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Il ciclo dell’Atalanta di Gasperini è finito e adesso gli restano solo due strade

Per la prima volta dall’arrivo di Gian Piero Gasperini a Bergamo, l’Atalanta sembra essere in difficoltà, anche per colpa dell’usura di alcuni suoi uomini cardine. La nuova proprietà adesso è di fronte a una scelta: scegliere una nuova strada e un nuovo allenatore o ripartire da Gasp dandogli nuova linfa?
A cura di Jvan Sica
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I cicli sono tali perché hanno un inizio e una fine e se oggi in NBA si ragiona se il ciclo più che ventennale di Gregg Popovich ai San Antonio Spurs sia agli sgoccioli (nonostante abbiamo già impostato il ciclo prossimo per un suo eventuale sostituto), allora anche quello dell’Atalanta nella nostra più mesta serie A può considerarsi a una svolta. Per pensare alla fine di un ciclo sono necessari diversi elementi. Il primo riguardo i numeri, le posizioni in classifica e le statistiche. Insomma prima di tutto serve carta e penna per capire a che punto si è.

Gian Piero Gasperini arriva all’Atalanta nel 2015-2016 e fa subito il botto. La squadra viene da un tredicesimo posto in serie A con Edoardo Reja e arriva quarta, qualificandosi per l’Europa League. Siamo tutti innamorati della Spagna e del tiki taka che intanto Guardiola sta trasformando, ma Gasp guarda all’altra avanguardia calcistica, al Borussia Dortmund di Klopp, anche lui al primo anno in una nuova squadra, il Liverpool.

L’anno successivo la Dea sfiora la Coppa Italia, uscendo in semifinale contro la Juventus di Pjanic e Higuain. L’altro botto però si sente in Europa. Prima partita dei bergamaschi in Europa dopo 26 anni di assenza contro l’Everton e vittoria per 3-0. Se l’inizio è stato roboante, il ritorno al Goodison Park inizia a dirci che questa squadra è fatta per palcoscenici stellari: 1-5 alla squadra che ha ancora Rooney tra le sue fila. Si inizia a parlare del sistema puro che Gasperini imposta, ovvero quello delle sfide uno contro uno a centrocampo e in difesa. Se non abbiamo inventato il libero, la nostra storia calcistica si è imperniata intorno a questo ruolo, ovvero su un calciatore capace di non far trovare mai le squadre italiane in inferiorità numerica in fase difensiva.

Lo stesso Sacchi che ha imposto la zona integrale, aveva sempre pronti una serie di meccanismi difensivi che non permettevano soprattutto agli attaccanti avversari di trovarsi uno contro uno rispetto ai difensori. Gasperini invece segue Jurgen Klopp e va all in. Nessuna paura, si gioca uomo contro uomo e le qualità fisiche diventano fondamentali per vincere i duelli intorno a cui si sviluppa l’intero sistema di gioco. Nel 2018-2019 si sale ancora di più di livello. Terzi in serie A e qualificazione in Champions League. Finale di Coppa Italia persa contro la Lazio. L’unica grande delusione è in Europa League con l’uscita ai rigori contro il Copenaghen ad agosto.

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La Champions League 2019-2020 mette sulla mappa mondiale l’Atalanta e il suo allenatore. Prime tre partite, tre sconfitte, con 11 gol subiti. Tutti pensano che sia troppo per la Dea quella competizione ma dal pareggio per 1-1 contro il Manchester City in avanti, inizia un’altra storia. L’Atalanta passa il turno vincendo fuori casa contro lo Shakhtar Donetsk, agli ottavi disintegra letteralmente il Valencia con 8 gol rifilati agli spagnoli e due sensazioni che sono nate in tutti gli ex critici: l’Atalanta è la squadra italiana più europea di tutte; Josip Ilicic, autore di una quaterna al Mestalla, è un candidabile al Pallone d’Oro.

Sono due sensazioni inimmaginabili fino a tre mesi prima. La gara del Mestalla però segna un turning point che in un certo senso ci porta all’oggi. Quella gara si gioca senza pubblico perché anche in Europa, e in particolare proprio a Bergamo, è scoppiata l’epidemia di Covid-19. Il virus cambia tutto, perché Ilicic, il campione che stava portando l’Atalanta dove non era mai stata cade in un buco nero da cui ancora oggi non è uscito, i bergamaschi arrivano incerottati e con dei dubbi ai quarti di finale in gara unica a Lisbona contro il Paris Saint Germain eppure sfiorano le semifinali con il gol del pareggio parigino al 90’.

Mentre tutto questo accadeva, l’Atalanta vendeva calciatori (guadagnando molti soldi) come Gomez, fondamentali per il suo gioco, e acquistava calciatori quasi sempre giovani e sconosciuti ai più, non solo integrandoli nel suo sistema, ma rendendoli in breve tempo molto performanti. Dopo questa carrellata veloce, arriviamo all’oggi. L’Atalanta rischia di non qualificarsi alle competizioni europee, in Coppa Italia è stata eliminata ai quarti dalla Fiorentina, in Europa League ha lottato fino ai quarti, perdendo contro il Lipsia.

I numeri sono per il primo anno in netto calo. Oltre ai numeri, l’altra dimensione a essere nettamente calante è il livello di gioco. L’Atalanta non sembra più essere la squadra tambureggiante degli scorsi anni, anche perché alcuni uomini cardine, eccezionali proprio nel tenere forsennato il ritmo, come Hateboer, Freuler e Marten de Roon sembrano andare fisicamente con una marcia in meno. Gli infortuni hanno inciso molto. Non si regalano Zapata, Ilicic, Toloi, Pessina per buona parte della stagione e i nuovi non hanno reso subito ad alto livello.

Boga è ancora un oggetto misterioso nell’assetto atalantino, Aleksej Mirančuk va a sprazzi molto radi, lo stesso Ruslan Malinovs'kyj è troppo incostante per fare quel ruolo di raccordo fra i reparti che Papu Gomez svolgeva in maniera magistrale. Negli ultimi due anni il mercato ha più tolto che dato all’Atalanta. Altro tassello mancante è la novità. Quando Gasperini ha deciso di seguire Klopp e giocare seguendo innovazioni tattiche molto impattanti nel calcio italiano, era il primo a farlo. Oggi tanti figli di Gasperini fanno quel gioco e conoscono anche come disinnescarlo. Infine c’è l’usura, non solo fisica e mentale di tanti protagonisti dell’avventura, ma anche potremmo dire “relazionale”. Costacurta dice sempre che un allenatore dopo cinque anni puzza. Gasperini è al suo sesto anno, ha spremuto tutto da alcuni calciatori in evidente debito fisico e psichico, non trova sponde differenti grazie a calciatori nuovi, tutti ancora in buona parte da coinvolgere nel progetto.

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In una fase di stanca del genere, le strade sono due. O si cambia, magari scegliendo un allenatore che parta dalla strada di Gasp per intraprenderne una nuova, oppure si rilancia, ma dando sangue fresco a un allenatore che non ha mai mancato nelle capacità organizzative e nelle motivazioni.

Già questo dilemma è di difficile soluzione e per l’Atalanta bisogna aggiungere l’ulteriore punto interrogativo legato al fatto che ha da pochissimo in pratica una nuova proprietà, con l’affiancamento a Percassi di un socio americano, Stephen Pagliuca, un uomo nuovo nell’area in cui l’Atalanta fino a oggi ha fatto bingo, ovvero gli acquisti di giovani stranieri, con l’inserimento di Lee Cogerton come responsabile per lo sviluppo internazionale dell’area sport e si parla insistentemente di un nuovo Direttore sportivo, con i nomi di direttori di tante squadre estere che girano. Scegliere di congedare Gasperini non è affatto facile e l’idea di toccare tatticamente questa squadra è comunque un azzardo.

È anche vero che sia più facile che lo faccia una nuova proprietà. Forse solo chi non ha vissuto tutti questi anni dal di dentro e conoscendo tutto quello che Gasp ci ha messo può indicare la porta a chi negli ultimi anni ha reso onore al calcio italiano in Europa.

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