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La Russia raddoppia le spese militari (e la “guerra” sottomarina è già iniziata)

Due nuovi sottomarini della marina militare russa hanno preso il mare aggiungendosi al crescente dispiegamento di forze russe a livello internazionale e che proseguirà copioso nei prossimi mesi e anni. Le due unità rappresentano una piccola parte del piano di ammodernamento della Difesa voluta dal Cremlino ed è la risposta di Mosca ai piani d’espansione portati avanti da Washington dalla fine degli anni ’90.
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Ventiquattromila tonnellate di dislocamento sommerso. Centosettanta metri di lunghezza per un diametro di 13 metri. Centotrenta uomini di equipaggio e sedici missili Bulava armati, ognuno di essi, da dieci testate nucleari multiple indipendenti (cui si devono aggiungere sei Rpk-2 V'juga, missili nucleari per la guerra sottomarina). Questo, in estrema sintesi, il profilo del sottomarino – classe Borej – Aleksandr Nevskij, tra gli ultimi gioielli tecnologici della marina militare russa ad entrare in servizio attivo insieme al Severodvinsk, altra unità di profondità della marina di Mosca (unità d'attacco classe Yasen). Il dispiegamento delle nuove forze sottomarine con la Stella rossa rappresenta solo la punta dello sforzo militare russo che ha registrato, nel corso degli ultimi anni, un incremento non indifferente in termini di risorse allocate al compartimento della Difesa. Entro il 2020 è prevista la costruzione di sedici sottomarini (otto per entrambe le classi), con una spesa prevista per ogni Boreij pari a poco meno di 800 milioni di dollari, e del milione di euro per ogni Yasen. Briciole in confronto allo sforzo complessivo portato avanti dall'amministrazione di Vladimir Vlarimirovič Putin per ridare competitività, in termini operativi, al personale russo. Una delle principali riforma messe in atto nell'era Putin, a scapito secondo molti osservatori dei settore sociale e dell'istruzione, riguarda il piano decennale di modernizzazione degli armamenti lanciato nel 2010 e che prevede una spesa approssimativa di 640miliardi di dollari in dieci anni, finalizzato all'equipaggiamento e alla ristrutturazione delle forze armate nazionali.

Secondo gli esperti del settore Difesa la Russia, dal 2007 ad oggi, ha raddoppiato in termini nominali le spese militari incrementando del 18.4% le spese e diventando nel 2013 il terzo paese – dopo Usa e Cina –, impegnato in acquisti e spese nel comparto difesa. Lo sforzo bellico della Russia va necessariamente messo in relazione diretta al raffreddamento dei rapporti tra Mosca e, in ordine d'importanza, Stati Uniti e Europa (e dunque Nato), che nel corso degli anni hanno portato avanti politiche di fidelizzazione e acquisizioni territoriali e strategiche tutt'altro che gradite al Cremlino (si pensi, da una parte, alla penetrazione nord americana nei territori ex sovietici, dove le forze armate Usa hanno aperto basi operative vitali per tutte le operazioni in Medioriente ed Asia, ma anche all'entrata nell'Alleanza Atlantica dei paesi dell'ex Cortina di Ferro e dei legami con altri ex alleati di Mosca che hanno portato molta instabilità nelle ex Repubbliche federate). Dall'altro lato Putin non ha mai fatto mistero di voler tornare ad avere una Russia potente e temuta come nel recente passato sovietico, e nella visione d'insieme dell'ex Colonnello del Kgb, un passaggio necessario per raggiungere tale meta è rappresentato senza dubbio dal poter contare su una forza armata, nella sua complessità, altamente professionale, addestrata e capace di poter competere sul piano tecnologico con gli ormai ex amici atlantici.

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I recenti sviluppi in Crimea e Ucraina orientale, poi, non hanno fatto altro che acuire il clima di tensione e diffidenza tra Mosca e Washington. L'appoggio del governo di Barak Obama ai governi anti moscoviti, poi, ha solo accelerato un processo di allontanamento che in ogni caso era iniziato già iniziato da tempo (già dai dissapori sul cosiddetto “scudo spaziale”). Le due unità che hanno preso il mare nelle scorse ore, più le altre quattro in costruzione quest'anno, andranno a giocare un ruolo di primo piano nella questione Crimea, affaire dove Mosca ha esercitato nuovamente (dopo la guerra con la Georgia nel 2008), il proprio potere regionale. Secondo molti osservatori uno degli obiettivi legati alla costruzione delle nuove unità di profondità, così come quelle di superficie (si pensi alle due portaerei di produzione francese classe Mistral che saranno consegnate a breve a Mosca), rientrano nell'ottica del potenziamento del comando della Flotta del Mar Nero con base a Sebastopoli in Crimea. La costruzione, inoltre, di un'altra base poco distante – a Novij Rossisk, Russia meridionale –, fa intendere quanto Putin stia puntando, sia in termini di deterrenza che di operatività, sulla presenza di una forte flotta navale nelle acque del Mar Nero al fine di controbilanciare l'avanzamento occidentale in quei territori. E il dispiegamento, nelle scorse settimane, di circa 40mila militari russi nei territori confinanti con l'Ucraina fa supporre che, sebbene non ci sia – almeno così s'intuisce – la volontà di portare avanti un'invasione di terra dell'ex alleato ucraino, ci sia la determinazione di mostrare il più possibile i muscoli per evitare ogni ulteriore pressione sulla zona (e di certo dare una mano, per così dire, ai separatisti filo russi che traggono grande sostegno dalla massiva presenza dell'Armata rossa nelle loro vicinanze).

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La Nato, dal canto suo, ha risposto velocemente – forse persino troppo – sia in occasione degli eventi di piazza Maidan, Kiev, dove una frazione di dichiarati estremisti di destra ha acquisito il potere scacciando il tanto odiato (e senza dubbio corrotto) ex presidente Yanukovič, sia dispiegando imponenti quantitativi di uomini e mezzi a ridosso dei confini russi. In queste settimane, infatti, tutto si può dire tranne che le fondine siano rimaste serrate, contribuendo senza dubbio a far crescere la tensione nell'intera area dell'Europa orientale (e i vari appelli ad abbassare gli animi provenienti sia dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che dallo stesso Barak Obama, sembravano stridere con quanto avveniva sul campo). Basti pensare che la base polacca di Szczecin, dove ha sede il Multinational Corps Northeast Nato, è stata individuata come struttura strategica e diventerà un gigantesco deposito di armi, munizioni e uomini pronti ad agire con preavviso minimo. “Sarà un quartier generale attivo h24 – ha affermato a Napoli il generale Philip Breedlove, comandante in capo della Nato –, dove se necessario, il personale potrà giungere per equipaggiarsi opportunamente e rispondere agli eventuali bisogni operativi”. D'ora in poi, e nuovamente, serviranno nervi saldi, saldissimi per gestire in modo saggio e ragionevole il potenziale di morte e distruzione dei due paesi. Potenziale sempre più pericolosamente vicino e instabile.

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