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Il mistero della morte di Mara Favro: autopsia non chiarisce cause, il giallo resta senza colpevoli

Il corpo di Mara Favro, scomparsa l’8 marzo 2024 in Val di Susa, è stato ritrovato mesi dopo in un dirupo. L’autopsia ha rilevato gravi fratture, ma non chiarisce se sia caduta, spinta o uccisa. Resta la certezza che qualcuno volesse disfarsi del corpo.
A cura di Biagio Chiariello
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Ci sono segreti che la montagna custodisce a lungo. E forse mai del tutto rivela. È il caso di Mara Favro, 51 anni, madre di una bambina di nove, scomparsa l’8 marzo 2024 a Chiomonte, nella bassa Val di Susa, e ritrovata mesi dopo, ormai senza vita, in fondo a un canalone impervio nei boschi di Gravere, in provincia di Torino.

Mara Favro, il mistero sulle cause del decesso

A distanza di oltre un anno dalla scomparsa, la verità sulla sua morte resta avvolta nel mistero. Gli esiti dell’autopsia, eseguita il 12 marzo 2025 su una ventina di ossa rinvenute nel burrone, non sono riusciti a chiarire le cause del decesso. Le fratture multiple — al bacino, al femore, alle vertebre, a una scapola e al cranio — sono compatibili con una caduta da grande altezza, ma non permettono di stabilire se si sia trattato di un incidente, di un suicidio o, come ipotizzano gli inquirenti, di un omicidio seguito dall’occultamento del cadavere.

Gli esperti parlano di un “traumatismo da precipitazione”, con lesioni concentrate anche sulla parte posteriore del corpo. Alcune fonti, nei giorni successivi all’autopsia, avevano fatto trapelare l’ipotesi di coltellate alla schiena. Ma nulla è stato confermato in via ufficiale. La procura di Torino mantiene aperto il fascicolo per omicidio e continua a indagare, anche alla luce di un elemento che sembra non lasciare dubbi: qualcuno ha deliberatamente cercato di far sparire il corpo.

La zona del ritrovamento — un dirupo nascosto alle spalle di un depuratore, in un’area isolata della Valsusa — fa pensare a una scelta mirata, non a un caso. Un luogo difficile da raggiungere, distante dai percorsi abituali, dove i resti sono stati scoperti solo grazie a una segnalazione casuale. A confermare l’identità è stato l’esame del DNA: erano ossa di Mara Favro.

Due indagati per la morte di Mara

Quel giorno di marzo, la donna aveva appena concluso il turno nella pizzeria dove lavorava da una settimana. Poi il buio. Nessun messaggio, nessuna telefonata. Soltanto silenzio. Da allora, gli investigatori hanno puntato l’attenzione su due uomini: il titolare della pizzeria, Vincenzo Milione, noto come Luca, e l’ex dipendente Cosimo Esposito, entrambi indagati per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Le prove a loro carico, però, restano frammentarie.

Il dubbio più grande riguarda proprio l’origine della morte. Le condizioni del corpo — o meglio, di ciò che ne rimane — non consentono di escludere nemmeno l’ipotesi di un soffocamento o uno strangolamento, modalità che non lascerebbero tracce visibili sulle ossa. Una morte violenta, sì, ma non chiaramente attribuibile a un gesto preciso. E in mancanza di un movente forte o di un testimone chiave, tutto resta sospeso.

Mara Favro, 51 anni.
Mara Favro, 51 anni.

C’è anche chi avanza l’ipotesi di un incidente: Mara potrebbe essere caduta in circostanze ambigue, forse durante un litigio o un incontro finito male. E chi era con lei, preso dal panico, potrebbe aver scelto di non chiedere aiuto, decidendo invece di liberarsi del corpo per evitare ripercussioni.

Ma in questa vicenda ogni ipotesi è un’ombra che si allunga sull’altra. Il tempo ha dissolto le tracce più fragili, e quel che resta è un’indagine che si muove tra frammenti di ossa, interrogatori silenziosi e troppe domande senza risposta.

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