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Opinioni

Noam Chomsky: “Siamo stufi dei politici, rappresentano solo i super ricchi”

Intervistato da Fanpage.it a margine del convegno internazionale di fisica “Dice2016” a Castiglioncello, l’attivista e teorico politico Noam Chomsky dice la sua su campagna presidenziale americana, presidente turco Erdogan e cambiamenti climatici.
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Avram Noam Chomsky
Avram Noam Chomsky

Fino a domani, venerdì 16 settembre, il Castello Pasquini di Castiglioncello in provincia di Livorno, presenta l'ottava edizione del convegno internazionale di fisica "DICE2016", che quest'anno è dedicato al rapporto spazio tempo, materia e meccanica quantistica.

Quasi cento scienziati ed esponenti di spicco della ricerca fisica mondiale, promosso dal Dipartimento di Fisica "Enrico Fermi" dell'Università di Pisa. Un team di organizzatori internazionale, coordinati dai professori Hans-Thomas Elze e Leone Fronzoni.

Tra i relatori spicca la presenza del fiorentino Gabriele Veneziano (Cern di Ginevra), il più premiato fisico teorico italiano degli ultimi anni, che ha scoperto la "teoria delle stringhe", e il fisico canadese William George Unruh, collaboratore di Stephen Hawking, cui si deve la scoperta dell'"effetto Unruh".

Tra i diversi fisici di prestigiose istituzioni scientifiche europee, statunitensi e del resto del mondo, ieri è intervenuto in un panel riservato alla stampa uno degli intellettuali pubblicamente più impegnati della nostra epoca, il linguista, filosofo e scienziato cognitivo Noam Chomsky, professore di linguistica al Massachusetts Institute of Technology – Mit di Cambridge, attivista e teorico politico, a cui Fanpage.it ha potuto rivolgere qualche domanda su questioni di carattere internazionale.

Signor Chomsky, partiamo dalle elezioni presidenziali negli USA. Tra la polmonite di Hillary Clinton e la presunta demenza senile di cui è stato accusato qualche mese fa Trump, come possiamo definire lo "stato di salute" della democrazia americana?

(Ride). L’insoddisfazione del popolo americano verso le istituzioni negli Stati Uniti è molto estesa. Se chiedeste un'opinione sui membri del Congresso, la maggioranza delle persone vi dirà che sono tutti da buttare.  Se chiedete delle banche, risponderanno la stessa cosa, così come delle grandi Corporation o del Governo, che tutti odiano. L’unica istituzione che sembra essere sempre rispettata è quella militare. Il 70% della popolazione, quella col reddito più basso, non trova nessuna relazione tra le proprie opinioni e quelle dei rappresentanti politici. Naturalmente, più su ci spostiamo verso l'alto nella scala sociale, più troviamo corrispondenza tra quell’1% dei più ricchi e i politici.

Questo vulnus di rappresentatività cosa genera?

Un effetto tremendo, che in Europa conoscete perfettamente: i principali partiti di governo crollano, c’è un violento declino della democrazia e le decisioni finiscono per essere prese a livello amministrativo dai burocrati. Si creano così disillusione e rabbia, che si mostrano in modi anche piuttosto spaventosi in certi casi: penso al partito neo nazista canadese, alle elezioni in Austria. Un po’ la stessa cosa accade anche negli Stati Uniti, in misura minore queste elezioni sono sorprendenti: Hillary Clinton è una figura politica mainstream, è una democratica, ma è anche ciò che in altri tempi si sarebbe chiamata una repubblicana moderna. Entrambi i partiti si sono spostati molto a destra nel periodo delle politiche neo-liberali, non ci sono partiti con identità riconoscibili.

Su quale terreno, in particolare, non nota alcuna differenza?

Il caso del cambiamento climatico è perfetto per descrivere questa situazione. I due candidati presidenti ne negano l’esistenza e perciò non sarà più discusso come una priorità per gli USA come per il resto del mondo. Donald Trump pensa che dobbiamo incrementare l’uso dei combustibili fossili, specialmente di carbone, dobbiamo eliminare le restrizioni, smantellare la COP21, e rifiutare ogni assistenza ai paesi poveri che tentano di investire nelle energie sostenibili. Nel giro di cinque anni potremmo arrivare a un punto di irreversibilità. La campagna di Trump sta facendo emergere situazioni analoghe a quelle del nord Europa con episodi di xenofobia, rabbia, paura. La popolazione bianca, che ha una forte tradizione di supremazia bianca, è attraversata da un inquietante e nuovo fenomeno demografico: mentre continua a rimanere stabile la bassa natalità, c’è un aumento del tasso di mortalità tra i maschi bianchi della classe lavoratrice. Questo non era mai accaduto in un paese sviluppato e non in guerra, è un segnale spaventoso.

Tra i diversi spaventosi segnali della nostra epoca, c'è quello che sta accadendo in Turchia dopo il tentato golpe ai danni di Erdogan. Recentemente lei ha preso pubblicamente posizione in difesa degli accademici perseguitati per aver promosso un'iniziativa di pace per il Kurdistan. Dopo il tentato colpo di stato, la repressione di ogni forma di opposizione politica o culturale è peggiorata drammaticamente, e l'esercito di Ankara ha invaso il nord della Siria combattendo contro la popolazione curda.

È una lunga lunga storia che mi vede coinvolto direttamente da ormai trent'anni. Il conflitto risale agli anni Novanta: sono state perpetuate della atrocità innominabili, migliaia di persone uccise, centinaia di villaggi distrutti, centinaia di migliaia di persone in fuga. Tutte queste operazioni sono state appoggiate dagli Stati Uniti e da stati europei come Germania e Inghilterra. Tra le orribili atrocità ci furono anche processi sommari, come quello al mio editore del tempo, per un mio libro in cui erano contenute cinque pagine sulle repressioni in Turchia. Dopo un momento di maggiore tolleranza, nell’ultimo anno la repressione si è accentuata: ci sono stati feroci attacchi contro la popolazione curda, centinaia di intellettuali sono stati minacciati, licenziati, imprigionati. Gli attacchi in Siria, teoricamente contro l’Isis, si sono dimostrati rivolti in realtà ai curdo-siriani per impedire loro il controllo del confine con la Turchia.

In questo scenario, come valuta la posizione dell'Europa?

Ritengo sia vergognosa la poca attenzione dell’Europa, dovuta probabilmente alle ciniche negoziazioni che sta portando avanti con la Turchia per tenere lontani i profughi siriani. Gli Usa ne hanno accolti poco più di diecimila, un numero esiguo che rivela la profonda crisi morale di tutti i paesi occidentali. Che poi sono gli stessi, Italia inclusa, che hanno creato le condizioni per questo conflitto, e che hanno fornito armi e copertura diplomatica. In termini di responsabilità, è una crisi umanitaria davvero molto pesante che riguarda tutti i paesi Nato.

In seguito all’adesione agli appelli degli intellettuali turchi e curdi, e alle sue dichiarazioni sulle ambiguità del governo turco, lei è stato invitato dal presidente Erdogan a visitare il sud-est del paese. Accetterà l’invito?

No. Accetto inviti solo dalle persone che rispetto.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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