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Casteldaccia, il dramma di Giuseppe: “Ho perso tutto, nessuno ci ha detto che era pericoloso”

Le due famiglie distrutte dalla tragedia siciliana avevano affittato la villetta per trascorrere insieme alcuni momenti di festa in allegria senza sapere di essere in una trappola mortale. “Ma se quella casa era pericolosa, se lì non si doveva stare, perché non ci hanno avvertito?” si chiede ora Giuseppe Giordano sopravvissuto al dramma mentre vedeva morire la sua intera famiglia.
A cura di Antonio Palma
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Come hanno confermato dallo stesso comune, quella casa spazzata via dalla piena del fiume Milicia, a Casteldaccia, in provincia di Palermo, era abusiva e andava demolita proprio perché costruita tropo vicina al torrente. Eppure nessuna delle nove vittime che si trovavano dentro l'abitazione pare sapesse che stare lì era pericoloso. Le due famiglie distrutte dalla tragedia siciliana, imparentate tra loro, infatti avevano affittato la villetta  per trascorrere insieme alcuni momenti di festa in allegria e spensieratezza senza sapere di essere in una trappola mortale. Erano arrivati in quel villino un paio di giorni fa per il ponte di Ognissanti. Tra tavole imbandite e regali per i più piccoli, si erano divertiti tra karaoke e balli senza sapere che di lì a poco una ondata di acqua e fango li avrebbe travolti.

"Nessuno ci aveva avvertito, nessuno ci ha detto che era pericoloso" ripete ora continuamente uno dei sopravvissuti alla tragedia, il 35enne Giuseppe Giordano, rimasto per ore aggrappato ad un albero in attesa dei soccorsi senza poter fare nulla per salvare la sua famiglia e gli amici.  Giuseppe ha visto morire la moglie, la 32enne Stefania Catanzaro, il figlio 15enne Federico e la figlioletta Rachele di appena un anno, ma anche i genitori Antonino e Matilde, la sorella Monia con il figlio di tre anni Francesco e il fratello Marco, oltre alla nonna di Francesco, Nunzia. Ora gli è rimasta solo l'altra figlia, Asia, 12 anni, salva perché quando l'acqua e il fango hanno distrutto la villetta era andata con la cugina Emanuela e lo zio Luca, marito di Monia, a comprare dei dolci.

"All'improvviso si è fatto tutto scuro, sul pavimento abbiamo visto avanzare una striscia di fango. Ci siamo affacciati, c'era il tombino che stava come venendo avanti. Siamo corsi nell'altra stanza, mio figlio Federico, quello grande, ha preso la mia bimba di un anno, mi ha detto la tengo io, Rachele. Andiamo, andiamo ho urlato. È scoppiata la finestra. Rachele è morta, Federico è morto mentre tentava di salvarla, penso sia un eroe" ha raccontato Giuseppe, ricordando quei terribili momenti: "Ricordo che ho preso le chiavi della macchina, dovevamo fuggire, ho aperto una porta e sono entrati acqua e fango. Io sono finito fuori, su un albero, mi sono aggrappato. Ho urlato, è stato inutile, poi è tornato mio cognato, che ha dato l'allarme". "Ora sono solo, è rimasta solo mia figlia. Non voglio fiori, i fiori erano Rachele e Federico, era mia moglie, adesso non ci sono più. "Ma se quella casa era pericolosa, se lì non si doveva stare, perché non ci hanno avvertito?" si chiede ora l'uomo distrutto dal dolore.

"Villa andava abbattuta, nessuno stop del Tar"

Proprio su quella villa si concentrano ora le attenzioni della magistratura. Secondo l'amministrazione comunale c'era un ordine di abbattimento bloccato da un ricordo al Tar presentato dai proprietari. Una tesi però smentita da Consiglio di Stato secondo il quale il Tar di Palermo non ha mai sospeso l'ordine di demolizione della villetta abusiva di Casteldaccia". "Non può sostenersi che la semplice presentazione di ricorso sia di per sè sufficiente a bloccare l'efficacia dell'ordine di demolizione. In ogni caso, nel 2011 il giudizio al Tar si è concluso e l'ordinanza di demolizione del sindaco non è stata annullata; né il Comune si è mai costituito in giudizio. Quindi, in questi anni l'ordinanza di demolizione poteva – e doveva – essere eseguita", si legge infatti in una nota del massimo organo della Giustizia amministrativa.

"Nel 2008 abbiamo emesso un'ordinanza di demolizione dell'abitazione abusiva contro cui poi i proprietari dell'immobile avevano fatto ricorso al Tar e per cui il Comune non fece ricorso a sua volta, entro un anno, perché farlo costava 5mila euro e noi non ce lo potevamo permettere, non abbiamo quelle risorse, ci sono decine di ricorsi ai quali dovremmo opporci e non abbiamo risorse per poterlo fare" ha spiegato il sindaco, aggiungendo: "Ci sto mettendo la faccia di nuovo perché non deve passare che il mio paese è paese di abusivi. Sto acclarando le situazioni simili. Ora ho chiesto al presidente della Regione Sicilia di darmi le risorse che ci servono per abbattere quello che si deve abbattere, purtroppo in Italia se non accade la tragedia non si agisce".

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