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A processo quattro giovani che dall’Italia finanziavano il gruppo che ha rapito Silvia Romano

Due cittadini somali e due etiopi avrebbero raccolto soldi in Italia per finanziare appartenenti e affiliati a gruppi terroristici come Al Shabaab e Ogaden National Liberation Front, operanti in Somalia e Etiopia. Per questo sono stati accusati dalla Procura distrettuale di Bologna ed è stato chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento di condotte con finalità di terrorismo.
A cura di Ida Artiaco
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Silvia Romano
Silvia Romano. 

Avrebbero raccolto soldi in Italia per finanziare appartenenti e affiliati a gruppi terroristici come Al Shabaab e Ogaden National Liberation Front, operanti in Somalia e Etiopia e autori, tra le altre cose, del rapimento di Silvia Romano, la cooperante 25enne di Milano rientrata in Italia il mese scorso dopo quasi un anno e mezzo di prigionia. Per questo quattro giovani, due etiopi e due somali, sono stati accusati dalla Procura distrettuale di Bologna ed è stato chiesto per loro il rinvio a giudizio per finanziamento di condotte con finalità di terrorismo. Nello specifico, si tratta di un cittadino somalo e due etiopi, tutti 23enni che si trovano in carcere a Nuoro, Cagliari e a San Vittore. I tre vivevano tra Lombardia e Piemonte ma avevano contatti anche in Emilia Romagna. Ora sono chiamati a rispondere, in concorso, del reato di addestramento ad attività di terrorismo anche internazionale. A due di loro si contestano anche reati in materia di immigrazione clandestina in concorso con un un 29enne somalo che si trova agli arresti domiciliari nel Milanese, anche lui destinatario della richiesta di processo.

Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal pm Antonella Scandellari, il gruppo si muoveva in diverse regioni del Nord per raccogliere soldi da inviare ai combattenti del Corno d’Africa. L’antiterrorismo bolognese è arrivato a individuarli partendo da una serie di contatti che avevano nella zona di Forlì fin dal settembre 2018. Da qui è stato possibile ricostruire la raccolta e le transazioni per alcune migliaia di euro, denaro destinato, dal settembre di quell'anno, "a rafforzare l'attività delle organizzazioni combattenti e non governative" in Somalia e Etiopia, per l'acquisto di armi e munizioni. La Digos bolognese, durante le indagini e grazie alle perquisizioni, ha trovato le prove di una parte dei trasferimenti di denaro (6.900 dollari, 2.700 euro e 3.000 euro). Nelle carte dell’inchiesta ci sono poi alcuni elenchi di stranieri, residenti anche fuori Italia, che attraverso money transfer facevano arrivare in Somalia diverse centinaia di euro per sostenere "la causa dei nostri ragazzi che combattono in Somalia". Il gruppo aveva messo in piedi anche una rete di ingressi clandestini in Italia, i quali venivano poi accompagnati illegalmente oltre il confine svizzero.

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