occasione, sono entrato delle file dei partigiani”.

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