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Crisi del grano, cos’è la “tempesta perfetta” che da settembre potrebbe travolgere l’Italia

Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare: “I nostri problemi sono cominciati molto prima della guerra in Ucraina, ma potrebbero aggravarsi a settembre a causa della crisi della logistica”.
Intervista a Ivano Vacondio
Presidente di Federalimentare.
A cura di Davide Falcioni
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È stata ribattezzata la "guerra del grano", perché le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina non riguarderanno esclusivamente le migliaia di morti, i milioni di profughi e le città distrutte, ma avranno un effetto domino anche sull'accesso al cibo per miliardi di abitanti del pianeta, specialmente quelli dei Paesi del sud del Mondo. Una cinquantina di nazioni, infatti, dipendono da Kiev e Mosca per il loro approvvigionamento alimentare, in particolare per gli oli di mais e girasole. Gli effetti del conflitto si stanno facendo sentire però anche sull'Italia, dove il costo di alcuni prodotti è già aumentato. Ma cosa ci attende nei prossimi mesi?  Fanpage.it ne ha parlato con Ivano Vacondio, 69 anni, imprenditore a capo di Molini Industriali di Modena, azienda leader nella produzione di farine, e Presidente di Federalimentare.

Ivano Vacondio
Ivano Vacondio

A poco più di 100 giorni dall'inizio del conflitto in Ucraina qual è la situazione per il vostro settore?

Siamo in guerra anche noi, ma bisogna essere onesti e riconoscere che i nostri problemi sono cominciati molto prima del 24 febbraio, giorno di inizio dell'invasione dell'Ucraina; gli aumenti del costo dell'energia elettrica e dei cereali risalgono a settembre del 2021 e il conflitto in corso è stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo da tempo. Ora la nostra grande preoccupazione è che una nuova pesantissima crisi possa esplodere a partire dal prossimo mese di settembre. Mi riferisco al settore della logistica, di cui parlano ancora in pochi.

Cosa potrebbe accadere?

Far arrivare le materie prime necessarie al nostro comparto sarà un enorme problema, e lo sarà poi anche esportare i prodotti finiti. La logistica sta vivendo una crisi che non ho mai visto in vita mia ed oggi, tanto per farle un esempio, organizzare un container diretto negli Stati Uniti costa quattro volte di più di 12 mesi fa, mentre il costo dei cereali è aumentato del 70-80%. Non ci sono navi, non si trovano treni merci, il trasporto su gomma è in grande difficoltà. Riepilogando, quindi:  abbiamo difficoltà a reperire materie prime, c'è un aumento dei prezzi energetici, il settore della logistica è in crisi e così non riusciremo a esportare i nostri prodotti. Praticamente la tempesta perfetta.

Quali sono le ragioni di questa congiuntura?

È difficile rispondere, ritengo che ci sia una serie di concause ma mi sembra chiaro ormai che non siamo più in un'economia di mercato, bensì in un'economia di guerra. Tra i fattori più "drogano" il mercato c'è sicuramente quello della speculazione finanziaria: i future sono letteralmente esplosi negli ultimi mesi, banche e fondi d'investimento stanno "scommettendo" su un aumento dei prezzi di alcune materie prime, tra le quali i cereali, e ciò determina le condizioni di mercato alle quali noi tutti dobbiamo sottostare. Naturalmente a tutto ciò si aggiungono l'inflazione al 7% (ma percepita al 10%), l'aumento dei costi energetici e molti altri fattori che tutti conosciamo. Non ultimo, ovviamente, la guerra in Ucraina.

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Gli imprenditori del comparto agroalimentare hanno sufficienti scorte in magazzino per proseguire con la produzione?

Le scorte sono estremamente rarefatte: sul grano e sul mais sono ormai ai minimi termini, ma entro la fine di agosto dovremmo avere i nuovi raccolti di tutti i cereali e di conseguenza vedere anche un calo dei costi. Il condizionale però è d'obbligo, perché se dovessero esserci problemi climatici saremmo di nuovo in guai seri: se nei principali Paesi produttori, come Stati Uniti, Canada, Francia e Russia, dovessero esserci siccità, piogge eccessive o incendi ne vedremmo delle belle. L'anno scorso il Canada ha perso il 50% della produzione di grano duro – impiegato nella filiera della pasta – a causa delle scarse precipitazioni. Insomma, siamo nelle mani del clima…

Poi c'è il settore zootecnico…

Sì, anche quello è in grande difficoltà. Il costo dei mangimi è aumentato del 40/50%, tant'è vero che sono cresciuti i prezzi di carne, latte e formaggi. Nel settore dei suini e dei polli sono stati abbattuti molti capi di bestiame.

Torniamo alla guerra in Ucraina. Quanto pesano, per il settore agroalimentare, le sanzioni contro la Russia?

Queste sanzioni sono state giuste da un punto di vista politico, ma terribili per l’Occidente. Forse non c'era alternativa, ma a questo punto gli americani – che ci hanno spinto in quella direzione – devono aiutarci, perché a pagare il conto più pesante sono Paesi come l'Italia, la Germania e la Francia. Inoltre abbiamo bisogno di un'Europa che finalmente faccia mutualità, creando un debito comune per aiutare le milioni di persone che sono rimaste indietro e non hanno più capacità di spesa anche a causa delle sanzioni contro la Russia. La forbice tra ricchi e poveri si sta divaricando, e di questo problema devono farsi carico i tutti i Paesi europei, tutti insieme.

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