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Boss scarcerati, Santino Di Matteo: “Ho perso mio figlio Giuseppe, a cosa è servito?”

Sui provvedimenti che nelle ultime settimane hanno portato alla scarcerazione di numerosi detenuti per l’emergenza Coronavirus, si è espresso, in un’intervista a Fanpage.it, Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia. “State scherzando? Io ho fatto una lotta, sono trent’anni che collaboro, ho perso mio figlio. Ora escono per ricominciare tutto da capo, a che cosa è servito?”.
A cura di Redazione
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"Per me lo Stato sta facendo una grande cazzata, queste persone che stanno per uscire, se mandavano dal carcere stesso dei segnali fuori, pensa se stanno a casa". Sui provvedimenti che nelle ultime settimane hanno portato alla scarcerazione di numerosi detenuti per l'emergenza Coronavirus, si è espresso, in un'intervista a Fanpage.it, Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia. Tra i detenuti scarcerati, tra cui molti esponenti della mafia, c'è anche uno dei sicari di suo figlio Giuseppe di Matteo, ucciso sciolto nell'acido all'indomani del pentimento di suo padre, che oggi si sfoga con Fanpage, scagliandosi contro lo Stato che "ha dimenticato i morti innocenti", appellandosi al presidente Mattarella, affinché prenda il controllo della situazione.

"Quello ha 80 anni, quell'altro ha il Covid. Avete fatto uscire tutti, si organizzano di nuovo, succederà un casino. Se succede qualcosa non devono dire ‘ah è successo', devono dire: colpa nostra". "State scherzando? Io ho fatto una lotta, sono trent'anni che collaboro, ho perso mio figlio. Ora escono per ricominciare tutto da capo, allora che abbiamo fatto? Abbiamo fatto schifo. Se fanno uscire Leoluca Bagarella? Quando lo riprendono?".  L'11 gennaio 1996, all'età di quindici anni e dopo due di segregazione, Giuseppe Di Matteo veniva strangolato a morte per mano di Giovanni Brusca. Il piccolo era stato rapito per ricattare suo padre Santino, tra i killer delle stragi di Capaci che stavano collaborando con la giustizia. Quando si accorsero che non avrebb fatto dietro front, i carcerieri di Giuseppe decisero di uccidere il bimbo nel nascondiglio dove lo tenevano prigioniero a Palermo.

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