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L'omicidio Meredith Kercher

Guede ricorda l’omicidio di Meredith: “Non l’ho uccisa io, ma mi pento di averla lasciata lì”

Il 35enne ivoriano, unico condannato per l’omicidio di Meredith Kercher, a Perugia, è uscito dal carcere da un anno e ha scritto un libro: “Ho sbagliato, ma non sono un assassino” dice in un’intervista.
A cura di Biagio Chiariello
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"Non ho ucciso Meredith Kercher". Rudy Guede torna a proclamare la propria innocenza per  il delitto di Perugia, il 1° novembre 2007. L'ivoriano, condannato a 16 di reclusione e libero dallo scorso novembre, ne ha parlato in un'intervista al Corriere della Sera. "Io c’ero in quella casa, chi lo nega? C’erano le mie tracce sul luogo del delitto, certo. Mica stavo fermo in un angolo. Ero con Meredith, ci siamo scambiati effusioni, abbiamo avuto un approccio sessuale, sono andato al bagno, ho provato a fermare il sangue che le usciva dal collo…" ricorda il 35enne.

Ovvio che ci fossero le mie tracce in giro. Ma l’ho detto quando credevano che mentissi per evitare la condanna, lo ripeto più che mai adesso che ho finito di pagare il mio conto alla Giustizia. Non ho ucciso Meredith Kercher".

Sulla sua storia ha scritto un libro dal titolo ‘Il beneficio del dubbio‘ che "spiega come si arriva all’accusa di violenza, dubbi e incongruenze comprese. La sostanza è che è stato trovato il mio dna. Dna, non sperma. Come ho sempre detto, stavamo per avere un rapporto sessuale ma ci siamo fermati perché senza preservativi. Eravamo due adulti consenzienti. Ma voglio tornare sull’omicidio".

C'è una cosa in particolare che l'ivoriano non si perdona: il fatto di essere fuggito:

È vero. La paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez forse ancora viva. Di questo non finirò mai di pentirmi. Ma avevo 20 anni e avevo davanti una ragazza agonizzante, l’ho soccorsa ma poi la mente è andata in tilt. Magari sarebbe morta lo stesso ma non aver chiesto aiuto resta la mia grandissima colpa".

Guede fu condannato per i reati di violenza sessuale e concorso in omicidio con ignoti. Ed è proprio su quest'ultimo punto che Guede si chiede:

"Nelle mie sentenze c’è scritto: in concorso con Amanda Knox e Raffaele Sollecito, e nessuno dei giudici mi ritiene autore materiale del delitto. Poi loro due vengono assolti. Allora io chiedo: con chi ho concorso?

"Hanno respinto la revisione del mio processo ma è un controsenso logico – prosegue il 35enne – . La giustizia italiana dice che ho compiuto un crimine con due persone specifiche ma non come autore materiale; loro escono di scena, quindi il carcere lo sconta una persona che non si capisce di cosa sia colpevole e con chi. Un condannato impossibile. O forse il condannato ideale: il negretto senza famiglia, senza spalle coperte, senza un soldo…".

La studentessa inglese a Perugia fu uccisa nella casa che condivideva con Amanda Knox, condannata in primo grado e assolta definitivamente dopo quattro anni di carcere così come Raffaele Sollecito. "A loro, afferma oggi Guede, non ho più voglia di dirgli niente. Ne hanno dette talmente tante loro sul mio conto che per me non ha più senso dargli corda e spazio. Io ho la coscienza a posto anche nei loro confronti. Per tutti questi anni sono stato dentro, sì, ma la mia mente era libera, pulita".

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