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Femminicidio Alessandra Matteuzzi, l’avvocato sugli hater: “Per i parenti una seconda aggressione”

L’avvocato dei familiari a Fanpage.it dopo la denuncia in Procura: “A lavoro su altri commenti, perché anche senza offese dirette si cerca di legittimare un’azione omicida”
A cura di Beppe Facchini
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Per i familiari di Alessandra Matteuzzi, uccisa sotto casa dall'ex compagno lo scorso 23 agosto, a Bologna, la tempesta di commenti da parte degli haters sulla vicenda “è stata come una seconda aggressione”. Lo conferma ai microfoni di Fanpage.it Chiara Rinaldi, legale dei parenti della 56enne vittima della gelosia di Giovanni Padovani, calciatore di 26 anni.

Come emerso dall'autopsia, l'uomo l'avrebbe colpita almeno venti volte con un martello nel cortile del condominio in cui abitava, in via dell'Arcoveggio, accanendosi su di lei, pare, pure con una panchina. Un omicidio che ha fatto parlare tanto e a sproposito e soprattutto sui social. Nei giorni scorsi, i familiari di Alessandra Matteuzzi hanno presentato alla Procura di Bologna una denuncia per chiedere di agire contro 25 autori delle parole di disprezzo e di odio nei confronti della donna, pubblicate su Facebook e Instagram dopo il delitto. La Polizia postale è a lavoro per identificarle, ma il numero delle persone da segnalare è destinato a salire, come conferma proprio Rinaldi: “I commenti nell'immediatezza del fatto erano veramente tanti, viaggiamo su numeri molto alti, almeno quattro o cinquecento: stiamo cercando di fare una scrematura e le dovute verifiche, tutti i ragazzi dello studio sono impegnati in questa attività”.

Un lavoro non semplice. “Anche perché gli haters, a parte i più sprovveduti, spiega ancora l'avvocato, non insultano più coi classici epiteti femminili, ma sono più accorti. Non utilizzano più l'ingiuria vera e propria, è tutto un po' più laborioso”. E nel caso di Alessandra, infatti, “i commenti più aggressivi non avevano accuse dirette, ma comunque si capiva perfettamente il tentativo di legittimare un'azione omicida solo perché la signora aveva scelto di frequentare un ragazzo più giovane, o perché aveva fatto ricorso alla chirurgia estetica. Tutti si sono basati sulla figura di Alessandra in base a quella sui social, lei che era più bella senza filtri”.

Per i familiari della donna non è stato semplice affrontare la marea di commenti da dover leggere in rete. In qualche occasione c'è stata anche la tentazione di rispondere a tono, ricostruisce ancora il legale. “Noi ci stiamo lavorando da tempo, anche se la giurisprudenza non ci aiuta, continua, perché non c'è una legislazione e poi perché tutti si trincerano dietro al famigerata libertà di parola, di opinione e diritto di critica, che per carità, va benissimo, però, bisognerebbe anche avere l'educazione e l'accortezza di non infierire, peraltro in momenti molto delicati per la vita delle persone. Vedremo cosa succederà. Noi andremo avanti”.

Intanto, prosegue anche il lavoro dei consulenti sui cellulari della vittima e dell’ex compagno, tuttora detenuto al carcere della Dozza. La scorsa settimana sono stati acquisiti altri due telefonini che erano in uso a Padovani e che si trovavano nella sua residenza in Sicilia. I tecnici hanno inoltre prelevato il computer di lavoro di Alessandra, nel quale era stata trovata una cartella personale protetta da password che potrebbe essere utile. Giovanni Padovani è accusato di omicidio aggravato dallo stalking, dato che la ex fidanzata lo aveva denunciato pochi giorni prima di essere uccisa. Il risultato per il deposito delle analisi su questi apparecchi e sui cellulari già sequestrati è atteso entro il 20 dicembre: la chiusura delle indagini dovrebbe avvenire di lì a poco.

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