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La storia di Ted Bundy: serial killer di notte, politico di giorno

Attirava le sue vittime fingendo di avere un braccio ingessato: “Mi aiuti a caricare le buste in auto”, poi le rapiva, le stuprava e le ammazzava. Ted Bundy è stata uno dei più prolifici serial killer degli Stati Uniti, ha ispirato documentari e film ed è passato alla storia per la sua doppia indola: gentile e brillante da un lato, sanguinaria e perversa dall’altro. Tra i suoi crimini anche la nercrofilia.
A cura di Angela Marino
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Eleanor Louise Cowel aveva 22 anni quando rimase incinta di un figlio maschio ed era single. Era il 1946 quando mise al mondo Theodore alla ‘Elizabeth Lund Home for Unwed Mothers', una struttura di assistenza per ragazze sole nella piccola Burlington, sobborgo nel Vermont. Samuel Cowel, il padre di Louise, che voleva evitare l’unanime condanna sociale alla famiglia disse ai vicini di aver adottato quel bimbo in un orfanotrofio, perché li conosceva. Loro non gli credettero, perché conoscevano lui.

Samuel Cowel era un uomo dispotico e oppressivo e tutti sapevano che sua moglie e la figlia Louise vivevano alla sua schiacciante ombra, senza mai osare reagire agli abusi. Non era violento, ma era in grado di terrorizzare ugualmente le due povere donne, tanto che sua moglie subiva frequenti elettrochoc per ‘curare' la depressione. Per questo in molti a Burlington pensavano che il vero padre di Ted fosse proprio Sam, il nonno. Per anni il dubbio che quel ragazzo fosse il risultato di un odioso incesto circondò la famiglia, fino a quanto Louise non decise di trasferirsi a casa di parenti a Tacoma, Washington e nel 1950 cambiò il suo cognome da Cowell a Nelson.

Mamma Louise

Ted, invece, aveva sviluppato un ottimo rapporto con suo nonno, unica figura maschile nel suo orizzonte affettivo e prese molto male quel trasferimento, soprattutto, perché con quella che credeva sua sorella non aveva mai avuto un buon rapporto. La considerava una donna sciocca e priva di argomenti, mentre lui spiccava per un’intelligenza al di sopra della media. Nel 1951, Louise, conobbe Johnny Culpepper Bundy , un cuoco che lavorava in mensa all’ospedale e dopo un anno lo sposò. Johnny, che diede a Louise altri quattro figli, adottò legalmente il suo primogenito, che da allora divenne Ted Bundy.

Una carriera sfavillante

Dotato di carisma e una sicurezza che rasentava l'arroganza, nel 1968 il giovane Ted intraprese la carriera politica, Lavorò nell’ufficio elettorale del candidato repubblicano alla presidenza, Nelson Rockefeller a Seattle e partecipò alla convention repubblicana a Miami. Un giorno, roso dai dubbi, decise di tornare a Burlington per consultare i documenti sulla sua nascita e fu allora che subì il trauma peggiore della sua vita. Odiò la madre per avergli mentito, costringendolo a mettere in discussione la propria identità e quella di tutte le persone con cui era cresciuto. Già segnata da quella maternità sofferta, Louise, soffrì molto la rabbia di suo figlio che invece lei aveva sempre amato e cercato di proteggere. Negli stessi anni Ted subì l’abbandono della sua prima fidanzata, Stephanie Brooks, che lo segnò profondamente. Nel 1969 incontrò Elizabeth Kloepfer, una divorziata di Ogden, nello Utah, ma lui non dimenticò Stepahanie.

L'incarico per la polizia di Seattle

Intanto la sua carriera andava progrediva ogni giorno. Ted aveva scoperto che le sue naturali abilità di manipolazione e il suo camaleontico trasformismo erano doti non solo apprezzate, ma richieste nel mondo ella politica. Nominato dal governatore Daniel J. Evans,  assistente direttore del Comitato per la prevenzione della criminalità di Seattle era talmente stimato che ottenne anche una raccomandazione alla facoltà di giurisprudenza dello Utah, dove si trasferì in un appartamento di Salt Lake City. Incontrò di nuovo la sua prima fiamma, Stephanie Brooks e riprese la relazione con lei, pur senza rompere don la Kloepfer, rimasta a Seattle, per poi prendersi il gusto della vendetta, interrompendo bruscamente la relazione con la Brooks.

L'arresto

Bello, elegante, convincente e con una discreta esperienza in politica, Ted Bundy era ormai sul trampolino di lancio per la candidatura, quando, nel 1975, fu arrestato. Un poliziotto lo aveva fermato per strada alla guida del suo Maggiolino Volkswagen dal cui portabagagli era saltato fuori un ‘kit’ contenente un piede di porco, manette, sacchi della spazzatura, una corda, un rompighiaccio e altri oggetti inizialmente considerati strumenti da scassinatore. A parte qualche piccolo furto in gioventù, Ted Bundy non era uno scassinatore, era un serial killer (continua dopo la gallery).

Omicidi stupri e necrofilia

Quel poliziotto si trovò di fronte al più grande paradosso americano, ma non lo sapeva. L’uomo che aveva davanti collaborava con la polizia di Seattle scrivendo opuscoli antistupro e di notte si introduceva nelle case delle donne per stuprarle, sodomizzarle e lasciarle mezze morte. Le adescava con il suo fascino, intenerendole con stratagemmi. Si presentava alle sue vittime con un braccio ingessato chiedendo: "Mi aiuteresti a mettere le buste della la spesa in auto?" Entravano nel suo Maggiolino e, una volta salite, si ritrovavano bloccate da uno sportello senza maniglie. Quando le aveva in suo potere, finalmente, sfogava ogni genere di perversione: le picchiava, le ammazzava, ne stuprava i corpi dopo la morte, anche per diversi giorni.    

“ L'omicidio non riguarda la lussuria e non riguarda la violenza. Riguarda il possesso. ”
Ted Bundy

Il killer delle studentesse

Cambiava loro i vestiti e dava lo smalto alle unghie, poi, quando si era stancato, si liberava dei cadaveri. Era meticoloso, preciso, organizzato: non usava armi, non lasciava impronte, non lasciava neanche i corpi. Ted Bundy, l’avvocato con gli occhi azzurri, il giovane politico bello e rampante era un sociopatico assassino che uccideva donne somiglianti alla prima fidanzata, quella che l’aveva lasciato. Gli piacevano bianche, giovanissime, per lo più studentesse con i capelli castani divisi da una scriminatura centrale. Dallo Utah, passando per l'Idaho, il Colorado, la Florida, fino a Washington, ne uccise una trentina tra l'arresto, la fuga e la definitiva incarcerazione. Fu processato solo per tre delle decine di barbari omicidi accertati e condannato dalla Corte, che riteneva che i delitti fossero molti di più.

La moglie di Ted Bundy: Carole Anne Boone

"Abbi cura di te, giovanotto – disse Edward Cowert, mentre pronunciava la sentenza di condanna a morte mediante sedia elettrica – Sei un ragazzo brillante. Saresti stato un buon avvocato, mi sarebbe piaciuto vederti fare pratica, ma ti sei presentato dalla parte sbagliata".

La figlia di Ted Bundy

Durante il dibattimento sposò una giovane donna conosciuta a Washington, Carole Anne Boone, dalla quale ebbe una figlia. Carole e la bambina smisero di andare a trovarlo molto presto e lei si trasferì lontano, rifiutando di parlare con chiunque del marito, ormai disillusa, forse, sulla vera natura di quell'uomo che credeva innocente. Mamma Louise, invece, continuò a sostenere incrollabilmente suo figlio fino alla fine. "Sei sempre il mio prezioso figlio", gli disse prima che fosse giustiziato.

L'esecuzione

La mattina del 24 gennaio 1989, dopo essere rimasto nel braccio della morte per quasi dieci anni, Ted Bundy percorse l'ultimo miglio. Rifiutò il suo ultimo pasto. Poco prima di indossare l'elmetto che gli avrebbe ustionato il cervello con le scariche elettriche, dopo essersi sempre protestato innocente, iniziò a parlare. Ammise gli omicidi e si offrì di far ritrovare i corpi delle ragazze morte in cambio di un accordo, ma l'interruttore fu premuto lo stesso: "Dite alla mia famiglia e ai miei amici che li amo" furono le sue ultime parole. Fuori, in strada, centinaia di persone brindarono alla fine di Ted Bundy.

Secondo la sua biografa, Anne Rule, dopo la morte di Bundy decine di donne con le quali aveva intrattenuto una corrispondenza dal carcere (tutte erano convinte di essere l'unica), caddero in depressione o furono vittima di esaurimento nervoso. "L'unico modo per guarire per loro – disse Anne – fu realizzare che quell'uomo le aveva raggirate. Anche da morto Bundy manipolava le donne".

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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