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L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano condannato a 13 anni di carcere per gestione irregolare dei migranti

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato oggi 13 anni e due mesi di carcere. Nella sentenza del processo Xenia al tribunale di Locri il giudice Fulvio Accurso ha quasi raddoppiato la pena richiesta dal pm. Lucano è accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in relazione ai progetti legati al Modello Riace.
A cura di Chiara Ammendola
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L'ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti in relazione ai progetti di accoglienza agli immigrati. La sentenza del tribunale di Locri è giunta quest'oggi dopo tre giorni di camera di consiglio da parte del collegio presieduto dal giudice Fulvio Accurso.

L’ex primo cittadino ha commentato la sentenza definendola “inaudita”: "Questa è una vicenda inaudita. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un'assoluzione – le sue prime parole – grazie, comunque, lo stesso ai miei avvocati per il lavoro che hanno svolto. Io, tra l'altro, non avrei avuto modo di pagare altri legali, non avendo disponibilità economica".

Per Lucano, il pubblico ministero di Locri Michele Permunian aveva chiesto una condanna a 7 anni e 11 mesi per l'accusa di associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nell'ambito del processo Xenia che ha visto imputata anche la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahun per la quale erano stati chiesti 4 anni e 4 mesi e che è stata condannata a 4 anni e 10 mesi. Mentre Cosimina Ierinò, segretaria dell’associazione Città Futura e fidata collaboratrice di Lucano è stata condannata a 8 anni e 10 mesi di reclusione, Annamaria Maiolo, presidentessa dell'Associazione "Oltre Lampedusa" è stata condannata a 6 anni così come Salvatore Romeo e Jerry Cosimo Ilario Tornese. Sono 27 in tutto le persone finite a processo.

Nel chiedere la condanna il pm aveva affermato che "a Riace comandava Lucano. Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato".

La gestione dei programmi di accoglienza e dei migranti proposta da Mimmo Lucano aveva dato vita a un vero e proprio "modello Riace". Modello che secondo quanto emerso dalle indagini avrebbe perso la sua anima prima, Lucano, come si legge nella requisitoria, "ad un certo punto ha perso la bussola ed il senso dell’orientamento della legalità, tanto da far prevalere sugli scopi e le ragioni umanitarie la voglia di apparire e di presentare all’esterno un sistema che era tutt’altro che perfetto. Le condizioni dell’indagato, affioranti dalle carte, sono molteplici e creano certamente sconcerto".

Gli avvocati dell'ex sindaco avevano invece spiegato al termine della requisitoria nell'ultima udienza: "Riteniamo che il dato emerso dall'istruttoria dibattimentale recepito dalla pubblica accusa diverga, e di molto, da quello che abbiamo recepito noi", annunciando poi di non condividere "le argomentazioni e conclusioni della pubblica accusa".

"La mia vicenda giudiziaria è anche una vicenda politica: tutto questo mi ha fatto capire che umanità e solidarietà, se non c'è uguaglianza sociale, non hanno ragione di essere, così come la legalità.Una società basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo non è né umana né legale", le parole di Mimmo Lucano che lo scorso 4 settembre aveva annunciato la propria candidatura come consigliere regionale della Calabria nella lista "Un'altra Calabria è possibile" a sostegno del candidato governatore Luigi de Magistris.

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