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La storia di Gabriella: “Dopo pregiudizi sulla mia omosessualità, ora lotto contro il cancro”

Gabriella Torsello, 32 anni salentina oggi vive liberamente la sua omosessualità, ma in passato ha dovuto fare i conti con pregiudizi e solitudine. Con Miriam, sua moglie, sta affrontando la sfida più grande, quella contro un tumore. «Con le mie forze ho conquistato la mia indipendenza e libertà, mi sento ottimista, supererò anche questa. E a tutti dico: non lamentatevi per le sciocchezze, la vita è bella».
A cura di Dominella Trunfio
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«La malattia ti cambia, ma non lo fa sempre in peggio. Ho attraversato tanti momenti difficili, prima il coming out, oggi il tumore. Sono arrivata a toccare il fondo, ma non perdo mai la speranza». Quando le chiedo di mandarmi una foto, Gabriella Torsello mi invia tre immagini. Nella prima bacia sua moglie Miriam, nella seconda mostra la lingua con fare rockettaro, nella terza è in un letto di ospedale, con una mascherina e senza più i capelli, ma ha il pollice in su, come per dire ‘va tutto bene'.

Eppure, di momenti di sconforto ne ha avuti tanti. Prima è caduta e poi si è rialzata. Trentadue anni, salentina, Gabriella sin da piccola capisce che in lei c'è qualcosa di diverso. «Alle elementari avevo già in mente il percorso da seguire, ma solo nell'adolescenza ho iniziato ad accettarmi per quella che ero, ovvero lesbica». La ragazza si confida con i compagni di scuola e con le amiche. Sono anni in cui di omosessualità non si parla molto. «Sai ho iniziato ad essere presa di mira, mi chiamavano ‘masculara' che in dialetto salentino significa maschiaccio in senso dispreggiativo». Ma c'è molto di più. «Ricordo che dovevamo andare in gita di terza media e che tutte le mie compagne si erano coalizzate tra loro. Dicevano che io ero lesbica e che nessuno voleva condividere la stanza con me e alla fine non ci sono andata».

A 16 anni, Gabriella decide di fare coming out con i propri genitori. «Mia madre l'ha presa malissimo, mio padre era contrario, voleva portarmi da uno psicologo». Per due anni, la ragazza chiude i ponti con la madre e difende il suo modo di essere, anche quando rimane da sola contro tutti.«Lei è molto credente, l'omosessualità non la contemplava proprio, mi diceva: io ho fatto una figlia femmina ed io le rispondevo: ma io non sono un maschio».

A vent'anni Gabriella, fa le valigie e si trasferisce da un paesino a Lecce. I genitori divorziano a per lei è un'altra sofferenza che si somma. La nuova vita in città non è rose e fiori. Trova una casa, un lavoro, ma la solitudine e l'infelicità, la fanno entrare in un brutto giro. Attacchi di panico, amicizie sbagliate, uso di droghe pesanti, la annebbiano. «Ho distrutto tutto quello che avevo creato, sono arrivata a fare un gesto estremo, quello di togliermi la vita. Prendevo psicofarmaci e dormivo, non ho ricordi di quel periodo». Un giorno però, qualcosa scatta in lei. «Dopo tanto tempo, sono uscita a fare una passeggiata con una mia amica, ma quando sono tornata a casa non solo mi sentiva stremata, ma non ricordavo più nulla di quello che c'eravamo dette». Arriva lo scossone, Gabriella si disintossica in un anno, affitta una casa e cerca lavoro. Non prende più medicine e incontra Miriam, che oggi è sua moglie.

«Un vero e proprio colpo di fulmine, avevo avuto altre storie, ma con lei ho capito subito che sarebbe stato diverso». Le due ragazze si sposano il 16 maggio del 2019, e il momento diventa doppiamente bello perché al matrimonio ci sono proprio tutti, anche i rispettivi genitori. Vecchi rancori, incomprensioni svaniscono e Gabriella pensa di aver finalmente trovato la serenità che aspettava da una vita.«Ma il 14 dicembre, inizia un nuovo incubo. Mi sento male e scopro di avere il linfoma di non Hodgkin. Un calvario che ci forgia, ma non perdiamo la speranza». Questa volta accanto a lei c'è sua moglie che lei chiama il ‘suo angelo'.

«La malattia ti cambia per sempre, ma non lo fa in peggio. Ti fa capire che ogni istante non va sprecato, che c'è tanta gente che lotta con te, insomma non serve a nulla lamentarsi». Oggi Gabriella, mentre aspetta il trapianto e i medici sono fiduciosi, si trova ad apprezzare il sole sul balcone, gli abbracci di Miriam, il sorriso delle altre persone. «Il vento, le nuvole, le stelle, nella vita non si finisce mai di imparare, io voglio guarire e non vedo l'ora di sentirmi dire che ce l'ho fatta. Sono una nuova Gabriella, sono più sensibile e fiera di come sono. Sempre».

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