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Filippo Mosca trasferito nel carcere di Bucarest, la madre: “In 6 dentro la cella, accelerare trasferimento”

Filippo Mosca, Luca Cammalleri e l’altra ragazza italiana (di cui non si conosce l’identità), condannati dai giudici romeni anche in appello per traffico internazionale di stupefacenti a 8 anni e 3 mesi di carcere, sono stati trasferiti nel carcere Rahova di Bucarest. La madre di Mosca, Ornella Matraxia, ha raccontato che le condizioni detentive del figlio sono peggiorate: “Chiediamo al ministro Tajani, all’ambasciata italiana in Romania di aiutarci per riportare i ragazzi nel nostro Paese”.
A cura di Eleonora Panseri
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Filippo Mosca, Luca Cammalleri e l'altra ragazza italiana, della quale non si conosce l'identità, condannati dai giudici romeni anche in appello per traffico internazionale di stupefacenti a 8 anni e 3 mesi di carcere, sono stati trasferiti nel carcere Rahova di Bucarest.

"Lunedì sono stati portati nel penitenziario della capitale – ha detto stamattina al Tg1 Ornella Matraxia, la madre di Filippo Mosca -. Ho sentito mio figlio pochi minuti al telefono e mi ha detto che sono in una piccola cella in 6, hanno poco spazio e non sanno dove mettere abiti ed effetti personali e il cibo continua ad essere scadente, ma per fortuna lui è stato lasciato in compagnia dell'amico Luca. Purtroppo, per loro è prevista la prosecuzione del carcere duro quindi non può fare altre attività e per le visite c'è il vetro che separa".

Filippo Mosca e Ornella Matraxia
Filippo Mosca e Ornella Matraxia

I giovani erano stati arrestati oltre un anno fa a Costanza, in Romania, e fino a lunedì scorso erano stati detenuti nel penitenziario di Porta Alba: con loro anche una ragazza italiana, loro conoscente, della quale non è stata rivelata l'identità, che si era fatta recapitare un pacco nell'albergo dove erano alloggiati Mosca e Cammalleri, al cui interno, invece di cosmetici, la polizia aveva trovato 150 grammi di droga.

"Adesso il caso è seguito dall'avvocato Armida Decina di ‘Nessuno tocchi Caino' – dice Matraxia – che ha chiesto la collaborazione di un collega a Costanza per avere tutto il fascicolo che sarà utile per sbloccare l'iter di trasferimento definitivo di Filippo, di Luca e della ragazza in Italia. Chiediamo al ministro Tajani, all'ambasciata italiana in Romania di aiutarci per riportare i ragazzi nel nostro Paese".

"Ho sentito Filippo ma ho potuto parlarci poco, le condizioni carcerarie sono identiche, se non peggiori – aggiunge la madre del giovane -. Gli è stato dato il carcere duro, sono chiusi in stanza e non è prevista alcuna attività. Non potremo riabbracciarlo perché le visite sono possibili sempre con il vetro separatorio. Le condizioni sono estremamente dure. FIlippo mi ha detto: "Lo sono molto di più rispetto a Porta Alba'".

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Anche dal punto di vista dell'alimentazione non è cambiato nulla: "Si alimenta con scatolette e le sue condizioni di salute sono peggiorate. La cella, in cui sono in sei, è talmente piccola che non ha neppure dove mettere le sue cose". A preoccupare maggiormente la madre di Filippo sono però le condizioni psicologiche del figlio. "È una sentenza durissima da accettare, a maggior ragione sapendo di essere innocenti. Ventiquattro anni di carcere in tre sono un'enormità".

"In appello è stata confermata la sentenza farlocca di primo grado, basata su indizi costruiti ad hoc, ma non ci aspettavamo nulla di diverso. Era chiaro sin dall'inizio che non l'avrebbero cambiata, i segnali c'erano tutti, c'erano quando sono stati fatti uscire dall'aula i rappresentanti dell'Ambasciata italiana a Bucarest, c'erano quando hanno rigettato per l'ennesima volta la richiesta di domiciliari. L'atteggiamento di fondo era quello. È vero, non ci aspettavamo il capovolgimento della sentenza di primo grado, ma speravamo in una riduzione della pena. Non ci è stato concesso neppure quello. Oggi c'è tanta amarezza, tanta delusione di fronte a una simile ingiustizia. A questo punto il nostro obiettivo è far rientrare i ragazzi in Italia nel più breve tempo possibile, accelerare il processo di trasferimento perché possano smettere di soffrire dentro quelle carceri così dure".

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