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Catania, bruciato il pulmino della squadra di rugby del quartiere: “Lasciati soli da tutti”

La notte del 15 maggio, il pulmino con il quale i giocatori dei Briganti rugby andavano a fare le trasferte più brevi è stato distrutto dal fuoco di un incendio. L’ennesimo atto vandalico in una storia cominciata il 25 aprile 2012, con l’occupazione del Campo San Teodoro di Librino, il quartiere satellite alla periferia Sud di Catania. “Quando sei piccolo non capisci davvero quello che fanno i Briganti – spiega Mirko Saraceno, 24enne presidente dell’associazione sportiva – Te ne accorgi quando cresci”. Online c’è una raccolta fondi per aiutare la squadra a ripartire dopo quest’ultimo placcaggio scorretto.
A cura di Luisa Santangelo
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Un altro placcaggio scorretto, l'ennesimo. Ma niente da cui non ci si possa rialzare per correre verso la meta. La filosofia dei Briganti Rugby di Librino, la squadra sportiva di uno dei quartieri più difficili di Catania, è quella dello sport che praticano. Non si sono lasciati abbattere nel 2018, quando un incendio che cui cause non sono state chiarite ha distrutto la loro club house, al campo San Teodoro. E non si sono lasciati abbattere domenica, quando un altro rogo ha devastato il pulmino col quale, in epoca pre-pandemia, andavano a prendere porta a porta i rugbisti più piccoli per portarli ad allenarsi o in trasferta. È difficile che si sia trattato di autocombustione: il veicolo non aveva la batteria ed era fermo da tempo, come le attività nel grande campo che guarda ai palazzoni popolari. Un po' perché il Covid-19 ha bloccato tutto, e poi perché i lavori di rifacimento del prato – che un giorno sarà piano e di erba sintetica – sono in ritardo di anni, ormai.

"Non sappiamo chi possa essere stato, ma ormai gli atti vandalici abbiamo smesso di contarli", racconta a Fanpage.it Mirko Saraceno, 24 anni e presidente dell'associazione sportiva. Da quando aveva 12 anni, Mirko frequenta Librino almeno tre volte a settimana. Per andare a giocare a rugby fa il percorso inverso a quello che ci si aspetterebbe in un luogo fatto di case popolari e pochissimi servizi: parte dal centro di Catania e si sposta verso la periferia. Adesso Mirko allena l'under 14 e si prepara a crescere le nuove generazioni. "Quando uno è piccolo, non si accorge di quello che veramente fanno i Briganti". Cioè insegnare uno stile di vita, un modo di pensare, un'alternativa alla vita di un quartiere complesso, raccontato più per la droga che per la palla ovale.

"Io vivevo a Librino – aggiunge Salvo Cantarella, coetaneo di Mirko e rubgista anche lui – Poi, con la mia famiglia, ci siamo trasferiti. Librino non è solo cose brutte. È anche cose belle. E per me, quando ero piccolo, l'unica cosa bella erano i Briganti rugby". Lo sport che migliora le periferie, pare un cliché ma è vero. Eppure la pandemia ha fatto percepire come abbandonato, di nuovo, quell'impianto sportivo che è rinato con un'occupazione: il 25 aprile 2012, l'inizio dell'avventura al campo San Teodoro liberato. La situazione della squadra sportiva negli anni è cambiata: l'occupazione è diventata un affidamento pubblico, i progetti per rifare il prato in erba sintetica si sono trasformati in un appalto. Ma attorno resta il deserto e pure i lavori sono sempre in ritardo.

"Se ci hanno bruciato il pulmino per noi è un successo – commenta Giusy Sipala, giocatrice delle Brigantesse, la formazione femminile, e vicepresidente dell'associazione – Perché vuol dire che stiamo dando fastidio a qualcuno. L'insuccesso, invece, è delle istituzioni". Il 24 aprile, nella notte, qualcuno ha divelto, del tutto indisturbato, la porta blindata che dà accesso alla palestra. C'è voluto tempo ed energie e oltre settemila euro di materiali sono stati trafugati. La porta è stata sostituita e, la notte del 15 maggio, l'incendio ha distrutto il furgoncino. Online è partita una raccolta fondi per ricomprare il maltolto e dare una mano all'associazione, ma oltre a questo sarà necessario "rimboccarsi le maniche, come ogni volta", sorride Saraceno.

Nel frattempo, sotto il portico, un gruppo di ragazzini fa avanti e indietro con i motorini elettrici. "Non ci posso giocare a rugby, sono troppo piccolo, appena mi toccano mi fanno volare", dice uno di loro, in dialetto. "Perché, io ti sembro grosso?", domanda Mirko. Per giocare bastano un paio di pantaloncini e una maglietta a maniche corte, il resto si impara. L'appuntamento è per l'indomani alle 16. Alla fine, si convincono in tre. "Quattordici anni – li rassicura il presidente dell'associazione – vi allenate con me".

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