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Antonio Calò, il professore che ospita i migranti a casa sua, invita Matteo Salvini a cena

“Voglio farle vedere che accogliere è possibile ed è una risorsa oggi”: così Antonio Calò, il professore di Treviso che da anni ha aperto le porte di casa sua a 6 profughi, invita Matteo Salvini a cena, per parlare di accoglienza e integrazione in vista delle prossime elezioni europee. Calò, dopo aver ricevuto il premio del cittadino europeo, ha deciso di candidarsi con il Partito democratico.
A cura di Annalisa Girardi
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In foto (da Facebook): Antonio Calò.
In foto (da Facebook): Antonio Calò.

"Gentile ministro Salvini, verrebbe a cena da noi?". Così Antonio Calò, professore di filosofia a Treviso, ora candidato con il Partito democratico alle prossime elezioni europee, ha deciso di affrontare il tema dell'accoglienza in vista del voto: invitando il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a cena nella sua casa dove da anni ospita sei profughi. Porte aperte contro i porti chiusi: un'esperienza diretta di integrazione in risposta alle politiche che contrastano l'immigrazione.

Questa è la mia famiglia, una famiglia che accoglie dal 2015 sei profughi e tre italiani. La mia storia è conosciuta, è diventata un modello di accoglienza e di convivenza costruttiva, senza violenza, senza porti chiusi e senza guadagni. Non sono un professorone, non sono l'élite: io sono popolo. Non voglio spiegarle nulla, ma farle vedere che accogliere è possibile ed è una risorsa oggi. Le porte sono aperte e noi siamo qui, la attendiamo".  Queste le parole pronunciate da Calò nel video, diffuso su Facebook: "Non possiamo più tollerare notizie false e azioni di odio sempre più incontrollate", continua il professore chiedendo un confronto con il vicepresidente del Consiglio leghista.

Alcuni anni fa, l'Europarlamento ha consegnato a Calò il premio del cittadino europeo, un riconoscimento attribuito ogni anno a coloro che si contraddistinguono per l'impegno e l'eccellenza in varie aree, tra cui quella dell'ospitalità, della solidarietà, della tolleranza, dell'integrazione e della cooperazione. Accogliendo sei profughi nella sua casa e coinvolgendoli a 360 gradi nelle attività familiari, il professore trevigiano ha ideato un progetto che si propone come soluzione concreta al problema migratorio attraverso uno semplice schema numerico, quello del "6+6×6". Alla provocazione per cui chi sostiene l'immigrazione dovrebbe "portarseli a casa propria", Calò risponde alla lettera e dimostra che un modello basato sulla "convivenza costruttiva", come la definisce il professore, è possibile.

Questo funziona grazie ad uno schema di assistenza, medico-sanitaria ma anche psicologico-educativa, per cui i richiedenti asilo vengono integrati nella famiglia prima e nella comunità locale poi. L'obiettivo finale è sempre quello dell'indipendenza, in primo luogo economica, per cui il migrante viene anche supportato nella formazione professionale e nella ricerca di un lavoro. "Quando propongo personale alle imprese lo faccio sulla base di due condizioni: se per quel posto concorre anche un italiano prima diano lavoro all’italiano e poi al ragazzo; l’azienda non può utilizzare l’immigrato per coprire maternità, ferie, cassa integrazione", ha spiegato Calò. Il risultato del suo impegno ha eroso molti pregiudizi che ci sono dietro alle possibilità di integrazione dei profughi: "Se fanno un contratto a tempo indeterminato a un ragazzo non italiano, dopo che io stesso dico di dare priorità agli italiani, allora vuol dire che ci sono dei lavori che gli italiani non vogliono fare. Questo indica che abbiamo bisogno degli immigrati". Il professore è stato anche insignito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del titolo di  “Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”

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