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Wondy, la commovente lettera del marito di Francesca Del Rosso

Il giornalista Alessandro Milan, marito di ‘Wondy’, ha pubblicato su Facebook una commovente lettera piena di amore e dignità per sua moglie. Francesca Del Rosso è scomparsa a soli 42 anni per cancro: “Hai perso la battaglia, ma hai trionfato”.
A cura di Redazione Cultura
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Francesca Del Rosso
Francesca Del Rosso

Se ne è andata presto, troppo presto Francesca Del Rosso. A soli 42 anni, maledizione. Per un tumore. Come ha scritto stamani su Facebook suo marito, il giornalista Alessandro Milan, in una lettera che è uno straordinario esempio di amore e dignità pubblica: "Wondy ha perso la battaglia – ha detto – Perché lei voleva vivere. Francesca amava follemente vivere. Di più: non ho mai conosciuto una persona più attaccata di lei alla vita. Sempre gioiosa, sempre sorridente, sempre ottimista, sempre propositiva, sempre sul pezzo, sempre avanti. In studio, a casa, c'è il faldone in cui ha raccolto sei anni di referti dellamalattia. Catalogata così: ‘Tumore franci'"

Tumore franci. Che persona doveva essere Francesca Del Rosso? Straordinaria, autoironica, altruista. Così come ci racconta suo marito:

Poco prima di andarsene, tra i sospiri, ha detto a un medico: "Siamo vicini a Natale, se non erro. Se lo goda tanto, lei che può. Io purtroppo sono qui". Però, dopo mezz'ora, mi ha chiesto se il tal primario che tanto le vuole bene avesse dei figli. "Ma perché lo vuoi sapere?" E non scorderò mai quel gesto lento delle mani che roteano e la bocca che si corruccia. "Così… gossip". Questa era lei. Altruista fino all'estremo. Curiosa con purezza.

Tutto questo, naturalmente, non basta a lenire il dolore della perdita. Soprattutto oggi, che è il giorno del dolore.

Franci. Moglie mia, hai perso la battaglia dunque. Ma hai lasciato tanto. A me due splendidi bambini, al mondo una forza incrollabile, una positività che emanava luce. Sfido chiunque ti abbia conosciuta a raccontarmi una volta in cui ti ha vista o sentita piegata dalla vita.

E poco più giù:

Mai una piega storta sul tuo volto. Eppure di motivi ne avresti avuti, eccome. Harry, hai vissuto un tale calvario negli ultimi sei anni… Un calvario vero, nascosto a tutti, celato dietro a uno sguardo luminoso e sbarazzino e a una cazzuta voglia di reagire. Non ricordo neppure quante operazioni hai subito, quante menomazioni fisiche, quante violazioni del corpo. Non so quante medicine tu abbia preso, quante infusioni di chemio, quante pastiglie, quanti buchi nelle vene, quante visite. Non ne hai mai fatto pesare mezza. A me, prima di tutto.

Per questo, ti ringrazio.

Non ti è stato risparmiato neppure un briciolo di strazio finale. E quando hai alzato entrambi gli indici delle mani al cielo dicendo "ma perché è così faticoso arrivare lassù?", beh sappi che ti ci avrei portata in braccio.

Qualche anno fa, appena pubblicato il libro "Wondy, ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro" (Rizzoli, 2014), Francesca Del Rosso fu invitta da Daria Bignardi a "Le invasioni barbariche" su La7. Fu un'intervista molto bella, in cui la Del Rosso profuse ogni energia nel raccontare la sua esperienza e dare forza agli altri, ai tanti, invisibili malati di cancro che forse la stavano guardando da casa. Eppure, ci svela il marito di Wondy nella sua lettera pubblica, nemmeno in qui giorni la sua Franci stava bene:

Sì, è vero, Wondy ha perso la battaglia. Ma ha anche trionfato. Perché il mio Harry ha combattuto il tumore proprio da Wonder Woman. Ora vi svelo una cosa che quasi nessuno sa: tre giorni prima di presentarsi alle ‘Invasioni Barbariche' da Daria Bignardi ricevette l'ennesima brutta notizia. Una recidiva, l'ennesima operazione, la radioterapia in vista. Ricordo i consulti nel lettone: che si fa, vado? Non vado? Io le dissi che avrebbe potuto annullare tutto, avrebbero capito. Al solito, fece di testa sua. Andò in tv con un unico obiettivo: ‘NON devo piangere, a nome di tutte le donne'. E alla inevitabile domanda "Ma ora come stai?" sfoggiò il solito disarmante sorriso: "Bene, grazie!". Lei sorrideva. Io, solo, a casa davanti alla tv, piangevo. Due giorni dopo, era in sala operatoria. Il consueto rituale con i medici, le solite battute sulla Mont Blanc dell'anestesista, la degenza, il ritorno a casa, le terapie, il nuovo viaggio da programmare…

Da tutta questa sofferenza ha tenuto lontani tutti, il più possibile. A cominciare dai nostri magnifici Angelica e Mattia. La Iena e l'Unno.

E sul finale della lettera, i ringraziamenti, oltre al doloroso, commovente addio di Milan che tutti noi dovremmo leggere e rispettare in silenzio:

Devo dire di cuore dei grazie, e nel farlo dimenticherò tante persone.

Le amiche e gli amici veri, loro sanno a chi mi rivolgo.

In un Paese vergognosamente anti scientifico, mi inchino alla competenza e alla preziosa umanità scovata all'Ospedale Humanitas: alle infermiere e agli infermieri, o candidi angeli, un immenso grazie! Anche per i sontuosi caffè con la moka, come se li avessi bevuti. Avete pianto con me, non lo dimenticherò mai.

(…)

Prometto di rispettare le tue ultime volontà. Tranne una. Perdonami.

Prometto di prendermi cura dei nostri bambini.

Prometto di portarti sempre con me.

Ti chiedo un ultimo sforzo: da lassù getta sul capo di ognuno di noi una goccia del tuo inesauribile ottimismo. Basterà e avanzerà per capire come si vive sorridendo.

Se poi, tu e Rudy, vorrete buttarci giù anche una goccia di mojito, ci terremo pure quella.

Alla tua. Alla vostra.

Mi vivi dentro.

Tuo, Ale.

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