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Opinioni

Garantire l’identificazione degli agenti di polizia: una scelta di civiltà e buonsenso

Buonsenso e civiltà vorrebbero che finalmente si approvasse la legge che garantisce la riconoscibilità e la possibilità di identificazione degli agenti di polizia. Reticenze ed ostracismi ne hanno finora ritardato finanche la discussione in Parlamento.
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Dopo una lunga attesa ed una serie di rinvii (l’ultimo, chiesto proprio dal Governo pochi giorni fa) dovrebbe essere discusso a breve il disegno di legge “disposizioni in materia di identificazione degli appartenenti alle forze dell’ordine”. Si tratta di una proposta presentata quasi due anni fa, che porta la prima firma del senatore di Sinistra Ecologia e Libertà Peppe De Cristofaro, cui si sono aggiunti i colleghi De Petris, Barozzino, Cervellini, Petraglia, Stefano, Uras e gli ex senatori del Movimento 5 Stelle Campanella e De Pin. La richiesta di una modalità semplice e precisa per “riconoscere” l’identità degli agenti di polizia (e non solo) durante l’intero arco di svolgimento delle loro funzioni, è da sempre legata ad episodi di cronaca, che evidenziano il comportamento non sempre esemplare delle forze dell’ordine.

Il punto è che, come scrive De Cristofaro nella premessa della proposta, “nel corso delle indagini tese a verificare le responsabilità individuali da parte della magistratura, in queste come in altre circostanze, è risultato essere particolarmente difficile se non impossibile risalire all’identificazione dei poliziotti in situazioni di ordine pubblico poiché lo stesso assetto delle Forze dell’ordine ne impedisce il riconoscimento”. Nonostante le tante polemiche degli ultimi anni (nate sulla scia di episodi di cronaca che solo con un eufemismo è possibile definire “spiacevoli”), infatti, la normativa vigente non prevede che gli agenti siano identificabili, in particolar modo mentre svolgono attività di “servizio d’ordine” durante manifestazioni, proteste o assemblee. Circostanze nelle quali, si legge nel ddl, “i princìpi inderogabili di legalità e trasparenza prevalgono su qualsiasi altra considerazione, per evitare che il legittimo impiego della forza possa trasformarsi in arbitrio o abuso”.

La richiesta è tutto sommato semplice:

  • l’operatore delle Forze di polizia che sia impiegato in servizi di ordine pubblico e non indossi l’uniforme prescritta è tenuto a portare indumenti (giacche, pettorine o altro idoneo) che lo identifichino univocamente e a distanza come appartenente alle Forze dell’ordine
  • i funzionari responsabili sono sempre tenuti ad indossare la sciarpa tricolore (o altro analogo previsto dai regolamenti, purché molto evidente anche a distanza)
  • l’identificazione del personale che indossa il casco protettivo mediante l’applicazione di contrassegni univoci sullo stesso
  • il divieto assoluto di indossare, da parte di agenti, segni distintivi propri di alcune professioni per le quali le norme e l’uso hanno sempre garantito speciali salvaguardie per assicurare la libertà di informazione, per quanto riguarda i giornalisti, o la libertà di movimento per quanti (medici, paramedici, vigili del fuoco) garantiscono i servizi di emergenza

Nulla cambierebbe invece per coloro che partecipano a manifestazioni o assemblee di piazza, dal momento che, come noto, la normativa prevede già il divieto di indossare caschi, maschere o altri mezzi di travisamento. Insomma, si tratterebbe semplicemente di fornire ulteriori strumenti di garanzia sulla correttezza e la trasparenza dell'operato delle forze dell'ordine: una richiesta di buonsenso e civiltà che proprio non si capisce per quale motivo è da tempo osteggiata. Anche perché, a ben considerare, la certezza del "riconoscimento" dovrebbe essere garanzia per gli stessi tutori dell'ordine pubblico, il cui prezioso lavoro viene spesso screditato da comportamenti individuali non sempre limpidissimi e da eccessi che rimangono spesso impuniti, alimentando un senso di sfiducia e di insicurezza tra gli stessi cittadini che si dovrebbe proteggere.

Il disegno di legge presentato:

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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