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Finto Barolo, mozzarella di Bufala fasulla e prodotti doc falsi: sequestrate 9 tonnellate di cibo contraffatto

Una serie di truffe alimentari sono state scoperte dai carabinieri dei Reparti Tutela Agroalimentare (RAC) in tutta Italia nell’ambito dell’operazione “Solstizio d’estate” che ha portato al sequestro di quasi nove tonnellate di cibo e alla denuncia di 8 persone per frode in commercio e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.
A cura di Antonio Palma
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Finto Barolo, mozzarella di Bufala fasulla e prodotti comuni venduti come Doc e dop: è solo una minima parte della serie di truffe alimentari scoperte dai carabinieri dei Reparti Tutela Agroalimentare (RAC) in tutta Italia nell'ambito dell'operazione "Solstizio d'estate" che ha portato a denunce e sequestri di prodotti alimentari da nord a sud. I militari dell'Arma specializzati nel campo hanno ispezionato oltre 60 attività del comparto agroalimentare sull’intero territorio nazionale con attenzione sia alla sicurezza e qualità del cibo prodotto e venduto sia alla corretta identificazione per salvaguardare il settore produttivo da produttori disonesti.

Dalle verifiche effettuate dai carabinieri sono emerse violazioni in materia di rintracciabilità, etichettatura ed evocazione dei marchi di tutela come Dop e Doc che hanno portato al sequestro di quasi nove tonnellate di cibo, alla denuncia di 8 persone per frode in commercio e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, oltre a svariate sanzioni per un totale di 36.200 euro. I militari hanno sequestrato cibo di tutti i generi: dalle farine ai cereali, dall'ortofrutta ai salumi, dai prodotti lattiero caseari e ittici al vino e pasta.

Tra i casi più eclatanti segnalati dagli stessi carabinieri, che hanno portato alla denuncia dei titolari delle attività interessate, figurano quello di una società agricola in provincia di Asti che commercializzava del vino comune da tavola con etichettatura richiamante le DOCG Barolo, Barbaresco e Gavi e la DOC Primitivo di Manduria; quello di un’impresa industriale in provincia di Roma che commercializzava confezioni di prodotti trasformati che evocavano la Mozzarella di Bufala Campana DOP; quello di un caseificio in provincia di Salerno che invece usava latte vaccino in quantità superiore al 70% per la propria mozzarella di bufala; quello di un caseificio in provincia di Potenza che continuava l’attività produttiva nonostante la medesima fosse stata sospesa per carenze igienico sanitarie; e quello di una fabbrica di liquori in provincia di Cosenza che  commercializzava,  etichettandoli come DOP, prodotti realizzati con liquirizia biologica non a denominazione di origine.

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