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Umberto Eco: “Internet dà diritto di parola agli imbecilli”

Umberto Eco attacca i social media e lo fa senza usare mezzi termini: “Prima gli imbecilli parlavano solo al bar. Ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel”.
A cura di Susanna Picone
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“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”, parola di Umberto Eco. Stanno suscitando polemiche le frasi utilizzate dallo studioso per parlare del ruolo di internet nel corso della cerimonia all’Università di Torino in cui è stato insignito della Laurea Honoris Causa in Comunicazione e cultura dei media. Secondo Umberto Eco, che è tornato all’Università di Torino dopo 61 anni dalla sua laurea in Lettere e Filosofia, “da un lato è anche un fenomeno positivo ma d'altro canto i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo qualche bicchiere di vino senza danneggiare la collettività”. “Di solito al bar l'imbecille veniva subito messo a tacere, ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”, ha spiegato senza usare mezzi termini lo studioso alessandrino. Che durante la cerimonia Eco ha ancora continuato dicendo che era stata la televisione anni fa ad aver promosso “lo scemo del villaggio”, rispetto a cui lo spettatore si sentiva superiore mentre oggi internet “promuove lo scemo del villaggio a detentore della verità”.

Internet calderone di bufale secondo Eco – Inoltre, secondo Eco, la struttura di internet favorirebbe anche il proliferare di bufale: secondo lo studioso per questo è importante anche il ruolo dei giornali  che dovrebbero “filtrare con équipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno”. Per fare questo, ha continuato Eco, “i giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all'analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi”. Eco ha ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media perché “ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica”.

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