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Appendicite scambiata per infezione e la bimba di 5 anni muore: Asl condannata a maxi risarcimento

Il caso risale al 2017. Alla piccola di 5 anni, di Cattolica, un giovane medico diagnosticò un’infezione urinaria non rendendosi contò della gravità della situazione. La piccola morì pochi giorni dopo. Ora sono arrivate le condanne.
A cura di Biagio Chiariello
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 Teresa è morta a soli 5 anni per un'appendicite non diagnosticata, un errore medico le cui colpe sarebbe da attribuire alla dottoressa del pronto intervento dell’ospedale ’Cervesi’ di Cattolica, in provincia di Rimini. Ed ora l'Asl è stata condannata a un maxi risarcimento di oltre 800mila euro.

Il caso risale al 17 luglio del 2017: il medico secondo quanto accertato non curò l'appendicite di Teresa, 5 anni, anzi non la riconobbe e la trattò come un'infezione urinaria, e la piccola paziente tre giorni dopo morì. La professionista, difesa dall'avvocato Mattia Lancini, è stata ritenuta colpevole di omicidio colposo per colpa medica e condannata a un anno (pena sospesa).

Secondo la consulente della procura, la bimba è deceduta per le conseguenze di una peritonite, e sarebbe invece sopravvissuta se la dottoressa l'avesse trattenuto in osservazione oppure inviata  al pronto soccorso pediatrico di Rimini. Sempre secondo l'accusa,  fu l'inesperienza della dottoressa del primo soccorso di Cattolica, 29enne all'epoca dei fatti, quindi alle prime esperienze e la mancanza di strumenti per la diagnostica avevano condotto a un fatale esito.

La tragedia si sarebbe consumata dopo nemmeno due giorni – alle prime ore del 20 luglio – Teresa aveva accusato un improvviso malore per poi perdere conoscenza. A stroncarla fu una setticemia diffusa a seguito di una peritonite retrocecale, come specificato dall’autopsia, sulla via del ritorno in Pronto soccorso in ospedale.

Il personale del nosocomio riminese, nonostante tutti i disperati tentativi, non era riuscito a rianimarla e, alla fine, il medico si era dovuto arrendere e dichiararne il decesso.

In sede di giudizio penale, il giudice di primo grado ha anche condannato l'Ausl un risarcimento di 270mila euro per ognuno dei genitori della piccola e 170mila euro per il fratellino.

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