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La torbida storia sui diritti TV per i Mondiali in Qatar, Al-Khelaifi assolto: ma restano le ombre

L’attuale presidente del PSG è stato assolto anche in appello, ma sulla concessione dei diritti TV e l’assegnazioni dei Mondiali restano profondi buchi neri all’interno della FIFA.
A cura di Alessio Pediglieri
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Nasser Al-Khelaifi non ha commesso alcun reato ed è stato così assolto per la seconda volta, questa volta in appello dal Tribunale penale federale svizzero che lo ha sollevato di qualsiasi ombra attorno all'accusa di aver lavorato in modo illecito nell'attribuzione dei diritti televisivi della imminente Coppa del Mondo in Qatar, agevolando una "cattiva gestione, criminale aggravata". Il Presidente del PSG, e dell'ECA post Superlega, ha così chiuso positivamente un processo che perdurava da diversi anni, ma a non tutti è andata altrettanto bene, come a Jerome Valcke, l'altro super imputato cui è stata aumentata la pena.

Al-Khelaifi, che è anche il presidente in carica dell'emittente televisiva di proprietà del Qatar beIN Media, era stato accusato di aver spinto Valcke, nel suo periodo in cui era segretario della FIFA (ai tempi di Blatter) di aver lavorato dietro le quinte per facilitare, dietro compensi, promesse e corruzione, lo spostamento dei Mondiali in Qatar dal classico periodo estivo a quello invernale,  di aver spinto per indirizzare le edizioni dei Mondiali del 2026 e del 2030, nonché di aver favorito la stessa BeIN di acquisire i diritti televisivi. "Sono stati anni di accuse infondate, accuse fittizie e continue diffamazioni che oggi si sono rivelate completamente e del tutto infondate. Per ben due volte" ha affermato l'avvocato Marc Bonnant in una nota ufficiale.

Al-Khelaifi, infatti era stato prosciolto in primo grado ma con il processo che era continuato in appello, ha dovuto ripresentare la propria linea difensiva che ha confermato come l'accordo stipulato nel 2015 tra beIN – per i Mondiali del 2026 e del 2030 – valutato in tribunale 480 milioni di dollari, non fosse altro che una trattativa più che positiva per la FIFA, senza alcun interesse personale. In cambio, Al-Khelaifi non aveva ottenuto nulla né facilitato nessuno, mentre per l'accusa diventava sempre più centrale la figura di Valcke e i suoi legami oscuri che sembravano coinvolgere in prima persona anche l'attuale presidente del PSG.

Valcke, che fino al 2015 è stato il braccio destro dell'ormai deposto presidente della FIFA Sepp Blatter, ha dovuto così affrontare la maggior parte delle accuse legate ai casi di corruzione sull'assegnazione dei diritti TV per i Mondiali, per la maggior parte confermate e venendo condannato in appello a 11 mesi (dopo che in primo grado erano stati stabili 3 mesi di reclusione). Secondo l'apparato accusatorio, in una riunione risalente all'ottobre 2013, presso la sede francese di BeIN, Al-Khelaifi avrebbe promesso di acquistare una villa in Sardegna per cinque milioni di euro (pari a 6 milioni di dollari), concedendone l'uso esclusivo a Valcke per i suoi servigi, impegnandosi  a "fare ciò che era in suo potere" per garantire alla stessa BeIN di diventare l'emittente per i Mondiali, fatto puntualmente accaduto nell'aprile dell'anno successivo, con il nullaosta della FIFA.

La figura di Valcke, più di quella di Al-Khelaifi  è risultata sempre più centrale all'interno dell'indagine e si è scoperto che avesse anche sfruttato la sua posizione alla FIFA, tra il 2013 e il 2015, per influenzare l'assegnazione dei diritti ai media per l'Italia e la Grecia per diverse edizioni dei Mondiali e altri tornei, in programma tra il 2018 e il 2030, "con lo scopo di favorire i media partner che preferiva" e per il cui motivo è stato licenziato in tronco nel gennaio 2016. Il tribunale penale federale svizzero, anche in appello, ha ritenuto Valcke colpevole di ripetute falsificazioni e corruzione passiva e a suo carico sono stati identificati tre pagamenti per un totale di 1,25 milioni di euro (circa 1,45 milioni di dollari) sui conti della sua società personale, rigirati come prestiti.

All'interno del processo è poi emerso un terzo imputato, un dirigente di marketing di origini greche, Dinos Deris, anch'egli condannato per corruzione attiva con 10 mesi di carcere e con la sospensione della pena per essere stato assolto per la prima volta nel 2020. Tra Valcke e Deris sono stati registrati diversi contatti, all'interno delle indagini sul processo che aveva coinvolto a suo tempo anche Blatter e Platini per frode, falso in bilancio e cattiva condotta finanziaria all'interno della FIFA.

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