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Il fidanzato di Donatella, suicida in carcere: “Abbandonata da tutti, cos’è successo quella notte?”

Leonardo, fidanzato di Donatella Hodo – la 27enne che si è suicidata nel carcere di Verona dopo aver inalato gas da un fornelletto: “Ce l’ho col mondo intero, con il sistema, il carcere, i magistrati, le guardie, la sua famiglia, i suoi amici”.
A cura di Davide Falcioni
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"Un ladro non muore di meno", cantava Fabrizio De André in uno dei suoi capolavori, Il Testamento di Tito. Eppure, a più di una settimana dalla morte di Donatella Hodo – la 27enne che si è tolta la vita nel carcere di Verona dopo aver inalato gas da un fornelletto – continuano i commenti sprezzanti e offensivi nei confronti della giovane donna, che era stata arrestata per alcuni furti legati alla sua dipendenza da stupefacenti.

La sua morte, come quella di decine di altri detenuti, ha sollevato il velo sul sistema carcerario italiano e sulle sue gravi inadeguatezze. Il suicidio della 27enne, in particolare, interroga sull'opportunità di ricorrere alla detenzione per reati minori e sulla sofferenza inflitta il più delle volte inutilmente a uomini e donne chiusi dentro le sbarre. "Donatella, la mia Dona, era pulita da un anno", commenta il fidanzato Leonardo in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera. "Ora che non c’è più, leggo e sento commenti al veleno. In troppi stanno dando giudizi senza sapere nulla di lei".

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Le parole di Leonardo sono un atto d'accusa: "Sono arrabbiato. Ce l’ho col mondo intero, con il sistema, il carcere, i magistrati, le guardie, la sua famiglia, i suoi amici. Ma sono incazzato anche con lei, con Dona, perché doveva solo pazientare un altro po’. Presto sarebbe uscita, avevo preparato tutto per lei". Il 27enne racconta che Donatella era stata lasciata sola soprattutto nell'ultimo periodo, da quando cioè era stata riportata in cella dopo essersi allontanata dalla comunità che frequentava per disintossicarsi. "L’avevano lasciata sola, ero solo al suo fianco. La ascoltavo, la calmavo, le stavo vicino, le telefonavo, andavo a farle visita". I due si erano visti l'ultima volta il primo agosto, poche ore prima che lei la facesse finita: "Cosa le è scattato? È forse accaduto qualcosa che non so?", si chiede Leonardo.

È la stessa domanda che si è posto Nevruz, papà di Donatella, che ha sporto denuncia verso il carcere: "Anch’io mi chiedo cosa sia accaduto quella notte maledetta. Qualcuno in serata l’aveva sentita piangere, sapevano quanto lei fosse fragile. Perché nessuno è andato a parlarle? Magari sarebbe bastata una parola, un consiglio, una pacca sulla spalla per farle passare la tristezza di un attimo e salvarle la vita. Invece l’hanno lasciata tutti sola, nessuno escluso".

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Che qualcosa – anzi, molto – non abbia funzionato l'ha ammesso in una lettera letta durante il funerale di Donatella anche il giudice di Sorveglianza Vincenzo Semeraro del Tribunale di Verona: "Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente. Inutile dire che la sensazione che provo è quella di sgomento e dolore. So che avrei potuto fare di più per lei", si legge in un passaggio della missiva.

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