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La doppia dimensione di David Beckham da calciatore, fortuna e sfortuna della sua carriera

David Beckham oggi è ancora famoso in tutto il mondo in quanto icona pop globale. Ma accanto a questo non bisogna dimenticare le sue skills tecniche, tra cui una capacità davvero unica di calciare il pallone che David dimostrò sempre e in primo luogo contro il Wimbledon in un gol da 52 metri, in finale di Champions League 1999 e contro la Grecia per qualificare l’Inghilterra ai Mondiali del 2002.
A cura di Jvan Sica
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La fortuna ma allo stesso tempo la sfortuna di David Beckham calciatore è stata la sua universalità, qualcosa che va oltre il globalismo dei calciatori contemporanei. David Beckham da giocatore di calcio è diventato così enormemente fenomeno di costume da far quasi dimenticare che era un grande calciatore, un centrocampista molto interessante e in parte anti-storico nel calcio di fine anni 90 – inizio nuovo millennio, oltre a essere un uomo spogliatoio.

La fortuna di essere anche il marito della Posh Spice, un fotomodello e un’icona pop mondiale è stata poi quella di trovare sempre un posto nelle migliori squadre del suo tempo e questo è comunque un elemento da considerare.

“Beckham è due persone in una: è una persona quando gioca e un’altra nella vita. Fuori dal campo, come certi uccelli della Patagonia, fa una cagata ad ogni passo. Ma durante i novanta minuti mostra doti di concentrazione, buona capacità di partecipazione, abnegazione, solidarietà e un tiro che riesce a indirizzare dove vuole” – Jorge Valdano

Jorge Valdano dice qualcosa che poi tutti i suoi compagni di squadra e gran parte dei suoi allenatori hanno testimoniato nel corso del tempo. David Beckham era l’elefante in ogni spogliatoio eppure era un calciatore diligente e serio, che puntava fortemente su alcuni suoi punti di forza come il calcio al pallone.

Questa è una dimensione molto interessante se pensiamo a quello che è stato Beckham. Era il calciatore più famoso e cool al mondo, eppure in campo eccelleva non per skills particolari o per i tanti gol segnati o ancora per la leadership, ma per l’elemento più minimo ma comunque fondamentale del gioco del calcio, ovvero il come calciava il pallone.

“Beckham era la bandiera di un calcio in trasformazione, non più palla lunga e pedalare, non più gambe lunghe e nodose, visi pallidi e grandi faticatori anonimi ma una piena rivoluzione estetica. Il ribaltamento del teorema di George Best, che era invece un divo naturale e senza studio. Beckham è perfetto, sposerà la donna giusta (la Posh Spice Victoria Adams) per aumentare a dismisura quel senso di plastica adeguatezza ai nuovi media, […] e occuperà la scena dell'alta e bassa moda più di quella delle cronache calcistiche. Ed è un peccato perché Beckham è stato un gran calciatore" – Michele Dalai

Tre sono stati i calci al pallone che hanno fatto grande il Beckham giocatore, quello con il numero 7 e con la tenacia e la tecnica dei grandi. Il primo calcio lo mette sulla mappa, una sorta di presentazione al mondo della Premier League e del suo sport in generale.

17 agosto 1996, il Manchester United campione in carica va al Selhurst Park per sfidare il Wimbledon. I Red Devils erano campioni in carica ma Ferguson aveva piano piano abbandonato la vecchia guardia, formata dai vari Ince e Hughes, per portare in prima squadra i giovani della Class of 1992, come Butt, Giggs, Scholes, i fratelli Neville e appunto David Beckham. Fanno parte della squadra ma sono ancora un corollario rispetto a calciatori come Eric Cantona e Denis Irwin, i due che segnano anche i primi due gol al Wimbledon.

La partita sta finendo e arriva una palla recuperata al numero 10 (il 7 è il francese), questo biondino che fino a quel momento aveva giocato in modo molto ordinato e poco altro. Fa un passo, vede che nessuno lo pressa e con quel colpo al pallone che poi diventerà un marchio di fabbrica segna da più di 50 metri. Lui insieme ai compagni delle giovanili diventano improvvisamente il faro di quella squadra.

“C'è una differenza: giocatore è colui che gioca bene, calciatore è colui che conosce il calcio. Beckham è un calciatore. Ed è un calciatore da calcio totale” – Arrigo Sacchi

Passano solo tre anni e quella squadra si trova al Camp Nou in finale di Champions League contro il Bayern Monaco, dopo aver eliminato l’Inter e la Juventus. La partita è praticamente finita e c’è un calcio d’angolo per i Red Devils al 91’. Batte David, carambole in area e Sheringham pareggia. Ma non è finita qui. Questa è una delle partite più folli della storia del calcio. Altro calcio d’angolo, ancora una volta è il calcio dato al pallone da David Beckham a creare confusione. La palla scende forte e tesa sul primo palo, dove ancora una volta Teddy Sheringham entra con coraggio e spizza.

Grazie a quel cross così teso, la velocità non si abbassa dopo aver toccato la testa di Sheringham, arrivando così verso Solskjaer che mette un piede e la palla va in porta. Il Manchester United di David Beckham, in quel momento uno dei migliori calciatori al mondo, è campione d’Europa dopo il 1968.

“La gente ha presunto, nel corso degli anni, che i giocatori di calcio non siano troppo intelligenti. Come con la maggior parte delle presunzioni, si sbagliano”.

E infine un terzo calcio dato al pallone a suo modo, nel modo in cui solo David Beckham sapeva fare. Il 6 ottobre 2001 l’Inghilterra non doveva perdere per passare come prima nel girone di qualificazione mondiale del 2002. Poco dopo la Germania pareggerà 0-0 contro la Finlandia per cui bastava anche il pareggio. Ma al 93’ l’Inghilterra di Sven-Goran Eriksson perdeva 1-2 contro la Grecia che sarebbe diventata poi campione d’Europa. Punizione centrale all’altezza dei 25 metri e altro colpo al pallone da antologia. Un calcio preciso, fortissimo e quasi cinematografico per il momento e l’importanza del momento.

Ancora una volta David Beckham entrava nella storia del calcio inglese calciando un pallone. Sembra qualcosa di semplice, di quasi ovvio, eppure calciare in quel modo ancora oggi è il sogno di tanti e tanti calciatori in tutto il mondo.

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