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Torna l’incubo aviaria in Italia: 600 tacchini morti in Veneto

Il focolaio della malattia a Giare di Mira, in provincia di Venezia.
A cura di Davide Falcioni
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Torna in Italia l'incubo dell'influenza aviaria. Dopo il primo caso, segnalato a Grado, l'Oie (Organizzazione mondiale per la salute animale) ha reso noto di aver individuato un vero e proprio focolaio a Giare di Mira, in provincia di Venezia, dove a rischio di contrarre l'epidemia sono 20.500 tacchini, 600 dei quali sono già morti a causa del virus. Alvise Maniero, sindaco della città, ha già emesso un'ordinanza per abbattere i capi di bestiame e contenere in questo modo la diffusione della malattia. L’allevamento era già posto sotto sequestro il 21 gennaio, in attesa della conferma della positività.

L'influenza aviaria si è diffusa in Europa e in Medio Oriente a partire dalla fine del 2016 e da quel momento sono stati abbattuti centinaia di migliaia di capi di bestiame. Da alcuni giorni l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è in allerta massima a causa della rapida diffusione di focolai in quasi 40 Paesi dal settembre scorso. "Chiedo ai Paesi di vigilare attentamente sui focolai di influenza aviaria nel pollame e sui casi che riguardano le persone e possano essere associati ad essi", ha affermato la direttrice generale, Margaret Chan, sottolineando che in due casi non è stato possibile escludere il contagio tra persone. Quello della provincia di Venezia  è il primo focolaio nel pollame domestico in Italia da quando è ripartita la nuova epidemia.

Fortunatamente la diffusione dell'epidemia in Italia non è ancora ai livelli di Germania e Francia, dove sono stati abbattuti rispettivamente 77mila e 800 mila polli, tacchini e anatre. L'influenza aviaria, trasmessa dagli uccelli migratori, non è pericolosa per gli esseri umani  ma ha prodotto danni serissimi all’economia francese che teme di perdere fino a 80 milioni di euro. Il virus in Europa ha toccato Croazia, Austria, Danimarca, Olanda, Finlandia, Polonia, Gran Bretagna, Romania, Serbia, Repubblica Ceca, Svizzera, Ungheria, Svezia, Slovenia e ora anche l’Italia.

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