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Tutto quello che devi sapere se vuoi coltivare canapa in Italia

Cosa devo fare per coltivare canapa? Quali varietà devo scegliere? Quanto si guadagna? Per rispondere a queste e altre domande abbiamo contattato un agronomo specializzato nella coltivazione di canapa industriale.
A cura di Mario Catania
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La canapa è la coltura del momento. Grazie al grande boom della cannabis light, le infiorescenze di canapa industriale a basso contenuto di THC, l’interesse intorno a questa pianta è aumentato a dismisura negli ultimi mesi.

Complice la grande tradizione canapicola che abbiamo alle spalle, rinvigorita dai ricordi dei nonni per cui era normale averla nei campi fuori casa, con i maceri sparsi in tutto il centro e sud Italia a ricordarci le antiche produzioni, la canapa sta tornando a fare bella mostra di sé dalla Lombardia alla Sicilia.

Anche perché, nel difficile panorama dell’agricoltura moderna, si sta rivelando una coltivazione dal forte valore aggiunto, che fa gola a piccoli imprenditori e aziende agricole vessate dalla difficile congiuntura economica.
Le perfette condizioni pedoclimatiche per la crescita di questo vegetale, unite all’esperienza dei nostri agricoltori ed alla grande tradizione nella coltivazione di canapa stanno attirando anche investitori esteri, per i quali la canapa made in Italy è sinonimo di qualità.

Oggi è il momento in cui si stanno aprendo nuovi mercati e la canapa-mania si sta diffondendo a vista d’occhio: chiunque abbia un piccolo appezzamento di terra vorrebbe provare a coltivarla, stuzzicato dai guadagni che si prospettano. Intanto dopo un 2018 in cui sono nate decine e decine di aziende che hanno provato a coltivare e piazzare il proprio prodotto, i prezzi sono calati, la qualità è aumentata e il mercato delle infiorescenze si sta ormai assestando.

Per capire come procedere per avviare una coltivazione, cosa si debba fare e quali guadagni si prospettano, abbiamo contattato Andrea Santacroce, agronomo con grande esperienza in questo tipo di coltivazione, che lavora nello studio di consulenza tecnica Beeagro di Roma e oggi segue diverse aziende italiane ed europee che si stanno affacciando in questo nuovo mercato.

Le varietà certificate

Fase vegetativa con impianto a goccia
Fase vegetativa con impianto a goccia

La scelta della varietà da utilizzare dipende dal risultato finale che si vuole ottenere. Secondo Santacroce: “Il punto di partenza è che In Italia possono essere coltivate le 69 varietà attualmente certificate a livello europeo. Tra queste quelle che ad oggi sono maggiormente utilizzate sono quelle a carattere dioico, e cioè quelle varietà che sviluppano sia piante maschili che femminili, con entrambi i caratteri fenotipici, ma su piante diverse; non ci saranno quindi ermafroditi, e cioè piante che esprimono entrambi i caratteri nella stessa pianta”. Se si vuole procedere alla produzione di infiorescenze, “una delle prime operazioni da fare in campo sarà quella di procedere con la cosiddetta smaschiatura, e cioè l’eliminazione dei maschi dal campo, visto che le infiorescenze sono prodotte da piante femmine. E’ un’operazione che viene fatta per evitare che il maschio “impollini” la femmina, facendo comparire i semi all’interno dei fiori. Se invece si vuole produrre canapa da seme si possono scegliere sia varietà dioiche che monoiche: in genere le monoiche si utilizzano per la riproduzione del seme di una determinata genetica, mentre per ottenere il seme per utilizzo alimentare o cosmetico, in genere si usano sempre piante dioiche”.

Quali varietà scegliere?

Tra le varietà che possono essere per produrre infiorescenze, “in Italia attualmente vengono molto utilizzate l’Eletta Campana, la Carmagnola, la Kompolti, la Tiborszallasi, la Tisza, Antal e la Finola. Quest’ultima viene spesso utilizzata per le semine tardive, perché, avendo un ciclo molto breve, permette di avere un raccolto in circa 3 mesi dalla messa a terra. Chi invece programma una coltivazione in outdoor può scegliere varietà che si sviluppano di più, ad esempio la Kompolti, molto utilizzata negli anni scorsi e che è anche stata apprezzata per la qualità finale del prodotto, che può raggiungere anche i 7 metri di altezza e ha un intervallo di coltivazione di 120/130 giorni a seconda della zona in cui la si coltiva”.
Per chi invece ha intenzione di produrre seme che, una volta spremuto a freddo, produce l’olio di canapa usato a scopo alimentare e cosmetico, la scelta cade su altre varietà: “Fedora, Felina e Uzo 31 sono sicuramente tra le migliori ma possono funzionare anche Futura 75, Dioica 88”

Dove si recuperano i semi?

Prima della fioritura
Prima della fioritura

Come sottolineato prima, “i semi devono essere certificati e l’acquirente deve sempre verificare questa condizione. Oggi fondamentalmente i canali principali sono due: i negozi e i rivenditori di sementi agricole, molti dei quali dispongono oggi di varietà di canapa, almeno le prevalenti.
Oppure tramite internet, dove si possono acquistare da varie associazioni, produttori o anche dall’estero, visto che alcune delle varietà utilizzate sono originarie di Francia ed Est Europa. Qui vale la regola di controllare bene prima di acquistare perché oggi in internet si trova di tutto, anche semi di varietà che non è legale coltivare, quindi accertarsi sempre che siano certificati e che la varietà faccia parte dell’elenco delle 69 autorizzate a livello europeo”.
Altro punto da chiarire è che ad oggi, per coltivare canapa in Italia, non si possono usare le talee:
“è stato specificato all’interno della circolare del 22 maggio 2018, in cui si spiegava che la vendita di talee è ammessa solo a scopo ornamentale. Quindi se voglio una talea per avere una pianta di canapa da tenere in casa, nessun problema, ma se voglio acquistare talee per la mia futura produzione, non si può, bisogna partire da seme o da germogli (piantine già germogliate a partire dal seme)”.

Il terreno ideale e le concimazioni

Germogli di Carmagnola
Germogli di Carmagnola

“Il terreno per la canapa”, sottolinea Santacroce, “deve essere un terreno di medio impasto e cioè con un contenuto di sabbia, limo e argilla in proporzione equilibrata tra di loro. Oggi viene definito il terreno ottimale per tante altre coltivazioni, come ad esempio per il grano, ma già negli atti notarili dei primi dei ‘900, quando l’Italia era un grandissimo produttore di canapa, quando un terreno era buono, veniva scritto che era un buon terreno da canapa. Ovviamente poi bisogna prepararlo con tutta una serie di interventi adeguati al fine di renderlo ottimale per la semina.
La canapa soffre l’acqua per la caratteristica del proprio apparato radicale: ha un fittone che può raggiungere anche un quarto dell’altezza della pianta che aiuta l’assorbimento dell’acqua. Quindi di solito in terreni che hanno una faglia freatica a media profondità, le irrigazioni non sono obbligatorie, anche se nelle coltivazioni che seguo per diversi agricoltori l’impianto di irrigazione a goccia io lo prevedo sempre perché le variabili del clima di oggi sono notevoli. Ad esempio l’estate scorsa ha fatto talmente caldo che un’irrigazione è stata obbligatoria.
Sulle concimazioni, che sono fondamentali, secondo Santacroce “bisogna stare molto attenti. E’ importante la concimazione per preparare il terreno per la quale si può utilizzare il letame in un quantitativo compreso tra i 400 e i 600 quintali per ettaro a seconda del tipo di terreno e della zona climatica. E’ più che sufficiente per l’intero ciclo della canapa, ma, soprattutto in terreni che tendono a perdere facilmente le sostanze minerali e nutritive, potrebbe valere la pena di fare a metà coltivazione una seconda concimazione a base di fosforo, per aiutare e facilitare la fioritura”.

Come si procede per la raccolta

Per la raccolta della canapa da fiore “abbiamo sempre la necessità di fare una raccolta manuale, anche per grandi estensioni, perché il prodotto è delicato, il suo valore si basa sulla qualità e quindi mezzi meccanici non possono essere utilizzati perché rovinerebbero l’infiorescenza”.
Per quanto riguarda la canapa da seme “si può procedere manualmente, ma sulle grandi estensioni si tende a utilizzare delle mietitrebbiatrici speciali, studiate apposta per la canapa, oppure delle mietitrebbie per la raccolta del mais, con alcuni accorgimenti tecnici e modifiche che facilitino la raccolta stessa”.

Per entrambe le coltivazioni servono degli essiccatoi

Fiore di canapa, dettaglio
Fiore di canapa, dettaglio

Sia per la canapa da fiore che per quella da seme bisogna prevedere la creazione di essiccatoi. “Il prodotto seme deve essere essiccato dopo la raccolta e deve essere fatta in strutture adeguate”, puntualizza l’agronomo spiegando che: “E' una delle operazioni più importanti e serve un essiccatoio professionale, che può anche essere realizzato in azienda, oppure si può conferire il seme a chi ne ha già uno in modo che non si perdano le caratteristiche organolettiche che vanno preservate”.
Per il fiore siamo un po’ avvantaggiati: “O si utilizzano degli essiccatoi, come quelli che si utilizzavano per il tabacco che vanno però modificati, oppure si può allestire una stanza apposita che deve prevedere un locale buio e asciutto, adeguatamente ventilato e con deumidificatori in modo che possa portare gradualmente la temperatura e l’umidità del prodotto ai livelli ottimali”.
Per entrambi i prodotti è un’operazione fondamentale che se svolta male può inficiare tutta la produzione.

Stime di investimento e guadagno per ettaro

“Attualmente i ricavi per la coltivazione di un ettaro di canapa da seme già essiccato e vagliato, che è stato quindi controllato, selezionato e pulito da eventuali impurità, se viene ceduto a terzi per la lavorazione, di seme che vale 800-1000 euro per ettaro (con una produzione tra i 350 e i 650 chilogrammi di seme essiccato e vagliato a seconda di varietà, zona e tecniche adottate), con un investimento generale di circa 500 euro ad ettaro. Quindi è una coltivazione consigliabile per estensioni importanti. A meno che uno non decida di trasformare all’interno della propria azienda il seme in olio ad uso alimentare e cosmetico, perché lì i guadagni sono notevoli. Ad oggi una produzione di un ettaro di canapa di olio e farina, che si ottiene dagli scarti della spremitura, si ottengono 23/25 kg di olio, che si attesta a un prezzo tra i 50 e i 70 euro al kg, oltre ai 250/300 kg di farina che viene venduta tra i 15 e i 20 euro al kg, con una redditività di 4500/5mila euro per ettaro. Va da sé che bisogna effettuare la trasformazione dei semi, oltre a concepire un proprio marchio e una propria rete di vendita”.
Parlando invece di canapa da fiore Santacroce sottolinea che: “I guadagni che si potevano fare nel 2017 e nel 2018, quando le coltivazioni erano poche e la qualità non ancora molto alta, bisogna scordarseli, anche perché nel 2019 scenderanno ulteriormente”.
L’agronomo racconta che: “I costi di produzione per l’infiorescenza in un ettaro coltivato outdoor, sono abbastanza cospicui. Ammettendo di non avere una manodopera familiare, e quindi senza l’aiuto di parenti e amici, la canapa da fiore prevede un forte uso della manodopera. Nella fase di selezione maschio/femmina, nella fase di pulizia del terreno iniziale e nella fase di raccolta. Questo fa sì che i costi di gestione possano arrivare tra i 20 e i 30mila euro ad ettaro, quando con una buona produzione di canapa e un buon contratto di ritiro, possiamo avere una produzione che vale la cifra lorda di 45/50mila euro a ettaro. Si possono raccogliere da 80/100 grammi a pianta, di prodotto essiccato, fino ai 250 grammi e questo dipende molto dalle capacità tecniche e agronomiche dell’agricoltore. Con una media di 5mila piante per ettaro, se la produzione a pianta è di 100 grammi, raccoglierò circa 500 chilogrammi, che potrò vendere a un prezzo di circa 80 euro al chilo, per la somma di 40mila euro. Se di ottimo livello si può spuntare un prezzo al grossista di 250 euro al chilogrammo, che porterebbe il fatturato a 125mila euro, ma è una qualità difficile da raggiungere.
Se invece si parla di coltivazioni in serra o indoor, aumenta molto il costo dell’investimento, e cresce il valore dell’infiorescenza. In Indoor si riesce ad avere dei fiori più belli e compatti: per chilogrammo di prodotto finito si arriva anche ai 1500/2500 euro al chilo. Ma per un impianto indoor, magari in idroponica, con lampade, strutture, vari sistemi di filtrazione e aerazione, parliamo di un investimento che va dagli 800 ai 1500 euro al metro quadrato, quindi va da sé che l’investimento iniziale è decisamente più corposo”.

Avviare una coltivazione

In questo caso il consiglio dell’agronomo è quello “di fare innanzitutto un buon business plan e nel caso farsi aiutare da un tecnico del settore che sia in grado di valutare insieme all’imprenditore la fattibilità e i benefici dell’investimento. Poi, indipendentemente dalle capacità del coltivatore, l’altro punto è quello di trovare un tecnico di fiducia preparato, che possa essere in grado di coadiuvare l’azienda in modo adeguato durante la produzione, perché ci saranno molti piccoli problemi che potranno verificarsi e possono essere sistemati subito, senza rischiare di perdere l’intera coltivazione.
Il terzo punto è quello di non pensare soltanto ad una produzione destinata ad un grossista, ma prevedere la creazione di un proprio piccolo canale di vendita, magari aziendale, per arrotondare la vendita all’ingrosso e limitare il possibile invenduto”

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