Cos’è la comparansia: come evitare che il confronto con le vite “perfette” dei social ci distrugga

I social sono strumenti di comunicazione utili e preziosi: ma diventano dannosi se pregiudicano la nostra felicità, se la minacciano e mettono a rischio la crescita sana della persona. Stiamo assistendo proprio a questo, con piattaforme popolari come Instagram e TikTok. Nate per intrattenere, per divertire (e via via anche per fare pubblicità e marketing), sono diventate qualcosa che spesso non si riesce più a guardare con occhi razionali e obiettivi. Prendono il sopravvento emozioni negative: siamo preda di ansia, tristezza. Questo perché guardare continuamente lo sfoggio di ricchezza, bellezza, felicità altrui, ci mette inevitabilmente in una condizione di "inferiorità", o almeno questa è la percezione. Scatta inevitabile il confronto e ci si sente inadeguati: non abbastanza ricchi, non abbastanza belli, non abbastanza felici. Sono tutti in perenne vacanza, tutti soddisfatti del proprio lavoro: nessuno parla di insicurezze, di errori, di tristezza, di fallimenti, che fanno tutti parte della vita vera, quella al di là dello schermo. Per questo è nato un neologismo: si parla di comparansia proprio per definire quell'ansia da confronto sociale che scaturisce proprio dai social media. Abbiamo approfondito l'argomento con Walter Rolfo, psicologo abituato a parlare soprattutto ai giovani di felicità.
Che cos'è la comparansia
Il neologismo chiarisce molto bene quello che accade in epoca contemporanea: "La comparansia è un fenomeno recente: è l’ansia da confronto sociale ossessivo generata dai social media. Chi ne soffre sente un bisogno compulsivo di confrontare continuamente la propria vita con quella degli altri, credendo erroneamente che gli altri vivano solo successi e momenti felici. Questo genera insoddisfazione e ansia cronica, definita dagli esperti come una vera malattia da social. In breve, è l’ossessione di valutarsi esclusivamente in base all’immagine, spesso filtrata, degli altri". Chi cade in questa trappola non si rende conto di avere davanti una bugia.
Le vite degli altri non sono perfette, come sembra sui social. L'esempio fatto dall'esperto è chiarissimo: "Quando postate una foto, ne scattate una e la pubblicate subito oppure ne scattate cento e postate la più bella? E poi la postate così com’è o magari la migliorate digitalmente? La risposta è ovvia ed è la stessa routine che applicano tutte le persone prima di ogni post. Ecco perché la vita perfetta sui social è solo un’illusione artificiale. Recentemente, la Norvegia ha imposto di segnalare ufficialmente le foto ritoccate, riconoscendo che gran parte delle immagini online è manipolata. Purtroppo, molti giovani non riescono a essere pienamente consapevoli della falsità dietro certi post patinati e ignorano che la realtà mostrata sui social è solo una selezione accurata di momenti perfetti, spesso modificati digitalmente. Questo crea standard irrealistici e pressioni sociali enormi, che generano insicurezza e disagio in chi guarda".
Cosa provoca il confronto ossessivo con una perfezione inesistente
Proprio gli adolescenti sono i soggetti più sensibili: "Uno studio recente indica che circa metà dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni si considera fortemente dipendente dai social media, percentuale che sale al 57% nelle ragazze. In generale, i giovani iperconnessi che trascorrono molte ore online e basano l’autostima sul feedback digitale sono più vulnerabili. Anche le persone con bassa autostima o predisposizione all’ansia sono a rischio, poiché il confronto continuo amplifica le loro insicurezze. La comparansia non risparmia neanche giovani adulti e professionisti che confrontano ossessivamente i propri risultati con quelli ostentati dai contatti sui social".
I danni sono molteplici: "La comparansia incide pesantemente sull’autostima e sull’umore. In Italia, oltre metà degli studenti delle superiori dichiara di soffrire frequentemente di ansia o tristezza profonda. L’esposizione a immagini idealizzate li fa sentire inadeguati e insoddisfatti della propria vita, aumentando l'insicurezza e la paura di non essere abbastanza alimentando fenomeni come la FOMO (fear of missing out, paura di essere tagliati fuori). L’OMS riporta che il 13% degli adolescenti nel mondo convive con disturbi mentali diagnosticati, prevalentemente ansia e depressione. La comparansia amplifica questi fenomeni, provocando isolamento sociale e calo del rendimento scolastico".
L'impatto sulla salute mentale è notevole: "Dal 2012, con la diffusione degli smartphone e dei social media, si è osservato un aumento significativo di depressione, ansia e tentativi di suicidio tra gli adolescenti. Gli studi confermano che il suicidio per depressione è la seconda causa di morte per gli adolescenti dopo gli incidenti stradali. Il confronto sociale online erode l’autostima e favorisce sintomi depressivi, specialmente nelle ragazze. L'11% degli adolescenti sviluppa una dipendenza patologica dai social, con sintomi simili ad altre dipendenze comportamentali, come ansia da astinenza. Inoltre, l'utilizzo eccessivo dei social contribuisce alla privazione del sonno, peggiorando ulteriormente la salute mentale e lo sviluppo cerebrale dei giovani".
Come evitare la trappola del confronto
La comparansia di fatto è una dipendenza. Il rischio è quello di sviluppare una visione distorta della realtà associando la felicità ai like su Instagram: "Vivere con un cartellino del prezzo sul petto, che costantemente ci misura dando un valore in pollici su, pollici giù, like o dislike a chi siamo, è molto dannoso. Immaginate di vivere perennemente il giorno prima dell’esame di maturità, ventiquattro ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno: come stareste? Associare la felicità ai like crea una dipendenza psicologica simile a quella da sostanze o gioco d'azzardo, basata sulla continua ricerca di dopamina prodotta dal feedback online. Questo genera instabilità emotiva e forti oscillazioni di umore, compromettendo seriamente l’autostima e la percezione di sé. Nel lungo periodo, questa dipendenza porta a depressione, isolamento e al rischio di fenomeni estremi come quello degli hikikomori. In Italia, il fenomeno NEET ne è un'espressione sintomatica. È dunque estremamente importante passare il messaggio ai ragazzi e alle ragazze che la felicità autentica risiede altrove, richiede consapevolezza di sé, relazioni solide e obiettivi concreti. Ed è una felicità concreta e possibile".
L'esperto ha dato alcuni consigli da seguire proprio per tenere a bada questa ossessiva tendenza al confronto con le perfette vite altrui: "Si possono adottare diverse strategie, semplici, quotidiane ma efficaci. Limitare il tempo trascorso sui social programmando vere e proprie pause digitali, fare una selezione accurata dei profili che si decide di seguire preferendo quelli positivi e ispiranti ed evitando quelli dannosi o che generano false mitizzazioni. Concentrarsi sui propri successi quotidiani fissando obiettivi personali, investire nelle relazioni reali offline riducendo il bisogno di validazione virtuale e rafforzando il senso di appartenenza".
La vita vera è oltre lo schermo dello smartphone e non è perfetta, per nessuno. Include delusioni, errori, fallimenti. Si sbaglia, si cade e ci si rialza. Non si è perennemente in vacanza, non si hanno cento amici con cui fare festa ogni giorno, una volta si vince e poi magari dieci si perde. Ma in questa "imperfezione" se così la vogliamo chiamare, senza lustrini e filtri magici, c'è spazio per la felicità. È qualcosa che si sceglie ogni giorno, è un percorso che si fa per amore verso se stessi ed è nella vita vera che la dobbiamo cercare, non nei like alle foto sui social.