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Il sindacato dei carabinieri, Michela Murgia e le foto in divisa: cosa sta succedendo

Il segretario generale dell’Unione sindacale italiana carabinieri (Usic), Antonio Tarallo, ha lanciato un’iniziativa sui social, chiedendo a tutti coloro che hanno prestato servizio di pubblicare una foto in divisa, dopo le polemiche innescate da alcune dichiarazioni della scrittrice Michela Murgia. La quale è poi intervenuta nuovamente sulle sue dichiarazioni, accusando alcuni politici di averle decontestualizzate volontariamente e strumentalizzate. Ecco cosa sta succedendo.
A cura di Annalisa Girardi
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"A sostegno del generale Figliuolo ed a dispetto delle persone che hanno paura delle divise, chiedo a coloro che hanno servito il proprio Paese o sono ancora in servizio di partecipare alla sfida pubblicando una foto del vostro periodo in servizio. Solo una foto, nessuna descrizione": questa l'iniziativa lanciata dal segretario generale dell'Unione sindacale italiana carabinieri (Usic), Antonio Tarallo, seguita alle polemiche innescate da alcune dichiarazioni della scrittrice Michela Murgia. La quale, intervenuta qualche giorno fa alla trasmissione diMartedì in onda su La7, a proposito del commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, il generale Francesco Paolo Figliuolo, aveva detto: "A me personalmente spaventa avere un commissario che gira con la divisa, non ho mai subito il fascino della divisa".

Delle parole che avevano aperto il dibattito pubblico sulla questione, facendo anche scattare alcune polemiche e la reazione del segretario generale dell'Usic, che rispetto alla sua iniziativa ha spiegato: "L'obiettivo è quello di inondare Facebook di foto positive invece che di negatività".

La stessa Murgia è intervenuta nuovamente sulla questione attraverso un post su Facebook per fare chiarezza sulle sue parole: "Ho visto le mie parole prese dai soliti mandanti politici, strumentalizzate appositamente perché fossero fraintese e poi rilanciate sui social media in mille meme", ha scritto, affermando che queste siano state decontestualizzate di proposito. Per poi spiegare il suo intervento alla trasmissione: "Il primo concetto, sul quale mi è stata fatta una domanda precisa, riguarda il carattere simbolico della divisa: nominare un militare a fare il commissario dell'emergenza covid significa inserire la pandemia in una cornice semantica di "guerra". So che per molti è una cornice adatta, perché il virus ci è stato raccontato come "il nemico" e il modo di affrontarlo è stato descritto come "una trincea". Io non condivido questo impianto metaforico, perché sottintende che il genere umano stia dichiarando guerra a un elemento di natura, cioè al sistema interagente di cui noi stessi facciamo parte".

E ancora: "Siamo l'unico paese europeo ad aver messo un militare a gestire la campagna vaccinale. Non vuol dire che è in atto un golpe. Non vuol dire che il generale Figliuolo sia un incompetente. Non vuol dire che le divise siano pericolose. Vuol dire che alla domanda "come ne usciamo?" le altre nazioni hanno trovato una narrazione politica, noi una militaresca. Vuol dire che la politica ci sta dicendo: ho fallito. Io non ho paura delle divise. Ho paura di una politica che delega la gestione del proprio fallimento a chi indossa una divisa. Ho paura delle divise che fanno il mestiere che non è delle divise".

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