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Opinioni

C’è una guerra che stiamo perdendo, e non è quella contro Putin

Mentre la Russia ha invaso l’Ucraina per dei lembi di terra e il mondo si riarma, il clima peggiora, il Pianeta muore e sembra che a nessuno interessi più.
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Dove eravamo rimasti? Ah, si. Che a Glasgow i leader del pianeta avevano finalmente capito che il cambiamento climatico è la grande emergenza della nostra epoca. Che avevano firmato un patto per (quasi) dimezzare le emissioni entro il 2030, per dire stop a petrolio e metano, per bloccare la deforestazione. E che avevano promesso stanziamenti da centinaia di milioni all’anno per la transizione energetica.

Era poco meno di sei mesi fa, tanto per rinfrescarvi la memoria. E di quel mondo, che per la prima volta dava l’impressione di marciare unito verso la più grande sfida dell’umanità, quella della sopravvivenza a se stessa, non sembra più esserci alcuna traccia.

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In sei mesi, abbiamo fatto un salto indietro di sessant’anni. Dove c’erano le nuove tecnologie per l’energia rinnovabili ora ci sono i missili ipersonici e gli scudi spaziali. Dove c’era l’impegno globale per salvare la Terra, ora ci sono dei lembi di terra contesi dove ci si ammazza per una linea di confine tracciata decenni o secoli prima. Dove c’erano i soldi per la transizione verde, ora ci sono spese militari che aumentano. Dove c’erano bambini e ragazzi che scendevano in piazza per chiedere un impegno per fermare il riscaldamento globale, ora ci sono gli adulti nella stanza che giocano ai soldatini, sulla pelle di quei ragazzini mandati a morire al fronte.

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Nel frattempo, la Terra è sempre più malata, anche se lo stiamo ignorando. Le temperature ai Poli, quest’inverno, sono state superiori alla media di oltre 20 gradi centigradi. E mentre i cannoni stavano squarciando il silenzio a Kiev e Mariupol,l’Australia orientale è stata mezza distrutta da una devastante inondazione, mentre le alluvioni in Brasile, nel solo mese di febbraio, hanno causato quasi trecento morti. E in Italia, già che stiamo, è piovuto talmente poco che dal fondale del Po è riemerso un carrarmato tedesco della seconda guerra mondiale.

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Il brutto è che mentre tutto questo avviene, noi parliamo di riaprire le centrali a carbone, di trivellare i fondali marini, di importare gas naturale dagli Usa, di fare accordi con tutti i Paesi col petrolio, per salvare la nostra economia al carbonio dai ricatti di Vladimir Putin. E mentre lo facciamo nemmeno ci rendiamo conto che quella stessa dipendenza dalle fonti fossili che sta distruggendo il pianeta è contemporaneamente la vera causa di questa guerra, ciò a cui ci stiamo impiccando di nuovo per uscirne e la fonte di tutti i nostri guai futuri.

Quando la racconteranno sui libri di Storia, faranno fatica a crederci. Sempre che ci sarà qualcuno a scriverli, quei libri.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro. 15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019)
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