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Palermo, traffico di stupefacenti per mantenere le famiglie dei carcerati: blitz contro clan Pagliarelli

Blitz contro il clan Pagliarelli di Palermo: 8 arresti nell’ambito dell’operazione Brevis II. Il gruppo criminale manteneva le famiglie degli affiliati in carcere grazie ai proventi del traffico di stupefacenti.
A cura di Gabriella Mazzeo
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I carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno emesso 8 provvedimenti di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'indagine "Brevis 2". Secondo quanto ricostruito dalle forze dell'ordine, il traffico di droga messo su era "differenziato": l'hashish arrivava da Malaga direttamente a Palermo attraverso corrieri della Campania, mentre la cocaina arrivava dalla Calabria. A gestire il flusso degli stupefacenti secondo gli inquirenti, il clan Pagliarelli a Palermo. Eseguito nell'ambito della stessa inchiesta anche un sequestro preventivo emesso dal Gip di Palermo su richiesta della Dda del capoluogo siciliano.

L'ipotesi di reato per 8 persone sono associazione a delinquere per traffico di droga, detenzione e spaccio, estorsione e trasferimento fraudolento di beni e valori. L'aggravante è il metodo mafioso. In carcere sono finiti il reggente del clan Giuseppe Calvaruso, il suo braccio destro Giovanni Caruso, i due luogotenenti del clan Angelo Costa e Francesco Duecento e i corrieri Gianluca Carrotta, Giuseppe Bifano, Ciro Casino e Domenico Pangallo. L'indagine è il seguito dell'inchiesta "Brevis" dell'aprile scorso che pure si concentrava sul mandamento mafioso di Pagliarelli. I carabinieri avevano individuato e arrestato il presunto nuovo vertice del clan. Il reggente aveva, grazie al rigido controllo di Cosa Nostra sul territorio, proventi tali da ottenere da un privato una lussuosa villa con piscina in stile Scarface. Qui viveva insieme alla famiglia anche se l'abitazione continuava ad essere intestata al suo legittimo proprietario. L'immobile è stato posto sotto sequestro. 

Il clan otteneva la maggior parte dei suoi proventi dal traffico di stupefacenti. Il flusso illegale permetteva al gruppo Pagliarelli di rifornire le piazze a seconda delle richieste. Hashish dalla Spagna e cocaina dalla Calabria per garantire l'afflusso costante di droga sul territorio nel minor tempo possibile. L'import criminale era garantito da relazioni intessute con altri gruppi criminali tra Italia ed estero. Lo spaccio è considerato l'ammortizzatore sociale da concedere alle fasce cittadine più critiche. Per questo motivo, secondo gli inquirenti, Cosa Nostra vuole mantenere il controllo dell'approvvigionamento all'ingrosso di stupefacente sull'isola più del traffico al dettaglio nelle piazze. L'organizzazione criminale quindi "chiuderebbe un occhio" nei confronti di intere famiglie dedite al commercio illegale.

Con i proventi dell'approvvigionamento di stupefacenti, il reggente del clan avrebbe fatto fronte alle "spese di mantenimento" delle famiglie degli affiliati arrestati nelle precedenti operazioni delle forze dell'ordine. Calvaruso, boss del clan di Pagliarelli, aveva intessuto una vera e propria rete di investimenti all'estero con l'attrazione di capitali in Italia. Oltre a dedicarsi al controllo del territorio, viaggiava per intessere sempre nuovi legami all'estero. Nel frattempo, invece, i suoi sottoposti si dedicavano ai pestaggi per chi compiva rapine non autorizzate dal boss. Il titolare di un negozio di detersivi derubato si rivolse a Cosa Nostra, consegnando a Caruso le immagini del sistema di video-sorveglianza durante le due rapine compiute nei giorni precedenti. Il clan attirò quindi il responsabile in un garage sequestrando alcuni complici. Arrivato sul posto, fu pestato alla presenza del boss.

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