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Papu Gomez e il discorso di Messi: “Non ricordo nulla, solo che piangevo come un bambino”

L’Argentina quest’anno ha interrotto un digiuno lunghissimo, vincendo una storica Copa America in casa degli acerrimi rivali del Brasile. Un successo che ha significato tanto per Leo Messi, che finora non aveva mai alzato un trofeo con la propria Nazionale. Papu Gomez racconta cosa accadde prima della finale del Maracanã: un discorso commovente del capitano albiceleste.
A cura di Paolo Fiorenza
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Da un paio di giorni il Papu Gomez è impegnato in una feroce faida contro Gian Piero Gasperini, con accuse reciproche di essere stato aggredito l'uno dall'altro. Il fantasista argentino ha cercato di trovare sponda nella famiglia Percassi, ma il comunicato del presidente dell'Atalanta potrebbe aver chiuso la questione definitivamente: "La cessione è stata voluta da me per un grave atto di indisciplina nei confronti della proprietà, altro non c’è da aggiungere".

Tutto è cominciato con un'intervista di Gomez al quotidiano La Nacion, nella quale peraltro l'attuale giocatore del Siviglia parla soprattutto della sua Argentina vincitrice della Copa America, primo trofeo messo in bacheca nell'era Messi. Già, l'alieno Messi, col quale è un privilegio per pochissimi giocare: "Leo è il più normale e semplice di tutti noi – spiega il Papu – È logico che da fuori siano curiosi, ma posso assicurare che è il compagno più comune che ci sia, è uno come un altro. Certo, porta il cognome Messi e molti crederanno che si comporti diversamente. No. Occhio però, è un leader assoluto, è un capitano con tutte le lettere. Perché dimostra, perché dà l'esempio. Vogliono sempre paragonarlo a Diego, vogliono che urli e combatta, e Leo non è così. Ma quando deve arrabbiarsi e deve dirti qualcosa, te lo dice dentro quattro mura".

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Un capitano prima di una finale carica la squadra con parole di grande impatto, Gomez svela cosa accadde prima della partita del Maracanã contro il Brasile lo scorso 11 luglio: "Leo cominciò a parlare e la verità è che non ricordo le parole esatte, perché subito stavo già piangendo. Ha detto qualcosa sugli sforzi, le famiglie… e le mie lacrime sono scese come un bambino. Stavamo tutti aspettando quella finale, i giorni e le ore prima non passavano più, avevamo l'adrenalina al massimo, e Leo ha iniziato a parlare, anche Fideo… e oggi non riesco a ricostruire quello che hanno detto, ricordo solo che non smettevo di piangere".

Il riferimento a Fideo, ovvero Angel Di Maria, non è casuale. Il rispetto, quasi la devozione, del Papu per quella generazione di grandi giocatori argentini è totale: "Noi, quello che volevamo di più, era vincere il titolo per loro. Per Leo, per Ota (Otamendi), per Kun (Aguero), per Fideo… Sono persone che sono in Nazionale da dieci anni o più e sono leggende, sono eroi, persone che hanno giocato più di cento partite… E anche per tutti gli altri che se ne sono andati e hanno remato per anni. Chi ha perso, chi ha sofferto e ha lasciato la pelle per la Nazionale. Lo meritavano anche per aver lottato tanto, per aver resistito. Di Maria, Kun, per non parlare di Leo, sono figure d'élite, e noi terrestri volevamo che si divertissero una volta per tutte in Nazionale. Avere conquistato il titolo è stata una spina che si sono tolti tutti. E in Brasile, contro il Brasile, al Maracanã…".

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