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Kitzki si ritira a 21 anni dopo aver visto morire due ciclisti: “Non sono stato più lo stesso”

Il ciclista ha confessato in uno sfogo su Instagram il proprio stato d’animo e cosa lo ha portato a prendere una decisione sofferta. “Ho iniziato a preoccuparmi molto per la mia sicurezza e mi sentivo sempre più a disagio in gara”.
A cura di Maurizio De Santis
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Louis Kitzki ha detto basta a 21 anni. In bici ci andrà solo per passione, mai più per gareggiare. Ha deciso di ritirarsi, che il mondo delle corse non fa più per sé perché da quando ha visto morire due colleghi in strada (Samuele Privitera e André Drege) s'è fatto domande che hanno affollato la testa e l'anima. La risposta che ha trovato a tutte è stata sempre la stessa: è il momento di smettere. Il tedesco dell'Alpecin-Deceuninck Continental, vincitore della "Zwift Academy", che premia talenti al di fuori dei circuiti tradizionali e fino a portarli nel gruppo, ha confessato su Instagram tutte le emozioni e le riflessioni che lo hanno spinto a prendere una decisione dolorosa ma ponderata.

Lo sfogo: "Non avevo immaginato così la fine della mia carriera"

Il suo sfogo pubblicato sui social, a corredo di un'immagine che vede Kitzki sorridente in sella al suo veicolo durante una corsa, inizia così: "Non è la fine della mia carriera che avevo immaginato, ma dopo aver partecipato alla mia ultima corsa, il Giro della Valle d'Aosta, e in seguito alla morte di Samuele Privitera, ho deciso di porre fine alla mia carriera di ciclista professionista".

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Lo shock per le morti di altri ciclisti: "Non sono stato più lo stesso"

Il punto di non ritorno, la classica situazione che ti fa vedere le cose secondo un'altra prospettiva, è stato qualcosa che è successo l'anno scorso, un evento drammatico che ha segnato profondamente il corridore. "Dopo il Giro d'Austria dell'anno scorso, dove un altro corridore (André Drege ndr) è morto, ho avuto seri dubbi sulla possibilità di gareggiare ed ero sul punto di rinunciare. Dopo la gara, non sono più stato lo stesso concorrente. Ho iniziato a preoccuparmi molto per la mia sicurezza e mi sentivo sempre più a disagio in gara, il che a medio termine significava che non ero in grado di riprodurre in gara ciò che avevo fatto in allenamento".

Il momento di dire basta: "Non ho più la testa e senza il corpo funziona male"

Paura, certo. Ma anche mancanza di stimoli e quel fuoco sacro che dentro s'è spento. Kitzki ribadisce tutto nel passaggio successivo. "Dopo ogni gara pensavo al mio sforzo come a un fastidioso effetto collaterale che dovevi accettare se volevi guadagnare con il ciclismo. Ecco perché ho perso il piacere di gareggiare. E più una gara era caotica, più mi sentivo mentalmente distrutto. Senza la mente, il corpo funziona male. Quello che è successo in Valle d'Aosta è stata solo la conferma della mia decisione. E vedo come mi sento meglio da quando ho smesso. Mi dispiace di non essere stato all'altezza di alcune aspettative da ciclista professionista e che la mia collaborazione con Alpecin stia per finire. Tuttavia, sono certo che è stata la decisione giusta per fermarsi".

L'ultima porzione della sua lettera è dedicata ai ringraziamenti per quanti hanno fiducia in lui e per tutti coloro che hanno diviso con lui giorni, fatiche, allenamenti, gioie e dolori, successi e sconfitte. "Sono molto grato per l'opportunità che mi è stata data dalla mia squadra, la Alpecin Deceuninck e Zwift. Ho potuto imparare dai migliori ciclisti del mondo. Inoltre, sono riuscito a migliorare notevolmente la mia condizione fisica grazie al mio allenatore Philipp Walsleben, anche se non sono mai riuscito a mostrarlo nelle gare. Ho sentito che questa squadra è molto consapevole della sua responsabilità nei confronti dei giovani atleti e non mi sono mai sentito sotto pressione in alcun modo. Grazie a tutti i miei compagni di squadra, a tutto lo staff, Philipp, Sander, Bart, Jens, Luuc e Ahto! Vi auguro il meglio e state al sicuro!".

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