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Autostrade, il manager cercava di far sparire le carte su Ponte Morandi: “Porta un trolley grosso”

Nelle carte dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’ex Ad di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, emerge anche come Donferri, dopo il suo licenziamento, ha provato a sottrarre documentazione presente in ufficio in modo da sviare le indagini, contattando persone di fiducia, come la sua segretaria.
A cura di Susanna Picone
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La Guardia di Finanza ha eseguito una serie di misure cautelari nei confronti di ex vertici e di alcuni degli attuali manager di Autostrade per l’Italia. Ai domiciliari sono finiti l'ex Ad di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci, Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, rispettivamente ex responsabile manutenzioni e direttore centrale operativo dell'azienda. I tre attuali dirigenti interdetti per 12 mesi sono Stefano Marigliani, Paolo Strazzullo e Massimo Meliani. L’inchiesta coordinata dalla procura di Genova è scattata un anno fa dopo l'analisi di alcuni dei documenti acquisiti nel corso dell'indagine sul crollo del ponte Morandi a Genova.

Come Donferri faceva sparire i documenti

Nelle 106 pagine di ordinanza scritte dal gip Paola Faggioni si trovano dichiarazioni e intercettazioni choc. Le barriere fonoassorbenti non vennero cambiate "per evitare le ingenti spese che avrebbe comportato”. La resina usata per le barriere fonoassorbenti non aveva il marchio CE ma, come dice un indagato, "sono incollate con il Vinavil" mentre altre si sono "sbragate". Emerge anche come Donferri voleva far sparire i documenti: in piena inchiesta sul crollo chiama un collaboratore, M. B.. La telefonata risale al 17 settembre del 2019. Nelle carte si legge che è “particolarmente allarmante” la condotta tenuta da Donferri all’indomani del proprio licenziamento “volta alla sottrazione, all’insaputa di Aspi, di documentazione presente in ufficio e relativa al Polcevera al fine di sviare le indagini, contattando persone di fiducia”.

Le telefonate tra Donferri, il collaboratore e la segretaria

Nella telefonata a B. Donferri dice: "Portati un bel trolley grosso cominciamo…devo comincia a prendere l'archivio là del Polcevera quella è roba mia”. L’altro risponde: “Sì va bene, io uno a disposizione ce l’ho è capiente ma non è enorme”. E Donferri: “…un cosetto al giorno tanto sono scatole di legno tu fai la foto alla scatola di legno ti stampi la foto e la roba che ci sta dentro…un poco al giorno”. “Ok va bene…”, replica B.. Il manager gli dà appuntamento: "Ci vediamo a Viale Europa, ti offro un caffè, una volta a sera…". Poi, si legge nelle carte, “il predetto ha inviato alla propria segretaria Nadia Spione, tramite whatsapp, la richiesta di sottrarre di nascosto della documentazione e poi raccomanda alla predetta di cancellare i messaggi per evitare che gli stessi potessero essere acquisiti dalla pg”. L’indagato contatta la segretaria il 19 settembre 2019, lei dice di non riuscire "a trovare la cartellina verde…". E lui: "…Allora se tu vai sul…ma devi fare tutto da sola…e chiuditi la porta". Nell’ordinanza il gip scrive che Michele Donferri Mitelli ha la straordinaria capacità di esercitare forti pressioni e di condizionamento anche sulle forze dell'ordine, tanto da spingere il generale dei carabinieri Franco Mottola a chiedere l'intervento dei colleghi di Genova per proteggere Castellucci durante l'interrogatorio.

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