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Il comandante dei Carabinieri di Palermo: “Nostri giovani vogliono distaccarsi da mentalità mafiosa”

Traffico e spaccio di droga dopo il Covid sono diventati il punto di forza di Cosa Nostra. “La voglia di rifarsi di questa terra è forte: i giovani di Palermo vogliono distaccarsi dalla mentalità mafiosa”, ha spiegato a Fanpage.it il generale De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo a capo delle operazioni anti droga delle ultime settimane.
A cura di Chiara Ammendola
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Il generale di Brigata Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo
Il generale di Brigata Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo

Sequestri di droga e denaro contante, denunce e decine di persone arrestate. Si susseguono senza sosta le operazioni anti droga dei carabinieri di Palermo per tentare di frenare lo spaccio di sostanze stupefacenti nel capoluogo siciliano, che sembra essere l'arma con la quale Cosa Nostra riesce ad approvvigionarsi e smerciare i propri capitali. Lo spiega a Fanpage.it, il generale di Brigata Giuseppe De Liso, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, insediatosi lo scorso 7 settembre: "Questi risultati arrivano perché si lavora insieme, da soli non riusciremmo a ottenere nulla. Abbiamo bisogno di segnalazioni, di denunce, abbiamo bisogno di presa di coscienza. La voglia di rifarsi di questa terra è forte: i giovani di Palermo proprio grazie a quello che i loro genitori hanno subito negli di piombo della città vogliono distaccarsi dalla mentalità mafiosa".

Sono molte le operazioni del Comando provinciale dei Carabinieri di Palermo nelle ultime settimane. Cosa sta accadendo?
Non è cambiato nulla, il valore aggiunto di queste nostre attività che, sì sono state notevoli in questo ultimo mese e mezzo, è stato quello della prossimità. In ogni quartiere dove abbiamo operato, in ogni mandamento mafioso, è presenta una stazione dei carabinieri. Le faccio un esempio: attraverso una stretta osservazione l'operazione della scorsa notte ha individuato quali erano i canali di spaccio nella città di Palermo, sostanzialmente abbiamo visto che Cosa Nostra si appoggiava a corrieri campani che a loro volta si rifornivano della droga in Spagna. Altro tipo di droga, come la cocaina, arrivava invece dalla Calabria. Si tratta di un'operazione molto complessa che però ci ha dato la possibilità di individuare i vari canali, dal piccolo spacciatore al grosso spacciatore, fino ad arrivare al trafficante di droga che ha importato la droga a Palermo.

Ci sono nuove figure emerse nel controllo del traffico e spaccio di droga da parte di Cosa Nostra?
Sono personaggi noti e conosciuti che nel tempo si sono riciclati. La stessa Cosa Nostra su Palermo si sta riciclando, lo spaccio di stupefacenti in città è diventato parimenti remunerativo rispetto alle estorsioni, ma molto meno pericoloso per le denunce. Noi abbiamo avuto su Palermo grazie alla Direzione distrettuale antimafia un fenomeno molto importante che è quello di chi sceglie di denunciare le estorsioni, ecco perché oggi l'approvvigionamento soprattutto per i detenuti e di conseguenza per il mantenimento delle loro famiglie arriva dallo spaccio che è veloce nello smercio: la richiesta è tanta e di conseguenza lo è l'offerta.

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In un'intervista Lei ha parlato del ruolo fondamentale che giocano i cittadini nella lotta a Cosa Nostra
Il problema droga non è un problema solo di natura criminale ma anche di natura sociale, noi siamo intervenuti in più settori. I carabinieri della caserma dello Zen, liberi dal servizio, fanno il doposcuola ai ragazzi: facciamo lezione nelle scuole di Palermo sulla cultura della legalità e abbiamo adottato iniziative sociali come donare libri ai quartieri meno agiati. La scorsa settimana il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha premiato uno dei nostri militari, il carabiniere Rachid Berradi, perché porta i ragazzi di alcuni quartieri a praticare sport. Noi non siamo solo operatori di polizia, ma anche operatori sociali: e lo abbiamo dimostrato durante il periodo della pandemia, quando siamo stati un punto di riferimento per molti.

Questo però non è un lavoro che può essere affidato solo all'Arma
Noi lavoriamo con le scuole con le quali spesso portiamo avanti attività, come quella dell'albero di Falcone. Insieme ai preti di quartiere adottiamo attività comuni per stare vicini a questi quartieri e soprattutto ai ragazzi. Bisogna far sentire la presenza delle Istituzioni.

Accanto alle figure già note nel mondo della criminalità organizzata, si sono affiancati anche nomi nuovi, magari anche tra i giovanissimi, dopo l'arrivo della pandemia?
Col post Covid, così come in tante altre città, soprattutto al Sud purtroppo, il disagio è comune. Con lo spaccio di droga però il Covid c'entra poco, in questo caso c'è stato un riciclo di impostazione da parte di Cosa Nostra sull'approvvigionamento e lo smercio di capitali. È un'inversione di tendenza: è più semplice alimentare le piazze di spaccio piuttosto che soggiogare i commercianti con le estorsioni, oggi il commerciante è in difficoltà a causa del Covid e non può pagare. Grazie anche alle associazioni anti racket i negozi di Palermo, molti, hanno all'esterno una sorta di marchio che dice "Non venite, vi denunciamo".

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Le piazze di spaccio a Palermo però rischiano solo di spostarsi altrove, come è accaduto in altre città: il problema non si risolve solo così
Cosa Nostra utilizza le piazze di spaccio come ammortizzatore sociale. La guardia deve essere sempre alta: il nostro impegno è vedere se Cosa Nostra da sola riuscirà ad approvvigionarsi delle sostanze stupefacenti senza servirsi di altre organizzazioni criminali, ma le piazze di spaccio a Palermo rimarranno e noi le monitoreremo. È ovvio che è il problema non è risolto.

Qual è il ruolo che gli altri attori dello Stato devono giocare in tutto questo? 
Sicuramente l'impegno della scuola, le associazioni, tutti gli attori istituzionali che hanno un ruolo nella gestione della legalità sul territorio: il prefetto di Palermo, i parroci, il consiglio comunale. Tutti insieme facendo attività comune dobbiamo continuare questo lavoro. Non mi sento di dire che ci sono istituzioni assenti: la squadra Stato su Palermo funziona.

È un bilancio positivo il suo finora
Abbiamo bisogno di segnalazioni, di denunce, abbiamo bisogno di presa di coscienza. Questi risultati arrivano perché si lavora insieme, da soli non riusciremmo a ottenere nulla. La voglia di rifarsi di questa terra è forte: i giovani di Palermo proprio grazie a quello che i propri genitori hanno subito negli anni di piombo della città vogliono distaccarsi dalla mentalità mafiosa.

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