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La difesa sconcertante del Barcellona a 150 secondi dall’eliminazione dell’Inter in Champions League

Il gol di Acerbi che ha salvato l’Inter dalla sconfitta contro il Barcellona a due minuti e mezzo dall’eliminazione in semifinale di Champions League nasce da errori individuali dei calciatori blaugrana ma soprattutto dalla sconcertante scelta tattica nell’affrontare la fase difensiva pagata a carissimo prezzo.
A cura di Michele Mazzeo
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L'Inter torna in finale di Champions League a distanza di due anni dall'ultima volta, ma nella semifinale di ritorno contro il Barcellona è stata a circa due minuti dalla cocente eliminazione. Il gol del momentaneo 3-3 di Acerbi, tramutatosi per l'occasione in centravanti, arrivato al 92′ 47″, ha infatti permesso ai nerazzurri di portare il match ai supplementari e continuare a sperare nella qualificazione all'atto conclusivo della competizione per club più prestigiosa d'Europa (cosa poi diventata realtà grazie alla rete del definitivo 4-3 firmata da Davide Frattesi e alle mirabolanti parate di Yann Sommer).

Un gol che però, riavvolgendo il nastro dell'incontro di San Siro, aumenta a dismisura i rimpianti di un Barcellona che ha pagato a carissimo prezzo il non voler rinunciare al proprio credo calcistico nemmeno quando a distanza di 150 secondi c'era ad attenderlo una finale di Champions League.

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Già, perché il gol di Acerbi nasce sì dalla voglia di non mollare e dalla forza della disperazione messa in campo dagli uomini di Simone Inzaghi, ma è frutto soprattutto dall'insensato modo di difendere dei ragazzi di Hansi Flick nel momento in cui l'unico obiettivo era resistere per gli ultimi due minuti dei cinque di recupero concessi dall'arbitro Marciniak.

Analizzando i secondi che hanno preceduto la zampata con cui il difensore 37enne ha anticipato Araujo, battuto Szczesny e ridato animo e speranza ai tifosi interisti (alcuni dei quali avevano già lasciato le tribune e proprio in quegli istanti cercavano disperatamente di rientrare all'interno dello stadio), difatti, non si può non notare che, pur di rimanere fedeli al proprio credo calcistico fino alla fine, i blaugrana hanno agevolato, e non poco, l'Inter.

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Nel momento in cui il pallone è finito sui piedi di Yann Sommer – che, con l'eliminazione distante soltanto due minuti, non poteva fare altro che buttare palla lunga nella speranza che da una spizzata, una sponda o una deviazione, nascessero le condizioni per battere a rete e guadagnarsi un'ultima occasione per il pareggio – infatti il Barcellona è andato in riaggressione pressando alto con ben sette uomini (i quattro attaccanti, i due mediani e uno dei terzini) lasciando così sulla propria trequarti difensiva i tre difensori uno-contro-uno con i tre uomini avanzati dell'Inter (Taremi, Thuram e proprio Acerbi).

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Una situazione tattica che inevitabilmente aumenta le chance di chi è costretto ad accelerare le operazioni per portare il pallone dall'altra parte del campo e crearsi un'occasione da rete e non consente nemmeno una minima sbavatura a chi difende.

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Il tentativo d'anticipo non andato a buon fine di Cubarsi su Thuram sul prevedibilissimo lancio lungo di Sommer ha così aperto praterie insperate e del tutto inaspettate sulla corsia destra per Dumfries (non seguito da Raphinha). L'olandese, favorito dalla poca reattività di uno stanchissimo Gerard Martin, le ha percorse per poi mettere al centro il pallone che Acerbi, come fosse un centravanti di mestiere, cioè anticipando sul primo palo il diretto marcatore Araujo (l'unico rimasto a centro area), ha calciato di destro facendolo finire sotto la traversa lasciando immobile un sorpreso Szczesny.

Sul gol che ha mandato in delirio San Siro e gettato le basi per quella che, comunque vada a finire, verrà ricordata come un'impresa epica dell'Inter di Simone Inzaghi, dunque, il Barcellona ha pagato sì le sbavature individuali ma ha soprattutto pagato il non voler rinunciare, nemmeno per 150 secondi e per una finale di Champions League, alla propria filosofia calcistica.

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