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Cosa dice di noi e della nostra psicologia il film Netflix “Don’t look up”

È il film del momento, tutti parlano di “Don’t look up”, ma cosa ci dice questo film di noi? Ne abbiamo parlato con la psicologa esperta di film e serie tv Alessia Romanazzi.
Intervista a Dott.ssa Alessia Romanazzi
Psicologa e psicoterapeuta
A cura di Francesca Parlato
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Una cometa sta per schiantarsi sulla terra, provocando maremoti e la fine dell'umanità, e nessuno sembra preoccuparsene. È questa la trama di ‘Don't look up' il film di cui tutti parlano uscito proprio nei giorni di Natale su Netflix, con un cast stellare che va da Leonardo Di Caprio a Jennifer Lawrence passando per Meryl Streep, Cate Blanchett e Ariana Grande. Il film, amato o odiato dal pubblico, non esistono vie di mezzo, è una parodia del mondo contemporaneo che sembra non riuscire a dare mai il giusto peso agli eventi (vedi pandemia, vedi cambiamento climatico), dove gli scienziati e gli studiosi vengono ridicolizzati o trattati come fenomeni da baraccone e dove tutto è trasformabile in un meme o in una storia da pubblicare su Instagram.

Cometa si, cometa no?

Nel film assistiamo a una divisione della popolazione in due fazioni: chi crede nell'arrivo della cometa, la teme e spera che il governo USA trovi una soluzione per deviare la sua traiettoria e chi invece non ci crede affatto e infatti il titolo del film Dont'look up, non è altro che lo slogan lanciato dalla Presidente degli Stati Uniti per invitare a non guardare in alto, e a ignorare gli avvertimenti della comunità scientifica, troppo allarmista e lamentosa. "È una situazione non così lontana da quella che viviamo oggi – ha commentato a Fanpage.it la psicologa e psicoterapeuta Alessia Romanazzi, autrice del podcast TV Therapy – Da un lato abbiamo i no vax e dall'altro chi invece teme il Coronavirus e crede nell'efficacia dei vaccini e della scienza. Due fazioni che si prendono in giro l'una con l'altra e che non riescono a comunicare in alcun modo. Questo, lo vediamo nel film e anche nel nostro quotidiano, crea una distanza enorme tra le persone". L'incomunicabilità, il rimanere ancorati e saldi alle proprie posizioni produce però un'ulteriore conseguenza negativa: "La paura di essere ridicolizzato provoca isolamento. Chi teme di diventare lo zimbello inizierà a chiudersi in sé stesso e continuerà a informarsi soltanto attraverso fonti che gli danno ragione, le possibilità di apertura e di dialogo si ridurranno sempre di più fino ad azzerarsi". 

La comunicazione della crisi

Un altro elemento che emerge dal film riguarda la comunicazione della crisi. Raccontare a milioni di persone che l'umanità è in pericolo non è certo cosa semplice e nel film la dottoranda che ha scoperto la cometa si lascia andare a uno sfogo nel programma televisivo più visto del mattino, che ottiene esattamente l'effetto opposto di quello sperato. "Quando la dottoressa urla in diretta tv ‘Moriremo tutti!' la reazione immediata è la creazione di meme con la sua faccia. La prendono in giro, la ridicolizzano, nessuno le crede veramente. E questo è proprio uno degli effetti tipici di una comunicazione troppo allarmista. Quando la comunicazione è troppo cruda è difficile da accettare. Ci sono stati anche degli esperimenti sociologici su questo: le persone tendono a voltarsi dall'altra parte". Per questo motivo la comunicazione di una crisi, di un pericolo, dovrebbe essere sempre affidata ad esperti e divulgatori. "Anche una comunicazione troppo scientifica, come è quella di Di Caprio all'inizio del film, potrebbe non essere efficace perché poco comprensibile. Ci sono divulgatori e esperti che studiano proprio per questo. Non sempre gli scienziati (pensiamo anche ai virologi oggi) sono in grado di trasmettere un messaggio efficace a chi li sta ascoltando". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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