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Un americano per il dopo Minzolini? Intervista a Wolfgang Achtner

Il giornalista statunitense, forte della sua esperienza trentennale in reti come CNN e ABC News, si propone come successore di Minzolini: “In Italia non c’è un solo telegiornale onesto. Voglio riportare l’informazione e l’interesse dei cittadini al centro dell’attenzione dopo anni di buio”
A cura di Enrico Nocera
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Il giornalista statunitense, forte della sua esperienza trentennale in reti come CNN e ABC News, si propone come successore di Minzolini: "In Italia non c'è un solo telegiornale onesto. Voglio riportare l'informazione e l'interesse dei cittadini al centro dell'attenzione dopo anni di buio"

I direttori cambiano, i tg restano: uguali a loro stessi, rigidi, formali. L’informazione televisiva italiana non ha mai goduto di grandi slanci innovativi, in particolar modo quella delle reti Rai. Il tg1, orfano del berlusconismo in stile Minzolini, si è ora affidato all'interim di Alberto Maccari, in attesa di nuove schiarite sul fronte politico. Non è un mistero: il tg ammiraglio del servizio pubblico è storicamente legato alle stanze di Palazzo Chigi. Al mutare dei governi mutano i direttori. Formula che l’era Minzolini, definita dal presidente Rai Paolo Garimberti “La peggiore nella storia del tg1”, ha condotto nei meandri della propaganda diretta, più che dell’informazione imparziale.

L’ex “direttorissimo” è, però, solo l’ultimo di una lunga serie: il tg1 ha sempre combattuto battaglie partitocratiche, in nome degli interessi del Palazzo, più che della cittadinanza. Questa l’opinione di Wolfgang Achtner. Giornalista televisivo, documentarista, docente universitario: l’esperienza di Achtner si snoda lungo trent’anni di collaborazione con le più prestigiose reti televisive americane, come la CNN e la ABC News. Da sempre legato all’Italia, corrispondente dal Vaticano per la rete satellitare Press TV, il giornalista americano si propone ora come salvatore della Patria sulla poltrona che fu di Minzolini, attraverso un rilancio che trasformi la redazione in una “bottega rinascimentale, dove un tg1 Rai rinato potrebbe diventare un punto di attrazione per i migliori elementi del Paese, quelli che oggi vengono esclusi per fare posto a persone scelte sulle base della loro affiliazione politica invece che delle loro capacità”, come si legge nella lettera che Achtner rivolge al presidente Garimberti. Ma basterà la sua indiscussa professionalità e la trentennale esperienza nell’informazione televisiva, per scardinare un sistema giornalistico-politico consolidatosi fin dai primordi della televisione? E come accoglierà il giornalismo italiano, nel suo esasperato corporativismo, la candidatura di un collega “di fuori”? Fanpage ha rivolto qualche domanda in merito allo stesso Achtner.

Wolfgang Achtner

La sua è una provocazione o sta facendo sul serio?

Sono serissimo: io voglio ottenere quell’incarico. Vi sembra una follia? E allora riflettiamo sullo stato dell’informazione televisiva in questo Paese, dove chi non è affiliato ai partiti viene messo da parte dal sistema e dove nessuno tutela gli interessi dei cittadini .

Nella lettera inviata al presidente Garimberti, infatti, viene sottolineato come Lei sia un professionista “politicamente indipendente”. Non crede che questo, più che un vantaggio, possa costituire un problema per l’ingresso alla Rai, azienda storicamente legata ai partiti?

Questo è la contraddizione principale del sistema, che io vorrei venisse affrontata in maniera trasparente e risolta una volta per tutte. Non è un mistero che i giornalisti, nei tg della Rai, vengano assunti in base all’affiliazione politica e, quindi, sanno che per fare carriera devono curare gli interessi dei loro “sponsor” politici. La conseguenza di questo stato di cose è che i tg della Rai sono qualitativamente scadenti perché non c’è nessuno in grado di produrre un servizio conforme allo standard qualitativo giornalistico/tecnico dei principali telegiornali mondiali, come BBC, CNN, Al Jazeera, tanto per fare alcuni nomi. L’aspetto più grave di questa situazione sta nel fatto che i tg Rai trasmettono propaganda invece di informazione. Se chiedeste ai colleghi giornalisti delle grandi reti mondiali cosa pensano dei tg Rai, vi direbbero che nessuno delle persone che ci lavorano, direttori compresi, potrebbe durare più di mezz’ora in un vero telegiornale.

Si riferisce al tg1 in particolare?

No, questa situazione è comune a tutti i tg italiani, incluso quello di La7. Perlomeno, quel tg non è fazioso ma, premesso che era cosi prima dell’arrivo di Mentana, questo non basta. Occorrerebbe adeguare i tg anche dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro. In Rai, di solito, escono 4 o 5 persone per fare lo stesso tipo di servizio e, salvo rarissime eccezioni, nessuna di queste persone ha una preparazione tecnica adeguata, per cui non sono capaci di fare buone riprese. Se aggiungiamo il fatto che ognuna delle tre testate invia una propria squadra per coprire gli stessi avvenimenti, è facile capire che c’è un’enorme spreco di risorse. Nella situazione attuale tutti i tg italiani – pubblici o privati – si assomigliano e non c’è una vera concorrenza sul prodotto: a variare leggermente è solo la quantità e la coloritura della propaganda trasmessa nei servizi, tutti ugualmente scadenti dal punto di vista tecnico e tutti interessati, invece che al Paese, a ciò che succede nel “Palazzo”. Questi telegiornali sopravvivono soltanto perché il telespettatore italiano medio non è in grado di fare un confronto con gli ottimi tg esteri, pure se oggi sono disponibili sulla piattaforma satellitare o su Internet, perché la maggioranza degli italiani non parla una lingua straniera.

Questa informazione scadente di cui parla si ripercuote anche sulla vita democratica del Paese?

Certamente. Esiste un nesso strettissimo tra la democrazia e una buona informazione: la prima non può esistere senza la seconda. E’ indubbio che l’attuale situazione politica italiana dipende anche, in larga misura, dal fatto che, in questo Paese, ai cittadini è mancata una buona informazione, in particolar modo quella televisiva. Questo è un punto fondamentale perché la televisione resta la principale – quando non l’unica – fonte d’informazione per la maggioranza dei cittadini italiani. Considerato, quindi, che i tg Rai non sono prodotti per tutelare gli interessi dei cittadini dobbiamo concludere che gli italiani vengono defraudati di un bene prezioso.

Una degenerazione, quella dell’informazione Rai, cominciata negli ultimi anni?

Chiariamo: per quanto concerne l’informazione, non c’è mai stata un’età d’oro della Rai e la situazione attuale non è solo colpa di Minzolini, tanto per capirci. In tal caso, il problema di fondo nel giornalismo italiano è la mancanza di onestà e non la carenza tecnica. Qualora i telegiornali italiani fossero tecnicamente perfetti, resterebbero comunque faziosi. Ecco, io vorrei proporre un modello d’informazione alternativa a quello “tradizionale”.

E su cosa si basa questa proposta di riforma del tg1?

Semplice: fare un telegiornale onesto. Come prima cosa, vorrei recuperare quei buoni giornalisti che al tg1 ci sono e che sono stati emarginati dai direttori precedenti perché non erano disposti a produrre propaganda. Io potrei insegnare a tutti come si producono servizi televisivi di ottima qualità e vorrei creare una struttura efficiente, paragonabile ai migliori tg esteri, dove i giornalisti e i tecnici potessero essere orgogliosi del proprio lavoro. Qualora fosse possibile assumere nuove persone, vorrei che queste venissero scelte sulla base dei meriti effettivi e, quindi, cercherei persone capaci e desiderose di diventare “veri” giornalisti. Credo che un telegiornale così strutturato potrebbe diventare una specie di bottega rinascimentale e costituire un punto d’attrazione per i migliori giornalisti televisivi e i migliori documentaristi italiani e un luogo dove i giovani potrebbero imparare il nostro bellissimo mestiere. Questa è una proposta semplice, che per l’Italia sarebbe rivoluzionaria.

Ma come fare per mettere in pratica idee così ambiziose? Tanto per chiarirci: com’è stata accolta la sua iniziativa fra i suoi colleghi italiani?

Il CdA della Rai non ha ancora deciso chi sarà il nuovo direttore del tg1, quindi spero di portare un barlume di razionalità dopo anni di buio. Per quanto riguarda i miei colleghi italiani, vorrei che si sapesse che ho inviato una documentazione esauriente riguardante la mia proposta a tutti i principali media e trovo sconcertante questo blackout totale al riguardo. Se confronto questo silenzio con la copertura entusiasta che c’e’ stata quando un mio ex-collega della CNN è stato assunto per condurre un programma sulle reti Mediaset, credo di capire che il comportamento di questi media dipenda dal fatto che la mia candidatura venga vista da qualcuno come un “attacco” di un nemico ”esterno”, in quanto non appartengo alla corporazione dei giornalisti o al cosiddetto “partito Rai”, mentre l’assunzione del collega – decisa dall’azienda – fu vissuta come un evento “interno” a questi mondi.

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