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Chi è l’artista del murale anti-Mondiali? Intervista a Paulo Ito

Abbiamo intervistato lo street artist brasiliano Paulo Ito, autore del murale sul Mondiali2014 più famoso del momento. Forse anche lui guarderà le partite, oppure approfitterà di quei momenti e delle strade deserte per dipingere altri murales.
A cura di Gabriella Valente
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È diventata l’immagine simbolo dell’anti-Mondiale, emblema delle proteste contro la FIFA World Cup del prossimo Brazil 2014.

Un ragazzino seduto a tavola, forchetta e coltello alla mano, piange davanti a un piatto dove c’è solo un pallone da calcio. L’immagine è forte e chiara, d’impatto, concisa ed eloquente. Ha fatto il giro del mondo sul web, riscuotendo un successo enorme e inaspettato. Tutto merito di Paulo Ito, il “pintor de rua”, lo street artist brasiliano, classe 1978, autore di quello che è il murale più famoso e discusso del momento. Lo abbiamo intervistato, e qui di seguito vi proponiamo la nostra conversazione, per conoscere meglio l’artista e i suoi lavori, per capire le ragioni dell’opera che lo ha reso noto nel mondo, per scoprire il suo pensiero sul calcio e sull’arte.

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D: Dove vivi? Dove lavori? Dove si possono ammirare i tuoi murales?

R: Vivo a San Paolo, nel quartiere di Pompéia e i miei lavori si trovano lì intorno, a Vila Madalena e nella zona ovest di San Paolo.

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D: Il murale del ragazzo che piange davanti a un piatto con il pallone da calcio è diventato famosissimo in tutto il mondo. Tu hai dato forma alla denuncia e alle proteste contro i prossimi Mondiali di calcio in Brasile. Ci racconti di quest’opera?

R: Quest’immagine riguarda la situazione generale del Brasile, le difficoltà della popolazione, il problema della povertà. Non accuso nessuno in particolare. Riconosco gli sforzi del governo brasiliano che sta cercando di combattere la miseria più di quanto faceva il governo precedente, ma c’è ancora molto lavoro da affrontare. I Mondiali portano complicazioni, sì, ma ci sono anche molti altri problemi in Brasile.

D: Dove si trova precisamente il murale con il ragazzo e il pallone da calcio?

R: A Pompéia in Rua Padre Chico. È dipinto sulla porta d’ingresso di una scuola.

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D: Le persone del posto come hanno reagito quando hanno visto il tuo dipinto?

R: Ho avuto un riscontro positivo da parte di tutti. In generale qui in Brasile piacciono molto i graffiti e solitamente noi che li realizziamo siamo apprezzati. Questa volta questa immagine alle persone è piaciuta ancora di più: credo che rispecchi e sintetizzi un pensiero comune sulla situazione attuale.

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D: E tu come hai reagito a questo successo? Avresti mai immaginato tale risonanza?

R: È stata una sorpresa per me. Avrei immaginato forse un buon riscontro sulla mia pagina facebook, ma non un successo di tali proporzioni. E ne sono felice.

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D: Tu sei un “pintor de rua”. Considerando che la tua pittura ha spesso carattere di denuncia, lavori clandestinamente come è nell’essenza originale della street art?

R: A volte sì, ma in realtà è troppo rischioso realizzare clandestinamente un lavoro articolato e di tante ore. Se sei in una situazione illegale, devi lavorare velocemente… Quindi io dipingo clandestinamente solo le cose più piccole e meno significative, ma spesso ho bisogno di tutte le risorse per esprimere il messaggio.

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D: Oltre ad essere un “pintor de rua”, fai anche lavori per musei e gallerie e per il mercato dell’arte privato?

R: Non proprio. Ho fatto tre esposizioni personali, l’ultima nel 2008, ma in verità non mi piace molto dipingere su tela, preferisco dipingere la strada. Quindi al momento non ho contatti con musei o gallerie. Se vuoi avere successo con i lavori da galleria, devi attuare una buona trasposizione dalla strada alla tela o altri supporti, e questo è difficile – e qualche volta per me noioso -, perché capita che, quando inizio a dipingere, inizio a domandarmi se le persone vorranno comprare quel lavoro, e questa non è una valida preoccupazione per me.

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D: Il tuo stile è sempre piacevole, allegro, quasi mai inquietante anche quando l’argomento è scottante o di denuncia. Da cosa nasce questo tipo di scelta estetica?

R: È la stessa domanda che le persone fanno a Sebastião Salgado, che racconta la miseria e i problemi con le sue immagini bellissime. Io credo che bisogna fare del proprio meglio per spiegare i problemi al pubblico. Quella dello stile è una caratteristica, potrei dire una qualità. In Italia avete il grande street artist Blu: lui usa un linguaggio molto semplice e bello ma contemporaneamente pieno di significati. Realizzare un’immagine che sia bella non è vietato, non è sbagliato; bisogna esprimersi nel miglior modo possibile, ciascuno prova a fare il meglio che può.

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D: Quale sarà la tua prossima opera?

R: Non lo so, sono un po’ preoccupato ora, ho una responsabilità! Forse potrei parlare dei Mondiali o possibilmente di turismo sessuale… È il giusto momento per parlare di questo. Ma devo prima avere un’idea che sia decisamente buona, non posso fare qualcosa con un’idea debole.

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D: Guarderai qualche partita dei Mondiali?

R: Credo di sì, non me lo proibirò in nome di chissà quale coerenza. Ho sentito dire questa frase: “il calcio è la cosa più importante tra le cose che non sono importanti” [Arrigo Sacchi, ndr]. Così considero il calcio. Non sono un fanatico, ma comunque seguirlo non sarebbe un crimine. Oppure probabilmente potrei anche sfruttare i momenti delle partite proprio per dipingere: non ci sarà nessuno per la città, le strade saranno vuote… Lo feci già durante gli ultimi due Mondiali e fu bello. Quello è un buon momento per fare cose clandestine!

Per tutte le immagini: Courtesy Paulo Ito

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